Istat, la Sicilia costantemente agli ultimi posti negli indicatori Bes 2020

Reddito basso, alta mortalità evitabile, oltre a una presenza record di inoccupati e disoccupati. Tutti problemi dovuti anche a una istruzione di livello mediamente più basso del resto d’Italia. Sono questi alcuni dei parametri in cui la Sicilia è in evidenza, in negativo, all’interno del rapporto sulbenessere equo e sostenibile (Bes), elaborato dall’istituto di statistica Istat sui dati del 2020. Uno studio che offre un quadro integrato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese, attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori suddivisi in 12 domini. Il primo dei dodici domini del rapporto è la Salute. Se nell’anno della pandemia la Sicilia è stata caratterizzata dai casi di Covid con una incidenza meno grave che nelle regioni del Nord, lo studio evidenzia come in testa ai problemi ci sia la cosiddetta mortalità evitabile. Si tratta di patologie che potrebbero essere evitate con controlli e prevenzione effettuate per tempo. Con 18,8 morti ogni 10 mila abitanti la Sicilia ha il peggior dato dopo la Campania, che arriva a 20,8, mentre la media italiana si ferma a 16,8. Nel contempo anche l’aspettativa di vita è leggermente inferiore alla media italiana (82 anni contro 82,3), mentre l’aspettativa di vita in buona salute è di 55,9 anni (58.6 in Italia). Il dato è però, come sottolinea Istat, strettamente collegato al livello di istruzione: nel periodo pre-pandemico, ci sono significative disuguaglianze a sfavore delle persone meno istruite. In Sicilia, che ha il dato peggiore insieme alla Puglia, la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore, nel secondo trimestre 2020, è circa 52 per cento, 10 punti percentuali in meno rispetto alla media italiana e circa 20 punti in meno rispetto alle regioni con i valori più elevati, quali province autonome di Bolzano e Trento, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Umbria, che superano il 70 per cento. Leggi anche –Progetti utili alla collettività (Puc): i Comuni siciliani in partenza Ma a stupire, in negativo, sono i dati sul lavoro. O meglio: sulla mancanza di lavoro. La Sicilia è la regione italiana con più incidenza di Neet, acronimo inglese che indica le persone non impiegate in una attività lavorativa e nemmeno in una educativa o formativa. Nella fascia tra i 15 e i 29.anni si arriva al 39,1 per cento di inattivi nel secondo trimestre 2020. La mancata partecipazione al lavoro nella stessa fascia di età supera il 65 per cento medio, con la provincia di Trapani che tocca il tasso record di di 70 su 100. Dato che scende a 52,1 e Ragusa, che si avvicina alla media italiana di 35,6. Ma l’inattività non è un problema che riguarda solo i giovanissimi: il tasso di mancata partecipazione al mondo del lavoro tra 15 e 74 anni è del 40,1 per cento, anche qui un record italiano (la media nel Bel Paese è 19,2). Peggio, di un decimo punto, fa solo la Calabria nellindicstore di occupazione, ovvero chi tra i 20 e i 64 anni è impiegato in una attività lavorativa: sono 42,9 persone in Calabria, 43 in Sicilia. La media italiana è 62. Male anche il tasso di infortuni mortali e immobilità permanente 13,8 ogni 10 mila lavoratori, contro gli 11,3 della media italiana. Valore record per quanto riguarda invece gli occupati non regolari, 18,7 ogni 100. In Italia (media 12,9), peggio fanno solo la Campania con 19,1, e la Calabria con 22,1 lavoratori non regolari ogni 100. Leggi anche –Istat, due milioni di famiglie in povertà assoluta. “Dato peggiore dal 2005” La Sicilia, complici i dati sul lavoro appena esposti, ha prevedibilmente anche uno dei redditi medi lordi più bassi d’Italia, pari a 13 mila e 827 euro. Anche qui peggio fa solo la Calabria con 13 mila e 160 euro, mentre la media italiana è di 19.124 euro. Dati che si riflettono sull’indicatore di rischio di povertà, calcolato sui redditi 2018, che misura quanti lavoratori non abbiano percepito almeno il 60 per cento del reddito mediano. Anche qui la Sicilia è da record, con un rischio di povertà del 41,4 per cento, peggior dato d’Italia davanti alla Campania che arriva a 41,2. Il dato sarebbe ancora più alto, con reddito medio inferiore dunque, se non intervenisse in qualche modo a falsarlo la disuguaglianza di redditi. Si tratta di un indice basato sul rapporto tra il 20 per cento della popolazione più ricco e il 20 per cento più povero. Per la Sicilia il divario è record, con 8,7 punti. Secondo le medie fornite da Istat, per una platea di un quinto di lavoratori con meno di mille euro al mese, c’è una amplissima fascia di un quinto che guadagna cifre quasi 9 volte superiori.