Rifiuti, a Trapani sono i più cari d’Italia. Messina e Agrigento entrano in top ten

È Trapani la città italiana con la tassa dei rifiuti più alta nel 2020, 490 euro. Sono i dati del report del Servizio lavoro coesione e territorio della Uil dedicato al costo della Tari. Lo studio ha analizzato 105 città italiane, calcolando la tassa sulle utenze domestiche di una famiglia con quattro componenti, un’abitazione di 80 metri quadrati e un reddito Isee di 25 mila euro. Altre due siciliane si piazzano nella top ten. Ad Agrigento, lo scorso anno, la tassa sui rifiuti ha toccato i 470 euro, piazzando la città al quarto posto nazionale. A Messina ha superato i 450 euro, nono posto nazionale. La spazzatura costa meno a Napoli, che si ferma al decimo posto con 442 euro. La media nazionale si attesta a 306 euro. A dispetto del “primato”, a Trapani la tassa è diminuita di oltre il dieci per cento rispetto al 2019. Dato che pone la città al terzo posto nella classifica delle diminuzioni più consistenti, dietro Venezia (meno 11 per cento) e Chieti (meno 13 per cento). Sul versante opposto, segnala lo studio, la Tari è aumentata in 30 città. A Catania e Palermo è rimasta stabile rispetto all’anno precedente, mentre a Messina è cresciuta del tre per cento. Guardando alla crescita media nel periodo 2016-2020, entrano in classifica Catania, con un incremento di quasi il 18 per cento in cinque anni, e Trapani, con una crescita del 17,6 per cento. Nello stesso periodo la Tari è scesa a Enna (meno 12 per cento) e Siracusa (meno nove per cento). Guardando alle città metropolitane, le siciliane entrano tutte in classifica. Nel 2020 il costo più alto della Tari si conferma a Messina (450 euro), sul podio alle spalle di Reggio Calabria (460 euro) e Cagliari (458 euro). Catania è quinta, con un costo di 403 euro, mentre Palermo è alla dodicesima posizione con 281 euro. Per fare una proporzione le “grandi” – Roma, Milano e Torino – si attestano a metà classifica. Nelle rispettive aree metropolitane i costi della Tari sono compresi tra 320 e 340 euro. Guardando al periodo 2016-2020, Catania è la città metropolitana con l’incremento più alto in assoluto, 18 per cento. Messina è al terzo posto (più cinque per cento) e Palermo a metà classifica (più due per cento). A livello nazionale il report del sindacato fotografa un trend in crescita. Nel 2020 le famiglie italiane hanno versato in media 307 euro nelle casse comunali, a fronte dei 304 del 2019 e dei 299 versati nel 2016. In cinque anni, tra il 2016 e il 2020, la Tari è aumentata mediamente di quasi due punti e mezzo. Soltanto nell’ultimo anno l’aumento è stato dello 0,8 per cento. Nelle città in cui è in vigore la Tarip (tariffa puntuale) si è fatto riferimento agli “svuotamenti minimi” e le tariffe sono comprensive dell’IVA al 10 per cento. La Tari, precisa lo studio, è comprensiva del Tefa, tributo provinciale ambientale. In conclusione, secondo la Uil, “si conferma il peso sul bilancio delle famiglie, soprattutto nel Mezzogiorno, di una tassa che spesso non corrisponde ad un servizio efficiente ed efficace”. Le tariffe della Tari dovrebbero assicurare “l’effettiva copertura sia di gestione del servizio che di investimento nelle infrastrutture inerenti al ciclo integrato dei rifiuti, per rendere qualitativamente migliore la vita del cittadino”. Al momento non sembra sia così. Per il futuro le speranze sono rivolte alle risorse europee. “Occorre puntare ad una politica di investimenti nel ciclo integrato dei rifiuti, soprattutto nel Mezzogiorno, utilizzando anche le risorse della Next Generation Ue”.