Stress da lavoro correlato: la gestione a livello italiano e comunitario

Stress da lavoro correlato: la gestione a livello italiano e comunitario

Nel linguaggio comune, con il termine stress si intende la tensione nervosa, il logorio o l’affaticamento psicofisico cagionati da fattori e circostanze esterne che pregiudicano la salute di un soggetto. Questa problematica è sempre stata avvertita dall’uomo che ha provato nel corso dei secoli a comprendere e, successivamente, a disciplinare il fenomeno. In particolare molteplici studi hanno concentrato il loro interesse sul cosiddetto stress da lavoro correlato, vale a dire la situazione di disagio patologico in cui incorre il lavoratore a causa dello stress procurato dalla prestazione lavorativa o dal luogo di lavoro. I dati al riguardo sono interessanti: “Metà dei lavoratori dell’Ue considera che lo stress sia comune sul luogo di lavoro e contribuisce a circa la metà di tutti i giorni di lavoro persi” (fonte: Commissione Ue nel documento del 28/6/2021 “Quadro strategico dell’Ue in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027”). Un problema che, secondo la Commissione, si è recentemente aggravato a causa della crisi economica e del maggiore utilizzo delle Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione e che, la stessa Commissione, invita ad affrontare “aggiornando entro il 2023 gli accordi esistenti a livello intersettoriale e settoriale per affrontare i rischi psicosociali”. Spesso lo stress viene frainteso, stigmatizzato o sottovalutato, mentre se fosse consideratocome un problema aziendale anziché una colpa individuale, verrebbe gestito come qualsiasialtro rischio per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. A stabilire la portata di dovere giuridico della gestione dello stress lavorativo è stata la direttiva quadro 89/391/Cee, ma è stato anche ribadito dagli accordi quadro tra le parti sociali sullo stress lavoro-correlato e sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro. Anche il patto europeo per la salute e il benessere mentale siglato a Bruxelles il 13 giugno 2008 riconosce che “il ritmo e la natura del lavoro si stanno modificando, determinando tensioni a livello di salute mentale e benessere” e che occorre “migliorare la produttività sfruttando il potenziale inutilizzato a causa dello stress e delle malattie mentali” invitando “i responsabili politici, le parti sociali e altri portatori di interesse a prendere misure a sostegno della salute mentale sul luogo di lavoro”. Il legislatore italiano, recependo la normativa comunitaria in materia di salute e sicurezzasul posto di lavoro, con il D. Lgs. n. 81/2008 ha definito la salute del come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. La ratio sottesa alla norma è quella volta a tutelare non solo la malattia propriamente detta, ma anche quella situazione derivante dal malessere cagionato dalla attività lavorativa, quando si materializza in attività svolte in contesti di emergenza e di pressione psicologica particolarmente stressante. Per ridurre al minimo quei fattori di rischio da cui proviene lo stress da lavoro correlato, il D. Lgs. n. 81/2008, d’un canto, disciplina normativamente un sistema finalizzato a comprendere quali siano effettivamente questi fattori e, d’altro canto, individua delle regole volte a migliorare i modelli organizzativi delle imprese. In particolare, il primo comma dell’art. 28 del predetto decreto dispone che: “la valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), […] deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004”. A ciò si aggiunga quanto previsto dal successivo comma I bis del medesimo articolo, ai sensi del quale la valutazione dello stress lavoro-correlato è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma VIII, lettera m-quater. Quest’ultima disposizione normativa obbliga la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, un organo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche, a “elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato” nonché di monitorare “l’applicazione delle suddette indicazioni metodologiche al fine di verificare l’efficacia della metodologia individuata, anche per eventuali integrazioni alla medesima”. Particolarmente interessante è il rapporto tra lo stress lavoro correlato e la professione svolta dagli operatori della sicurezza che prestano il proprio lavoro in situazioni emergenziali e ad elevata criticità. In queste condizioni è infatti indispensabile la capacità di analizzare lucidamente gli scenari in cui operare e l’adozione di protocolli operativi di elevata professionalità. In particolare, bisogna fornire ai lavoratori tutti gli strumenti necessari per comprendere i fenomeni emotivamente traumatici a cui la professione li sottopone al fine di processarli nella maniera più corretta per mantenere il controllo e risolvere l’emergenza. Le criticità emotive rappresentano infatti uno dei fattori di maggiore attenzione per contrastare, acquisendo la capacità di gestirlo, lo stress da lavoro correlato. Spesso gli operatori di polizia, delle forze armate o degli organismi di soccorso, si trovano avivere queste situazioni operative che inevitabilmente portano a vivere situazioni di stressemotivo. Proprio a questi casi, in cui le attività non sono riconducibili a schematismiprestabiliti e ripetitivi, guarda l’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 81/2008 prevedendo checerti organismi si dotino di regolamentazioni tese a consentire l’applicazione dei principidella legislazione generale tenendo conto delle “effettive particolari esigenze di servizio edalle peculiarità organizzative ed operative”. Rientrano sicuramente in quest’ambito leattività prestate in condizioni di emergenza, di pericolo per la propria ed altrui incolumità,gli interventi con persone in stato di alterazione psicofisica per patologie o per fattioccasionali, la guida di veicoli con dispositivi di emergenza; l’uso di armi da fuoco; la vistadi scene choccanti; l’agire in presenza di folle in tumulto; la comunicazione di lutti.In tutti questi casi è fondamentale una corretta gestione delle criticità articolando deipercorsi formativi che permettano innanzitutto di conoscere la situazione che potrà portarealla perdita di controllo emotivo e poi a gestirne la fase di uscita o di superamento. Per approfondire: https://health.ec.europa.eu/system/files/2016-11/mhpact_it_0.pdf https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52021DC0323&qid=1626089672913#PP1Contents https://osha.europa.eu/it/legislation/directives/the-osh-framework-directive/the-osh-framework-directive-introduction