Autonomia e nuove politiche contro il virus dell’economia

La grave recessione
economica prodotta dall’emergenza sanitaria in atto impone efficaci interventi
da parte della Regione, ma le relazioni della Corte dei conti sul rendiconto
regionale e sul documento di economia e finanza certificano il tramonto del
modello di intervento in economia sinora seguito dalla Sicilia: distribuzione a
pioggia di risorse e moltiplicazione degli enti e delle strutture pubbliche (società
partecipate e controllate, istituti di varia natura, agenzie, consorzi, gal,
distretti) che avrebbero dovuto sostenere le imprese e favorirne
l’internazionalizzazione, incrementare l’occupazione, attrarre investimenti e
nuove attività produttive. Il fallimento di questo modello di politiche non è mai stato affrontato seriamente, ed ai risultati deludenti prodotti dalla miriade di soggetti pubblici istituiti nel corso degli anni si è costantemente fatto fronte attraverso la creazione di nuove strutture che avrebbero dovuto sostituire quelle precedenti rivelandosi più efficienti e producendo effetti benefici in termini di sviluppo ed efficienza delle prestazioni pubbliche. Ma la liquidazione dei soggetti soppressi si è protratta per anni, e talvolta decenni, e così la sostituzione si è di fatto trasformata in una moltiplicazione dei soggetti pubblici, che ha determinato la dilatazione incontrollata del perimetro regionale, la stratificazione e la frammentazione delle politiche pubbliche, spesso incoerenti e contrastanti perché concepite da una vasta gamma di centri decisionali in assenza di forme effettive ed efficaci di coordinamento. Questo modello di politiche pubbliche non ha prodotto sviluppo, ma ha creato una burocrazia elefantiaca e molto costosa, che assorbe una quota consistente di risorse pubbliche sottraendole alle prestazioni sociali, al finanziamento degli enti locali e delle infrastrutture, all’investimento produttivo. Circa la metà delle risorse del bilancio regionale risulta, infatti, destinata alla struttura burocratica, al personale pubblico e ai soggetti controllati e il finanziamento delle iniziative dirette allo sviluppo dell’economia regionale risulta sostanzialmente affidato ai fondi europei, che però a causa della moltiplicazione dei soggetti pubblici si disperdono in mille rivoli e non producono gli effetti sperati. Gli innumerevoli soggetti che a vario titolo gravitano nell’orbita pubblica, infatti, costituiscono centri decisionali e centri di programmazione, che partoriscono programmi, piani, interventi, misure spesso incoerenti, e talvolta contrastanti, e percepiscono le risorse europee disperdendole in mille rivoli. La crisi della finanza
pubblica e l’esigenza di razionalizzare e rendere efficiente l’uso delle
risorse prelevate dalla collettività hanno reso insostenibile questa
situazione, e da diversi anni ormai anni la legislazione nazionale impone la
soppressione o razionalizzazione delle società partecipate e dei soggetti che a
vario titolo partecipano alle politiche pubbliche, e la Corte dei conti
sollecita un cambio di rotta nelle politiche regionali. Tutti questi fattori contribuiscono a delineare un nuovo modello di politiche pubbliche nell’ambito del quale la Regione promuove lo sviluppo attraverso la qualità della legislazione la riduzione dei vincoli e degli oneri burocratici, la distribuzione razionale di risorse, l’efficienza dei servizi e delle prestazioni pubbliche. La Sicilia sinora si è parzialmente adeguata, con una certa refrattarietà, avviando di recente la razionalizzazione delle società partecipate ed imponendo loro le regole di buona gestione, ma non ha ancora abdicato al modello di sviluppo fondato sull’intervento diretto in economia, né avviato la sua sostituzione con quello fondato sulla regolazione efficiente dell’esercizio dei poteri pubblici e del mercato. Eppure
il Rapporto Doing Business della Banca mondiale e gli studi più accreditati
evidenziano che l’efficienza amministrativa costituisce un fattore di
attrazione degli investimenti superiore ai bassi livelli di tassazione che può
produrre un impatto sul prodotto interno lordo superiore, nel lungo periodo,
all’uno per cento. L’ampia competenza legislativa ed amministrativa di cui dispone la Regione le consentirebbe di rendere efficiente l’erogazione di servizi e prestazioni pubbliche e la gestione dei fondi strutturali europei, razionalizzare la disciplina dei contratti pubblici, accelerare i termini delle autorizzazioni e concessioni pubbliche e i tempi per la realizzazione di iniziative produttive, garantire il rispetto dei termini procedimentali, la semplificazione delle regole, la riduzione degli oneri burocratici, la razionalizzazione degli adempimenti e dei controlli e l’eliminazione di quelli superflui o controproducenti. Ciò renderebbe molto più efficiente e competitivo il sistema produttivo territoriale sbloccando diverse migliaia di procedimenti concernenti l’insediamento di attività produttive e di istanze di gestione del patrimonio regionale, che attualmente si dilatano ben oltre i termini prescritti, con record di quattro, cinque e persino dieci anni, rendendo più efficiente la gestione dei fondi strutturali europei, accelerando il pagamento dei debiti verso le imprese.