Dl Mezzogiorno, la Camera approva. Decisioni “centralizzate” su Zes e Fsc

DallaZes unica per il Sudalle nuove modalità diripartizione del Fondo di sviluppo e coesione, passando per un’unica cabina di regia per le aree interne. Questi alcuni dei contenuti del “decreto Mezzogiorno” che ha oggi ottenuto l’approvazione per la conversione in legge da parte della Camera dei Deputati. La normaè stata approvata questa mattina e inviata al Senato. Un risultato scontato dopo la votazione dei giorni scorsi nella quale il governo aveva posto, ottenendola, lafiduciasul testo senza emendamenti, che conserva così l’impianto di base proposto loscorso 19 settembre(decreto legge numero 124). Un impianto che prevede una sostanziale “regia” centralizzata su quasi ogni aspetto. Tra le modifiche approvate sul quadro delle risorse europee deiFondi di sviluppo e coesione (Fsc), va segnalato uncambio di linea strategica sulla ripartizione. La norma appena approvata dalla Camera stabilisce l’impiego “per iniziative e misure afferenti alle politiche di coesione come definite dal Ministro per gli affari europei, il Sud, la coesione e il PNRR, nonché per l’attuazione degli Accordi per la coesione”, modificando l’impianto precedente (legge di Bilancio 2021), cheera meno rigido, con impieghi “anche incoerenza con gli obiettivi e le strategiedefiniti per il periodo di programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e di investimento europei”. All’interno della norma sono inoltre ridefiniti ance i criteri di assegnazione degli Fsc. Ferma restando la ripartizione (80 per cento al Sud, 20 per cento al resto del Paese), si passa da un quadro che passa dalle deliberazioni del Cipe in coerenza con il “piano Sud 2030” a deliberazioni delCipessma su proposta del Ministro per gli affari europei sentita la Cabina di Regia del Fsc, che possono essere effettuate solo su rispetto di parametri “programmatici”. Obiettivi che da oggi verranno definiti con gli “Accordi per la coesione con le Amministrazioni centrali” e non più con i precedenti “Piani di sviluppo e coesione” gestiti da Regioni e amministrazioni locali. DalleZone economiche speciali(Zes) delimitate territorialmente in alcune aree individuate con il decreto legge 91 del 2017 (8 in totale, di cue 2 in Sicilia), si passa a un’unica Zes nazionale. La misura,molto contestata da sindacati come Cgil, prevede quindi nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna“speciali condizioni”, comesemplificazioni burocratiche e agevolazioni fiscali, per le imprese che decidono di investire nei territori. Scegliendo di includere tutti i territori si elimina quindi la definizione di “zone”, restando però unasuperficie massima di intervento pari al 1,6 per cento del territorio regionale. L’intervento sulle aree sarà quindi possibile ovunque – posti i limiti massimi -, e a capo ci sarà unCommissario unico governativo. Sul tema dello sviluppo vi è inoltre l’istituzione di unaCabina di regia nazionale per le aree interne, ovvero quelle distanti dai grandi centri e prive di alcuni servizi, presso la presidenza del Consiglio. Questa avrà il compito di approvare il Piano strategico nazionale per le aree interne (Psnai), che stabilirà in coerenza non solo chi dovrà fregiarsi del titolo di “area interna” anche grazie a un comitato tecnico, ma anche ripartizione di risorse e monitoraggio di tutte le fasi attuative.