L’aeroporto di Catania è effettivamente degno di diventare lo scalo strategico per tutta la Sicilia o questo ruolo spetta a Palermo? A sollevare il dubbio è stata la Legea-Cisal Sicilia, sindacato dei lavoratori aeroportuali – che ha contestato fermamente la scelta di Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) di indicare, nel Piano nazionale degli aeroporti, Catania come “hub del Mediterraneo” tra tutti gli scali del Sud Italia. Tuttavia l’espressione stessa “hub del Mediterraneo”, di cui parlarono i media nei primi giorni di settembre, non figura nella versione di ottobre 2022 del Piano di Enac, dove si legge comunque che Catania ha rilevanza internazionale e “in particolare presenta potenzialità di sviluppo rispetto ai traffici del Mediterraneo”. Potenzialità che per la Cisal non sarebbero sufficienti. Il segretario provinciale confederale di Palermo del sindacato, Gianluca Colombino, insieme al segretario regionale Legea Cisal, indirizzano una nota al Comune capoluogo di regione in cui scrivono che “le infrastrutture dell’aeroporto di Palermo risultano inconfutabilmente più idonee e complete ad ospitare vettori ed aeromobili in transito di grandi dimensioni, quali quelle che un hub del Mediterraneo richiederebbe”. I sindacalisti ricordano che a Punta Raisi “ci sono due piste di 3.326 e 2.068 metri, quattro direzioni di atterraggio più 37 piazzole di sosta, a fronte di Catania che ha una sola pista di 2.436 metri e due sole direzioni di atterraggio”.
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I dati sulla crescita di Catania e Palermo
Il sindacato pone l’accento anche sulla situazione geografica dell’aeroporto etneo e la sua vicinanza con l’Etna, che “nel tempo – scrivono – ha ormai abituato i passeggeri ed i vettori a continue interruzioni a causa della polvere lavica”, incompatibili con la continuità operativa richiesta a un hub. Il Comune di Palermo risponde all’organizzazione sindacale con un’email del sindaco che dichiara di “aver già interessato nel merito il presidente Enac” e di voler “sottoporre la questione al governo regionale”. Sì, perché la scelta spetta al ministero delle Infrastrutture che dovrà approvare il riassetto degli aeroporti proposto da Enac. La politica potrà fare le sue pressioni, ma conteranno i dati. E i dati sono questi: lo scalo etneo ha chiuso il mese di agosto con un incremento dell’1,8 per cento rispetto allo stesso mese del 2019, anno di riferimento di normale operatività pre-covid, (1.141.419 passeggeri), ha toccato 10,2 milioni di passeggeri annui nel 2019, è al momento il quarto scalo italiano con 6.113.330 passeggeri nel 2021, dopo Fiumicino, Malpensa e Orio al Serio ed è il primo in Italia per traffico nazionale con 4,6 milioni di passeggeri nel 2021. Nel confronto con tutto il 2019, il periodo gennaio-agosto 2022 vede una crescita evidente dello scalo palermitano e una perdita da parte della struttura etnea, ma in valore assoluto i volumi iniziali di passeggeri sono diversi, come riporta l’ultimo report di Assaeroporti.

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Le prospettive di sviluppo
Nel piano Enac, gli scali di Bergamo, Napoli, Catania, Bologna, sono classificati per connettività di rilevanza internazionale. “Catania, in particolare – si legge – presenta potenzialità di sviluppo rispetto ai traffici del Mediterraneo e potrebbe avere – nel medio periodo – un upgrade funzionale, a condizione che si sviluppi la relativa rete territoriale e che si realizzino gli idonei adeguamenti infrastrutturali”. A cominciare dalla nuova pista, prevista dal masterplan da 600 milioni di euro di Sac (società che gestisce lo scalo etneo), che prevede uno sviluppo che porterà a 14 milioni di passeggeri annui nel 2030. Tra 13 e 16 milioni di passeggeri le previsioni del piano Enac per Catania, tra 8 e 10 milioni per Palermo. La Rete siciliana orientale, composta dal tandem di scali di Catania e Comiso, “continua a confermare un trend di decisa crescita della domanda potenziale del mercato – evidenzia Enac – giustificato dalla posizione geografica al centro del Mediterraneo e dai buoni tassi di connettività”. Nella proposta di riordino degli aeroporti si precisa ancora una volta, però, che “anche a fronte di un’ottimizzazione della capacità attuale, le dotazioni dello scalo catanese e il contributo dello scalo di Comiso non permettono di intercettare la domanda di traffico al 2035; ne deriva che si renderà necessario pianificare uno sviluppo sostenibile e di qualità delle infrastrutture dello scalo di Catania Fontanarossa”.

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Sud-est: un ragionamento di area vasta
“Negli ultimi 20 anni, almeno – ricorda Salvo Bonaventura, segretario generale Uil trasporti per Catania, Siracusa, Ragusa e Gela – è stato sviluppato un ragionamento di area vasta che riguarda tutto il Sud-est della Sicilia, un territorio vivace e strategico, a differenza di altre zone dell’Isola. In questa logica si inseriscono le infrastrutture intermodali, i porti, la zona industriale, la Zes e anche gli aeroporti di Catania con Comiso, riuniti sotto un’unica governance, capaci di lavorare insieme e fare sistema per competere sul mercato”. Per il sindacalista, l’hub del Mediterraneo “si inquadra in una prospettiva e una visione futuristica: mettere insieme tutte le istituzioni locali, creare condizioni favorevoli per le imprese che si insediano qui e quindi per l’occupazione, cogliere le opportunità del turismo, portare la ferrovia e prossimamente la metropolitana fino allo scalo. Tutti elementi di un lavoro a monte, che dura da anni e che scaturisce da fattori oggettivi, non certo da un fatto di simpatia territoriale”.
Sono d’accordissimo con l’affermazione di Enac per l’aereoporto di Catania che è l’hub più rilevante a livello oltre che nazionale anche internazionale, anche perchè assorbe insieme a Comiso un traffico notevole da tutte le province orientali della Sicilia sia per traffico passeggeri che merci.
Palermo è un hub funzionale e di prestigio ma interessa una zona delle province occidentali decisamente meno interessanti dal punto di vista passeggeri e merci.