Vendereste il vostro tempo in cambio di denaro? Dareste via la pelle tonica e gli occhi smaliziati, li barattereste in cambio di soldi per ricominciare una nuova vita con cinque, dieci, quindici anni in più ma il conto corrente finalmente pieno? Da questa (geniale) provocazione trae spunto Paradise, il film più visto in Italia sulla piattaforma streaming Netflix che racconta l’ageismo e chiama in causa il nuovo filtro su TikTok, usato anche dalla super influencer Kylie Jenner. Distopico, Paradise è un bel thriller fantascientifico made in Germany che racconta della AEON: una multinazionale farmaceutica che tramite procacciatori di tempo, contatta i poveri, gli immigrati e i bisognosi di liquidità e dopo un semplice test di compatibilità del dna, trova dei possibili facoltosi acquirenti disposti ad appropriarsi della giovinezza, pronti a comprare il tempo in cambio di contanti.
Ageismo e disuguaglianza sociale
Paradise racconta la diseguaglianza sociale in modo brutale. Se il 10 per cento più ricco della popolazione potesse comprare il tempo per vivere più a lungo, forse per vivere per sempre, quanto varrebbe la vita di tutti gli altri? Paradise estremizza la nostra società in cui – già oggi – gioventù e bellezza sono un biglietto da visita fondamentale per non passare inosservati mentre la vecchiaia e il semplice trascorrere del tempo scatenano un divario estetico e spingono verso l’ageismo. Questo termine coniato nel 1969 indica proprio una discriminazione basata sull’età, un fattore di odio vietato dall’articolo terzo della nostra Costituzione e in forma ancor più esplicita, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che vieta espressamente qualsiasi forma di “discriminazione basata sull’età”.
“Molte famiglie perderanno i loro cari”
Un esempio di ageismo? Quando Boris Johnson pronunciò quella frase choc – “molte famiglie perderanno i loro cari” – un fatalismo che dava per scontato che la morte di soggetti fragili e anziani fosse un male necessario per salvaguardare il “gregge”. E non accade solo oltre la Manica: secondo uno studio del Censis del 2020, il 43,9 per cento dei Millennials – ossia i nati tra il 1980 e il 1996 – ritiene giusto “dare priorità ai giovani nelle situazioni di emergenza” mentre il 35 per cento reputa che la quota di spesa pubblica dedicata alla terza età sia “troppo ampia”. Ma una volta tanto i social provano ad aprire un dialogo. Ricordate le polemiche sul filtro Bold Glamour che ci fa sembrare dei bambolotti senza rughe, creando anche disagi sulla percezione reale del corpo? Adesso arriva il filtro Aged e con effetti ultra-realistici ci spinge a ricordare che il botox e i ritocchini estetici non basteranno: noi non saremo giovani per sempre. E dobbiamo prenderne atto.
Ageismo e filtri social
Su TikTok ci sono già 10 milioni di video con l’hashtag #LookMyAge e per prima l’ha fatto l’influencer da 54 milioni di follower, Kylie Jenner. E così, fra chi posta con coraggio e chi scoppia a piangere, prendiamo atto che oggi, nel 2023, la paura di invecchiare è più forte che mai e si chiama gerascofobia. Ovviamente si tratta anche di smontare il mito tossico della bellezza, il patriarcato e la sessualizzazione della donna in tv che condanna ad un’insicurezza infinita con un moltiplicarsi di escamotage di trucco, parrucco e bisturi, inseguendo lo stereotipo che dovrebbe piacere al maschio per nascondere qualsiasi segno del tempo. Intanto, in sala Barbie sta facendo sold-out e messi da pink-look e sorrisi da favola, dovremmo ripartire dallo slogan della community Instagram #GlowWithRainbow: Le donne non scadono a 30 anni. E noi aggiungiamo: nemmeno gli uomini.