“Dobbiamo passare dalle parole ai fatti. Solo allora si vedrà se l’inserimento dell’ambiente nella Costituzione avrà risvolti concreti oppure no”. Franco Andaloro, ecologo della Fondazione Tusa, già presidente regionale del WWF, parla a FocuSicilia della modifica che ha introdotto la tutela dell’ecosistema nella Carta fondamentale della Repubblica italiana. Gli ambientalisti e gli ecologi non possono non essere a favore, spiega, “ma occorre che le modifiche, per quanto nobili, non rimangano solo enunciati”. Per Andaloro, infatti, le risorse investite nella protezione dell’ambiente “sono ancora insufficienti”, mentre per quanto riguarda il PNRR preoccupa che i fondi assegnati al ministero della Transizione ecologica – che superano i 34 miliardi – siano “solo marginalmente destinati ad azioni dirette sulla tutela della biodiversità” . Secondo l’ultimo monitoraggio effettuato, nel 2021 il dicastero guidato da Roberto Cingolani ha raggiunto sette “milestones e target” che consentiranno di mettere a bando progetti per quasi 17 miliardi.” Bisogna verificare quante di queste risorse saranno allineate alle modifiche costituzionali, e come incideranno nel concreto sulla tutela degli ecosistemi e della biodiversità”, dice l’ecologo.
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Limiti per le imprese?
Come spiegato nei giorni scorsi da questo giornale, le modifiche riguardano due articoli del Titolo primo della Costituzione, dedicato ai principi fondamentali. All’articolo 9 viene introdotto un nuovo comma per il quale la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. La legge dello Stato, prosegue il comma, “disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. A interessare gli industriali e le altre categorie produttive è la modifica dell’articolo 41, che introduce nuovi “paletti” alla libertà di impresa. In particolare il secondo comma afferma che l’iniziativa economica pubblica e privata non possa svolgersi in danno “alla salute e all’ambiente” oltre che “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, come previsto dall’originaria formulazione. Al terzo comma, inoltre, è previsto che la legge indirizzi e coordini l’attività economica “a fini ambientali” e non soltanto “sociali” come previsto originariamente.

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Dalle parole ai fatti
Riguardo la riforma, la posizione del mondo ambientalista è di vigile attesa. “L’inserimento dell’ecosistema in Costituzione è certamente un fatto positivo, che nobilita ulteriormente la battaglia per l’ambiente, affermando senza se e senza ma che il capitale ambientale va difeso e protetto”, chiarisce Andaloro. Dal punto di vista pratico, invece, “il tema era stato posto da tempo dalle Nazioni unite, attraverso il famoso New Green Deal, e recepito dall’Unione europea e dalle singole nazioni, compresa l’Italia”. Il nostro Paese, ricorda l’ecologo, ha sposato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu, che contiene obiettivi precisi da raggiungere entro il prossimo decennio, tra i quali la tutela ambientale. “Si tratta di concetti già presenti nell’enciclica Laudato sì di Papa Francesco, pubblicata nel lontano 2015, con cui la Chiesa ha di fatto anticipato l’azione della politica”, osserva l’ecologo. Quest’ultima, infatti, fatica a cambiare passo sul tema ambientale. “Il 2021 è stato l’anno della transizione ecologica, ma a parte la retorica siamo ancora molto lontani dall’obiettivo”.
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Le risorse del Pnrr
Come detto, le risorse inserite nel Pnrr dedicate alla Transizione ecologica sfiorano i 35 miliardi. Alcune voci di spesa, precisano inoltre dal ministero, sono condivise con altre “missioni” del Piano di ripresa, essendo la transizione un tema trasversale che abbraccia vari settori. I bandi per liberare le risorse sbloccate nel 2021 sono in preparazione, e secondo la tabella di marcia del ministro Cingolani altri due miliardi e mezzo dovrebbero essere liberati entro i primi sei mesi del 2022. Numeri significativi, che per Andaloro non bastano. “L’ecosistema in assoluto, e quello marino in particolare, ci appare trascurato dal Pnrr”. Anche la legislazione ordinaria, secondo l’esperto, è deficitaria. “Molto spesso le norme di tutela ambientale si fermano all’enunciato politico e legislativo, ma non diventano atti concreti e reali”. Soprattutto in Sicilia, dove il patrimonio naturale “è inestimabile”, ma le azioni di tutela “non riescono spesso ad avere effetti concreti”.

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La resilienza non basta
“La nostra è una terra meravigliosa, con una capacità di resilienza formidabile, che però non basta di fronte agli eventi devastanti che si ripetono negli ultimi anni”. Andaloro ricorda gli incendi “che hanno bruciato enormi superfici”, ma anche il dissesto idrogeologico “che è un tema drammatico, anche per la sicurezza degli abitanti delle aree colpite”. E ancora, l’isola deve fare i conti “con l’occupazione massiccia del suolo, l’enorme quantità di rifiuti da smaltire, siti di interesse nazionale inquinati come Milazzo, Gela, Priolo, Biancavilla”. Gli sforzi compiuti nelle aree naturali, dice ancora l’ecologo, “non sono stati tradotti in bonifiche concrete, basti pensare ai suidi che devastano i Parchi dell’Isola”. Le questioni ambientali, insomma, non mancano. Con una precisazione: “La tutela della biodiversità non è un vezzo degli ambientalisti, ma oggi è l’unico modo per perseguire uno sviluppo sostenibile, garantendo l’economia, la salute e il benessere dei cittadini”. Da questo punto di vista, conclude Andaloro, la modifica della Carta fondamentale “rafforza da un lato la tutela dell’ambiente, dall’altro la Costituzione stessa, che con questo passaggio si conferma tra le più belle e attuali del mondo”.