Atterri a Catania e la prima cosa che guardi è l’Etna. Tappa irrinunciabile per ogni turista, il vulcano spegne oggi dieci candeline dal giorno in cui venne inserito, nella sua parte sommitale, tra i siti Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità. Il riconoscimento del 2013 fu una leva importantissima che fece impennare in tre anni fino al 150 per cento le presenze turistiche (il picco riguarda la stazione di Linguaglossa ed emerge dal report Overall Tourist Analysis del Parco dell’Etna). Anche oggi l’Etna è protagonista indiscusso in provincia di Catania come attrattore di arrivi e presenze, cresciuti rispettivamente del 58,8 e del 61,8 per cento tra il 2021 e il 2022, secondo i dati dell’Osservatorio turistico regionale. Il trend dei flussi turistici continua a salire e quest’anno dovrebbe essere quello del boom. Tuttavia, pur essendo una meta appetibile e dal grande valore mediatico, l’Etna ha un “marchio di qualità ambientale” da poco istituito dall’ente Parco, ma non ha ancora una politica di marketing territoriale con un brand univoco e un’offerta turistica coordinata. Del resto, chi dovrebbe occuparsene? La gestione è frammentata tra le competenze del Parco dell’Etna e quelle degli enti che operano nel territorio intorno al vulcano, a cominciare da Città metropolitana e Comuni.
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Serve il marketing per comunicare l’Etna al mondo
Quella del marketing territoriale è una necessità evidenziata a FocuSicilia da Benedetto Puglisi, direttore del Master Them in Tourism hospitality & event management di BeAcademy: “Una risorsa turistica per diventare attrazione dev’essere comunicata, fatta conoscere al resto del mondo. Quando ciò non avviene, resta un’attrazione turistica potenziale. Oggi l’Etna non è un’attrazione turistica, visto che il suo potenziale lo deve ancora fare emergere“, ha spiegato il docente. Oggi, senza un “destination brand”, un marchio identificativo intorno a cui far ruotare la politica di marketing territoriale, a cercare su Google la parola ‘Etna’, si trovano le immancabili info di Wikipedia, il sito istituzionale del Parco, l’Ingv e poi una miriade di attività piccole e grandi che in qualche modo usano il termine Etna. Nulla, però, che accompagni in modo facile e naturale un potenziale visitatore verso informazioni turistiche o indirizzi un potenziale investitore verso dati economici. Una grave lacuna per una delle risorse più importanti della Sicilia.
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C’è un marchio, serve una governance unica
Carlo Caputo, da poco rieletto sindaco di Belpasso, ha presieduto il Parco dell’Etna per due anni, fino allo scorso gennaio. Durante il suo mandato, ha lavorato per istituire il “marchio collettivo di qualità ambientale del Parco”, che consente di identificare e qualificare i beni e servizi rispettosi dell’ambiente realizzati nell’area protetta. “Lo abbiamo votato, abbiamo fatto il disciplinare e tutto quello che occorreva – ricorda oggi Caputo – ma adesso bisogna portarlo avanti, attivando la promozione, dicendo alle aziende che possono fare l’istruttoria, altrimenti resta un marchio potenziale, deliberato ma chiuso nei cassetti”. Potrebbe essere uno degli ingredienti, già pronto, da usare nel mix delle politiche di marketing territoriale e turistico, ma serve chi se ne occupi. E l’ente Parco non basta. Caputo infatti aveva anche richiamato la necessità di una governance unica del territorio, con “un unico ente che si occupi di conservazione, tutela, sviluppo turistico, gestione e sorveglianza”, quindi che provveda alle infrastrutture necessarie e faccia dialogare vari soggetti pubblici e privati “anche per la valorizzazione turistica, perché no”.
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Caputo: “Parco monco, il territorio reclama di più”
“Il Parco è un ente in cui scarseggiano le risorse umane ed è monco di competenze che invece andrebbero assegnate – ricorda oggi Caputo – e oggi rilascia solo autorizzazioni. Come esiste la Sovrintendenza ai beni culturali, ecco, il Parco è una sorta di Sovrintendenza ai beni naturali. Non ha personale e risorse per svolgere altre funzioni che il territorio richiede, quali promozione e costruzione di processi virtuosi, vigilanza e pianificazione. il territorio reclama di più”. Anche per il presidente dell’Unione nazionale delle Pro Loco d’Italia (Unpli), Antonino La Spina, bisognerebbe “fare sistema, individuando anche i rapporti con tutti gli operatori turistici e le agenzie di viaggio” e seguire l’esempio di altre realtà, come il Parco nazionale d’Abruzzo, “che hanno sviluppato politiche attive di tipo economico e creato strutture direttamente collegate con il marchio. L’Etna non può essere solo una passeggiata di mezza giornata ai crateri Silvestri o a Piano Provenzana, o a una gita in jeep ai crateri sommitali. Si perde la possibilità di visitare ambienti unici nel contesto europeo, che abbiamo solo noi in tutto il bacino del Mediterraneo”.