Autonomia differenziata. Viesti: “Spaccherebbe il Paese”

Più soldi, più poteri. Queste le motivazioni "eversive" dietro la proposta di regionalismo differenziato secondo il professore di Economia applicata dell'Università di Bari, ieri a Catania

“Per non togliere gli asili a Reggio Emilia si finisce per non costruirne neanche uno a Reggio Calabria”. Si racchiude in poche parole, quelle di Gianfranco Viesti, professore ordinario di Economia applicata all’università degli studi di Bari, il senso dell’incontro nell’aula magna del rettorato di Catania, per discutere dei rischi e delle opportunità dell’autonomia regionale differenziata. Ovvero la possibilità, prevista dall’articolo 116 della Costituzione, di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario. Ergo: più soldi, più poteri. Motivazioni “eversive rispetto al dettato costituzionale”, per il docente che nel curriculum vanta collaborazioni con Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), Banca Mondiale e Unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale), sono “due facce della stessa medaglia”.

Chi vuole l’autonomia differenziata

Nota alle cronache come regionalismo differenziato, l’autonomia è stata uno dei cavalli di battaglia di Luca Zaia, governatore della Regione Veneto – attualmente in ginocchio a seguito dell’alluvione che ha coinvolto i cittadini veneziani – la cui proposta ha portato all’accordo, siglato a Palazzo Chigi, sotto l’egida del governo gialloverde a trazione leghista il 28 febbraio dello scorso anno, alla presenza del sottosegretario agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa (Pd), e i governatori di Emilia Romagna, Stefano Bonaccini (Pd) e della Lombardia, Roberto Maroni (Lega). La proposta, voluta da destra e sinistra, si è bloccata in Consiglio dei ministri, e per le bozze di accordo con le tre regioni capofila delle autonomie differenziate non c’è stata nessuna firma definitiva.

Serie A e serie B

Un progetto che “rappresenta un colpo di mano che ha un genitore ma nessuno che gli si contrappone – sostiene Viesti – perché le opposizioni sono divise”. Ma quali sarebbero gli effetti, semmai approdasse in Parlamento, del possibile trasferimento di molte competenze concorrenti alla competenza esclusiva delle Regioni richiedenti? “Spaccare il paese – rincara la dose il docente pugliese – per creare una serie A e una serie B”. Seduti, accanto a lui, ci sono il rettore dell’università degli studi di Catania, Francesco Priolo, e i docenti Maurizio Avola, Teresa Consoli e Carlo Pennisi del dipartimento di Scienze politiche e sociali. Assente, sebbene avesse dato la sua disponibilità, il vicepresidente della Regione Siciliana, Gaetano Armao. A prendere il suo posto è stato il responsabile del servizio statistica della Regione Siciliana, Giuseppe Nobili. Tra le materie, il cui possibile trasferimento agli enti regionali firmatari fa storcere il naso ai protagonisti dell’incontro, ci sono l’istruzione e la ricerca scientifica. “Sul fronte universitario – ammette Priolo – sussiste un divario forte tra Nord e Sud e, negli ultimi dieci anni, la Sicilia ne ha particolarmente sofferto”. Divario, questo, confermato anche dal responsabile regionale del servizio statistica, ma che “si riduce nel tempo”, precisa Nobile. “Nell’ultimo triennio – continua – la Sicilia si piazza al 18esimo posto per il miglior rapporto tra entrate e spese”. Oltre 9 miliardi di entrate per 11 miliardi di spese. Fatto questo che qualifica la Sicilia un fruitore di risorse piuttosto che un fornitore.

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Un credito infondato

Per Viesti il Mezzogiorno e il Sud sarebbero coinvolti solo indirettamente da una possibile autonomia differenziata. “A subirne le conseguenze sarebbero gli italiani meno abbienti”, precisa. Ma a preoccupare gli accademici c’è il potenziale divario di diritti tra i cittadini delle regioni ‘autonomamente differenziate’ e quelli delle altre: dalla scuola (in cui assunzione del personale, contratti e programmi scolastici sarebbero gestiti autonomamente dalla Regione senza il controllo dello Stato) al prelievo fiscale. “La scuola in Germania – sottolinea il professore – è competenza dei Lander (le regioni tedesche) ma lì vige il rispetto delle regole”. Sotto il profilo fiscale invece “Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – aggiunge Viesti – vogliono gestire queste competenze ma con molte più risorse rispetto a quanto fatto dallo Stato, perché ritengono di essere in credito con l’intero sistema paese a seguito di una maggiore contribuzione al gettito fiscale”. E questo graverebbe sulle casse dello Stato, delle Regioni a statuto speciale e ordinario e indirettamente, sui cittadini.

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