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È catanese il primo brevetto per “catturare” le microplastiche

Un team dell'università di Catania diretto da Margherita Ferrante ha scoperto un sistema per intercettare i frammenti inferiori ai dieci micron. Ecco come funziona e perché è importante

Quando la plastica si disperde nell’ambiente inizia a degradarsi, rilasciando minuscoli frammenti nella terra, nell’acqua e nell’aria. Le microplastiche vengono così ingerite dall’uomo e dagli animali senza che se ne rendano conto. Un pulviscolo invisibile, capace di sfuggire a ogni ricerca. Fino a oggi: il Laboratorio di igiene ambientale e degli alimenti (Liaa) dell’Università di Catania ha brevettato uno strumento che consente di determinare e quantificare le microplastiche inferiori ai dieci micrometri.

Come funziona

La scoperta, come spiega la Margherita Ferrante, diretttrice del Liaa e responsabile della ricerca insieme a Gea Oliveri Conti e Pietro Zuccarello, è frutto di un lavoro iniziato circa un anno fa. Mettendo in pratica i metodi già presenti nella letteratura scientifica su riviste internazionali, i ricercatori hanno riscontrata lo stesso limite: il processo di filtrazione non permetteva di quantificare le particelle plastiche inferiori ai dieci micrometri (cioè più piccole di un centesimo di millimetro). “La nostra invenzione – spiega Ferrante – si differenzia da tutti i metodi utilizzati perché riusciamo a catturare le particelle che si trovano al di sotto dei dieci micron, grazie alle fasi di trattamento che sostituiscono la filtrazione. Consentono di rimuovere qualsiasi matrice organica e di trattenere tutte le nano e micro plastiche all’interno del campione”. Il brevetto è stato accettato a livello nazionale e a breve arriverà anche il riconoscimento a livello internazionale.

Perché il brevetto è importante

Lo scorso agosto l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato il rapporto “Microplastics in Drinking Water”. Pur non avendo ottenuto prove di un impatto diretto sulla salute, l’Oms ha lanciando un appello in cui chiedeva un’ulteriore valutazione della presenza di micro particelle di plastica nelle acque che ingeriamo e delle conseguenze da esse provocate nel nostro organismo. Il brevetto del Liaa può avere un impatto positivo in campo ambientale, alimentare e medico. “I vantaggi sono importanti da un punto di vista prettamente scientifico – spiega Ferrante – e nello stesso tempo aprono lo spazio alle possibilità di studiare gli effetti che le microplastiche respirate o ingerite per assorbimento cutaneo possono avere sulla salute. Il brevetto copre tutte le matrici: acquose, solide, organiche e inorganiche e può dunque essere applicato in qualsiasi ambito”. Il passaggio successivo, qualora si dimostrasse che le microplastiche abbiano degli effetti dannosi per la salute, potrebbe essere l’eliminazione dell’utilizzo della plastica. “Sa accadesse – spiega Ferrante – si dovranno mettere in atto sistemi di bonifica da nano e micro plastiche dei vari substrati che sono contaminati e contestualmente anche sistemi di certificazioni di nuovi materiali che non ne contengano”.

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La priorità: continuare la ricerca

Il brevetto è stato presentato in diversi congressi internazionali, suscitando pareri contrastanti. “Le reazioni sono state diametralmente opposte”, conferma la direttrie del Liaa. “Una piccola fetta dell’uditorio scientifico è rimasta indifferente, altri invece hanno cercato di combatterla aspramente, perché hanno interessi nel mondo della plastica”. Non sono comunque mancate le aziende, soprattutto quelle che producono apparecchiature per laboratorio, che hanno mostrato particolare interesse. L’obiettivo più immediato, però, non sembra essere lo sviluppo del brevetto e il suo sfruttamento commerciale. La priorità è approfondire e perfezionare la fase di ricerca. “Prima di ascoltare e valutare le richieste provenienti dal mercato – afferma Ferrante – il nostro scopo è completare gli studi sull’uomo per individuare nuove scoperte per la tutela della salute della popolazione e interventi per la soluzione di questi problemi”. Ed è su questo binario che continuerà la ricerca, specialmente dopo aver sottoscritto diverse collaborazioni scientifiche con vari atenei del territorio nazionale e con la Columbia University negli Stati Uniti. “Con il Cnr di Napoli vorremmo partecipare ai progetti europei Horizon 2020, che hanno come tematica principale lo sviluppo di studi sulle microplastiche. L’Europa è molto sensibile alla problematica legata alle plastiche e questo ci consente di portare avanti le scoperte appena fatte”. Inoltre – conclude la Ferrante – è in fase di completamento un altro studio, condotto con il centro di ricerca in Tunisia, sulla presenza di nano e microplastiche all’interno del muscolo del pesce. “Dimostrerebbe come tali particelle riescano a passare anche all’interno dei tessuti animali”.

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Marco Carlino
Marco Carlino
29 anni. Laureato in Comunicazione. Scrivo di consumi e innovazione.

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