Banche, 2023 da sogno: 43 miliardi di utili e niente tassa sugli extraprofitti

A fine 2023 gliutili delle banche italianesupereranno i 43 miliardi di euro. Una cifra ben superiore ai 25 miliardi del 2022, ai 16 miliardi del 2021 e ai due miliardi del 2020, quando il Covid azzoppò l’economia. Sono i dati di uno studio condotto daFabi, Federazione autonoma bancari italiani, sui conti trimestrali dei primi cinque istituti di credito italiani,Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper.“Il 2023 sarà ricordato come un anno d’oro per le banche italiane”, considerando che i primi nove mesi “hanno portato 15,7 miliardi di utili ai primi cinque gruppi”. Merito delledecisioni della Bce sui tassi di interesse,che pesano in particolare sulle famiglie, specialmente quelle gravate dai mutui. Si tratta degliextraprofitti che il governo Meloniaveva annunciato di voler tassare.Nelle casse dello Stato, scrive però Fabi, non è entrato nulla. “Tutte le banche hanno optato per l’accantonamento a riserva: per le prime cinque si tratta di 4,2 miliardi per il 2023”. Una possibilità “esplicitamente prevista” dalla legge sugli extraprofitti, “che ha spinto gli istituti a rafforzare il proprio patrimonioevitando l’imposta straordinaria“. Leggi anche –Banche, gli extraprofitti “sulle fasce più deboli e nel Mezzogiorno” Se unsistema bancario forteè un dato positivo per il Paese, per molti osservatori la vicenda non è stata gestita bene dal Governo. Il centro della questione è un emendamento alDecreto legge 104/2023,meglio noto come decreto Ombnibus. L’articolo 26 aveva introdotto “un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi […] che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente”. Cioè suifamosi extraprofittiche la presidente del ConsiglioGiorgia Meloniaveva definito “margini di guadagno ingiusto”, annunciando di voler utilizzare l’indotto per “finanziare provvedimenti persostenere famiglie e impresedi fronte alle difficoltà legate all’alto costo del denaro“. Peccato che il comma 5 bis, inserito nel decreto in fase di conversione, preveda che “in luogo del versamento le banche possono destinare a una riserva non distribuibile unimporto non inferiore a due volte e mezzal’imposta”. Un rafforzamento patrimoniale, appunto, che però rischia di lasciare lo Stato a bocca asciutta. Leggi anche –Mutui, banche, tassi variabili e l’inflazione. Mercati in subbuglio Secondo Fabi, i guadagni delle banche arrivano soprattutto dalle famiglie italiane. Sono queste ultime, infatti, a scontare ledecisioni della Banca centrale europeasui tassi d’interesse. “I quasi 50 miliardi complessivi di ricavi sono stati sostenuti prevalentemente dai ricavi legati agliinteressi sul credito a imprese e famiglie(27,6 miliardi), ambito che corrisponde quasi al doppio di quanto incassato, tra altro, con le commissioni su servizi eattività di risparmio gestito(15,9 miliardi)”. A dare il polso della situazione sono i numeri dei primi cinque gruppi bancari. Questi ultimi hanno realizzato “ben 27,6 miliardi di margine di interesse, in crescita del 56 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2022”. Introiti che superano di gran lunga quelli dellealtre attività finanziarie. “Rispetto al totale delle entrate, i primi cinque gruppi hanno realizzato il 58,3 per cento col margine d’interesse e il 33,7 per cento con lecommissioni, mentre l’otto per cento (3,7 miliardi) è rappresentato altri ricavi (tradinge altri proventi)”. Leggi anche –Mutui alle stelle. La Bce alza i tassi, pagano i cittadini. “Strozzinaggio” Conti alla mano, prosegue Fabi, nei primi nove mesi dell’anno i primi cinque gruppi “hannoeguagliato il dato dell’intero sistema del 2019e superato quello del 2018 (15,1 miliardi)”. Numeri da record che come detto dipendono “dal rapido e imponente rialzo dei tassi di interesse”voluto dalla Bce“dopo più di undecennio di tassi a zeroin cui si è rincorsa la leva delle commissioni”. Gli effetti benefici non riguardano soltanto gli extraprofitti ma tutti gli indicatori del sistema bancario. I conti migliorano anche “in termini diliquidità e patrimonializzazione“, e pure sul fronte della solidità patrimoniale – cioè il rapporto tra capitalizzazione e indebitamento – “le banche del campione hanno indicatoriben superiori ai requisiti minimistabiliti dalle autorità di vigilanza”. Una situazione che secondo la Federazione dei bancari dovrebbe essere sfruttata “per creare le condizioni di resilienza per gestire i maggiori rischi futuri”. Cioè per proteggere il sistema bancario quando lasituazione finanziariapeggiorerà.