“La più grande agenzia immobiliare del mondo è italiana, ma è molto carente di risorse umane”. Lo afferma Claudio Fava, deputato Ars e presidente della commissione regonale Antimafia, e si riferisce all’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che ha la responsabilità di oltre 19 mila immobili sequestrati alle mafie. Più di un terzo di questi si trova in Sicilia, dove tra immobili e terreni si arriva a 7.200 beni non ancora riassegnati per usi sociali. Nata per gestire l’immenso patrimonio di immobili e soprattutto aziende sottratte alla criminalità organizzata grazie alla legge Rognoni- La Torre del 1982, l’Agenzia non riesce con il suo operato ad andare “oltre al momento repressivo con la restituzione alla collettività, che è il secondo step della legge introdotto con una raccolta firme di Libera”, ha affermato Fava, ieri in collegamento in diretta con FocuSicilia. Per assolvere a questo ruolo servono “investimenti e competenze, non solo nell’Agenzia ma anche negli enti locali. E che la Regione si ponga come asse di collegamento tra tutti i soggetti perché questo è il suo compito”, spiega Fava. Una proposta di legge nata in seno alla commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana che ha svolto “e condivisa da tutti i gruppi politici” è pronta per essere votata in aula. “Abbiamo già sollecitato il presidente dell’Assemblea, e il voto dovrebbe arrivare in autunno”, specifica Fava.
Le imprese sequestrate chiudono, nove volte su dieci
Il problema dei beni confiscati non si esaurisce però con il gran numero di immobili e terreni, “spesso dentro un piccolo comune che non ha le risorse e le competenze per riassegnarli, o per utilizzare i fondi europei sul tema, e quindi questi vengono ancora utilizzati delle famiglie mafiose a cui sono stati sequestrati”, ma riguarda anche le imprese: a luglio 2021 erano oltre 900 quelle in gestione dall’Agenzia. “Ancora oggi abbiamo tra quelle sequestrate una mortalità del 90 per cento”, afferma Fava, riportando uno dei dati contenuti nella relazione che la sua commissione ha realizzato sul tema. Fava riporta peraltro l’esempio di Geotrans, grande azienda di logistica sottratta a Cosa Nostra, specificamente alla famiglia Santapaola-Ercolano, e oggi una cooperativa gestita con successo dai lavoratori: “Il giorno dopo aveva già perso il 90 per cento dei clienti”. Ma il problema ha riguardato anche le banche: il paradosso è che le aziende mafiose avevano libero accesso al credito magari da piccoli istituti siciliani, oggi che è lo Stato a gestire queste vengono ritenute non affidabili. Anche perché in questi anni l’Agenzia, sotto organico del 60 per cento, è stata trattata non come una risorsa ma come un centro di sottogoverno qualunque”, prosegue Fava.
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Un Ufficio speciale, un Osservatorio e la mappatura
La legge di iniziativa parlamentare nasce per dare risposta a questi problemi, e con “l’idea di fondo è quella di vedere i beni confiscati come una risorsa che per essere sfruttata al meglio necessita di una visione unitaria che ponga il tema dell’utilizzo dei beni in questione come trasversale nelle politiche regionali”, è spiegato nell’introduzione del documento già prodotto dalla commissione Antimafia. Tra i punti fondamentali istituisce presso la Presidenza della Regione l’Ufficio speciale regionale per la valorizzazione di beni ed aziende confiscati, che costituisce la struttura centrale di supporto alle amministrazioni locali, ma anche all’Agenzia nazionale. Accanto a questa ci sarà un Osservatorio regionale sull’utilizzo dei beni costituito come raccordo tra l’azione amministrativa e quella della Società civile sul tema. Punto fondamentale inoltre la mappatura dei beni, uno dei compiti non assolti “per mancanza di risorse”, come sottolinea Fava, da parte dell’Agenzia nazionale. A riguardo il presidente dell’Antimafia regionale ricorda come “una mappatura è stata eseguita in Lombardia, ed è disponibile in maniera interattiva dando una visione d’insieme”.
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Un Fondo dedicato
Previsto dalla proposta di legge anche un “Piano regionale per l’utilizzo dei beni e aziende confiscate”, oltre che l’adozione a livello comunale di un regolamento in materia. Su questo punto, proprio al fine di rafforzare le scarse risorse dei comuni, “spesso costituite da uno o massimo due tra impiegati e funzionari”, la proposta di legge introduce oltre a nuovi percorsi formativi specifici, anche un Fondo per i beni e le aziende confiscati alla criminalità organizzata. Questo dovrà agire “individuando le azioni che dovranno essere finanziate e demandando a un decreto del Presidente della Regione, da emanarsi su proposta dell’Assessore regionale per l’economia, previo parere della Commissione ‘Antimafia’ dell’Assemblea regionale siciliana, l’individuazione delle modalità di gestione e accesso”. Tutto questo, specifica la norma, verrà fatto con una dotazione di dieci milioni di euro. Una cifra che, anche visti i compiti, è per Fava più che sufficiente considerando lo scopo: non quello di sostituirsi ai compiti attuali dell’Agenzia e degli enti locali ma di “effettuare un coordinamento e sostegno agli enti locali”, conclude.