Un decreto attuativo mai arrivato, risorse per i Comuni mai stanziate. Sulla cenere vulcanica lo Stato sembra aver dimenticato la Sicilia. Un anno dopo le modifiche normative che di fatto hanno trasformato la cenere da rifiuto a risorsa, la situazione per i Comuni dell’Etna non è cambiata molto. Il ministero della Transizione ecologica non ha mai pubblicato le direttive che dovrebbero chiarire le modalità per il riutilizzo del materiale. Al momento, dunque, continua a essere trattato come un rifiuto. Inoltre un emendamento per erogare 40 milioni di euro ai Comuni colpiti, inserito nella legge di Bilancio 2022, non è stato approvato per “mancanza di copertura economica”. In attesa che a Roma si insedi il nuovo governo e il dossier venga riaperto i centri interessati – tra cui Sant’Alfio, Santa Venerina, Zafferana, Milo, Giarre – vanno in ordine sparso. La maggior parte ha stoccato la cenere in appositi centri di raccolta comunali. I costi di smaltimento in discarica infatti restano alti. Le tariffe si aggirano sui 20 euro a tonnellata, da moltiplicare per migliaia di metri cubi di cenere caduti tra febbraio 2021 e febbraio 2022. Da allora l’Etna è “a riposo”, ma prima o poi il problema potrebbe ripresentarsi.
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Da rifiuto a risorsa (forse)
Per far fronte al problema dei notevoli costi a carico dei Comuni gravati dalla cenere, l’anno scorso è stata approvata una modifica del Testo unico per l’ambiente. In particolare, all’articolo 185, viene data la possibilità di non considerare il materiale vulcanico un rifiuto qualora esso venga usato “in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”. Una modifica importante, che per essere effettiva avrebbe bisogno di un nuovo passaggio normativo. “Basterebbero una circolare o un regolamento del ministero della Transizione ecologica, ma naturalmente un decreto attuativo sarebbe la soluzione migliore”, dice a FocuSicilia Cristiano Anastasi, ex parlamentare del Movimento Cinque Stelle, tra gli artefici della modifica del Testo unico. Un intervento mai arrivato, “anche per ragioni politiche”. Stesso destino dell’emendamento da 40 milioni presentato per aiutare economicamente i Comuni interessati, bocciato dal governo Draghi “per mancanza di copertura economica”.
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Costi enormi per il conferimento
Se il Governo centrale non ha trovato le risorse da stanziare, lo scorso anno la Regione ha erogato dieci milioni per aiutare gli enti locali a sostenere le spese. Come detto il peso sui bilanci comunali è considerevole. “Soltanto per raccogliere la cenere caduta nel corso del 2021, e una parte di quella caduta a inizio 2022, abbiamo speso circa un milione e e mezzo di euro”, dicono dal Comune di Zafferana. Più che la raccolta, i costi riguardano soprattutto il trasporto e il conferimento. Da qui la scelta di stoccare il materiale nei depositi comunali, in attesa di tempi migliori. Per portare la cenere in discarica, dicono dal comune di Santa Venerina, “il costo è di 20 euro a tonnellata, da moltiplicare per circa ottomila metri cubi caduti soltanto nel nostro Comune, pari a circa 6.400 tonnellate”. Conti alla mano, un singolo paese dovrebbe sborsare quasi 130 mila euro. Numeri impossibili per le finanze in difficoltà dei piccoli Comuni. “Con la declassificazione della cenere la situazione sembrava risolta, invece di fatto è tutto bloccato. Stiamo cercando di capire quale percorso seguire, ma non sappiamo a quale ente rivolgerci”, conferma il sindaco di Milo Alfio Cosentino.
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Progetti di riutilizzo pronti a partire
Se il quadro normativo dovesse essere chiarito, il riutilizzo della cenere vulcanica potrebbe partire in tempi brevi. Ci sono già imprenditori pronti. “In meno di due settimane potremmo organizzare il prelievo del materiale già stoccato”, spiega Alfio Trovato, imprenditore giarrese che già nel 2021 aveva presentato un progetto per i comuni di Milo, Zafferana e Santa Venerina. La proposta prevede la pulizia del materiale vulcanico già nelle aree di stoccaggio e l’asporto a carico della ditta, quindi a costo zero per le amministrazioni. In seguito la cenere verrebbe pulita per eliminare eventuali agenti inquinanti e utilizzata a scopi commerciali. L’azienda di Trovato dispone dei mezzi e della manodopera necessaria per gestire la raccolta in piccoli centri, “ma un eventuale consorzio di aziende potrebbe gestire senza problemi tutti i Comuni dell’Etna, anche in caso di nuove eruzioni e cadute di cenere”. Per l’imprenditore la cenere “non è un rifiuto ma una risorsa economica”, e andrebbe trattata come tale “evitando spese inutili per i Comuni e generando ricchezza per il territorio”.