Coronavirus, le prime vittime in Sicilia sono le aziende cinesi

L’allarme Coronavirus continua a diffondersi e di conseguenza
cresce la preoccupazione, anche in Sicilia. Nonostante la distanza dall’epicentro
dell’epidemia, anche i siciliani disertano le attività gestite da cinesi. Nell’isola
i ristoranti cinesi hanno registrato una sensibile flessione sul proprio giro d’affari:
solo nella città di Palermo, ad esempio, meno 30 per cento in circa quindici
giorni. Per Shukun Mikele Gao, vicepresidente dell’Associazione giovani cinesi in Sicilia, la situazione presenta dei numeri ancora più preoccupanti: “Il calo non si può nascondere, è evidente, e le percentuali sono molto più alte di quelle trapelate negli ultimi giorni�?, spiega. Da un confronto con gli anni precedenti, per Gao emerge un vero e proprio tracollo, “sia negli ingrossi che nei negozi al dettaglio, dove è rimasto solo un terzo del giro d’affari, anche di meno�?. In prospettiva futura, l’andamento economico sarà strettamente legato alle notizie che arriveranno da Wuhan: “Continuando così molti negozi rischiano la chiusura. Stiamo lavorando a livello comunicativo per convincere le persone che il pericolo qui non esiste e le paure sono immotivate�?, ha concluso Gao. Nel capoluogo gli incassi in calo hanno portato a ben 50 licenziamenti nella ristorazione. Un danno non solo per la comunità cinese ma anche per i giovani siciliani assunti dai ristoratori orientali. “In città ci sono trenta ristoranti. Il giro d’affari è di circa cinque milioni di euro l’anno�?, ha dichiarato Marco Mortillaro, direttore della Comunità cinese d’oltremare, una delle due più rappresentative a Palermo. La Sicilia è la seconda regione del Sud Italia per numero di
imprese con titolare cinese, appena dietro la Campania. Secondo i dati di Infocamere,
Unioncamere e Movimprese sulle ditte individuali, aggiornati al 31 dicembre
2016, nell’Isola sono presenti duemila e 245 gestite da cittadini della
repubblica popolare. Il settore più sviluppato è il commercio, con duemila e 51
imprese, il 91 per cento. A seguire, le attività di ristorazione. E che il
momento sia delicato lo testimonia anche una ricerca condotta da TheFork, l’app
di TripAdvisor per prenotare ristoranti, che ha registrato a livello nazionale
un calo del 43 per cento delle prenotazioni nei ristoranti cinesi. “La discesa –
spiega l’azienda – è iniziata a partire dal 20 gennaio, quando anche
su Google Trends c’è stato un aumento delle ricerche del termine
“coronavirus”, che è ulteriormente cresciuto nella settimana del 27
gennaio”. “Sono dati che senza dubbio dispiacciono ma purtroppo prevedibili, il contagio della paura è peggio del contagio del virus.�? Così si è espresso Antonino Rizzo, responsabile del Dipartimento Sanità Codacons Sicilia. Rizzo parla comunque “di una serie di informazioni incontrollate, ingiustificata stando ai dati scientifici�?. Con la sensazione “che possano peggiorare. In questo momento occorre non fare terrorismo sulla comunità cinese�?. Il 5 febbraio a Palazzo delle Aquile a Palermo si è svolto un incontro tra il presidente della comunità cinese, Han Guangrong e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, volto a distendere gli animi e dimostrare la solidarietà e vicinanza dell’amministrazione comunale di Palermo alla comunità cinese. Nel frattempo, alcuni ristoratori sono stati costretti, anche mediante le proprie pagine social, a rassicurare la propria clientela sull’origine degli alimenti utilizzati nei propri ristoranti.