A dicembre del 2020 mancano all’appello oltre 18 mila imprese. Secondo i dati di Infocamere, analizzati dal Centro Studi di Unimpresa, almeno il 30 per cento rischia di non aprire più. Sono gli effetti negativi delle restrizioni imposte dalle misure anti Covid. Le attività turistiche del settore alberghiero e della ristorazione sono le più colpite con una stima di perdita del 40 per cento pari a 1,5 miliardi. Soffre anche il commercio che ha visto più di 6.350 imprese chiudere i battenti ancor prima che si chiudesse l’anno in corso e segna un deficit di 4,1 miliardi. Nemmeno un incremento delle imprese costituite nel 2020 (+ 2.299 rispetto al 2019) è riuscito ad evitare un saldo negativo (-590) nel rapporto natalità-mortalità del settore commercio, con la provincia di Palermo a primeggiare in questa singolare classifica. Una inversione di rotta rispetto allo scorso anno è stata registrata dal comprato dell’edilizia, con un saldo positivo, tra imprese iscritte e cessate nel 2020, di +780 unità.
Catania perde di più
Guardando alle singole provincie, al 1° posto troviamo Catania che con 4.577 imprese chiuse rappresenta il 24 per cento delle cessazioni, seguita da Palermo con 4.043 cessazioni e una percentuale di oltre il 21 per cento sul totale e Messina con 2.052 cessazioni e una percentuale di oltre 10 punti. La crisi ha colpito le imprese, ma anche il lavoro dipendente e le assunzioni, tanto che secondo i dati analizzati da Anpal e Unioncamere, la Sicilia, a fronte delle 191.610 unità di personale previste in
entrata su tutto il territorio nazionale per il mese di Dicembre, con 10.260 unità rappresenta il 5 per cento e si colloca al 10° posto su base nazionale, con un calo del 31 per cento rispetto allo sesso mese del 2019. Sul mercato del lavoro lo stop ai licenziamenti e la riduzione dei tassi di partecipazione hanno frenato per ora la flessione dell’occupazione a un – 3,2 per cento, e determinato una discesa del tasso di disoccupazione dal 20 per cento al 17. “I dati fin qui esaminati – afferma il Presidente di Unimpresa – Assoesercenti Sicilia Salvo Politino – evidenziano una situazione ad altissimo rischio per l’economia siciliana”.
Un calo generale
Le proiezioni per il 2020 elaborate dal Diste identificano in Sicilia un crollo del prodotto interno lordo del 12,5 per cento in termini reali e una perdita in termini monetari di 11,7 miliardi di euro rispetto al 2019. Il Pil per abitante scende a 15.749 euro, 2.250 euro meno dell’anno passato. La pandemia ha influito negativamente su domanda e produzione, salvaguardando temporaneamente il mercato del lavoro, come diretta conseguenza dei provvedimenti del blocco dei licenziamenti e dei massicci interventi della cassa integrazione. I consumi delle famiglie scendono dell’11,8 per cento in volume e registrano una perdita su base monetaria di 8,3 miliardi. I consumi per abitante scendono a 12.467 euro, 1.588 euro meno dell’anno prima. Il settore dei servizi segna un calo del valore aggiunto del 13,6 per cento causato dalla voragine delle attività collegate a turismo, ristorazione, commercio, attività artistiche e spettacoli. “La preoccupazione più seria è che le aziende siciliane non hanno più la liquidità sufficiente per la gestione corrente. Probabilmente riusciranno ad andare avanti solo quelle con importanti riserve di capitale o che riuscirebbero ad accedere al credito bancario tramite il Fondo di Garanzia” dice Politino.
Prospettive future
“Il permanere della pandemia fa sì che l’uscita dalla recessione sia incerta nei tempi e possa risultare lenta. Oltre a gestire al meglio la crisi, limitando i danni per la salute dei cittadini e gli effetti negativi sul sistema produttivo, è importante guardare in avanti, al Paese, al sistema economico che vorremmo avere dopo la pandemia e soprattutto alla crescita. Per affrontare una fase di riallocazione dei consumi e della produzione, servono, innanzi tutto, imprese dinamiche che investano, innovino, adattino i propri prodotti a quanto verrà domandato nel mondo del dopo Covid. Servono poi Amministrazioni pubbliche che non ostacolino, ma sostengano questo processo, facilitando la mobilità del lavoro e del capitale, accrescendo la formazione delle risorse umane, coinvolgendo tutte le aree del Paese e le fasce della popolazione. Serve molta capacità progettuale, sia nel settore pubblico che in quello privato. Insomma – conclude Politino – oltre al fondamentale vaccino sanitario, è necessaria una cura ricostituente per l’economia con indennizzi rapportati al calo del fatturato e un utilizzo mirato delle risorse europee”.