L’ultimo rapporto sulla Competitività della filiera agrumicola di aprile 2020, pubblicato dall’Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), certifica la Sicilia come Regione leader nella produzione agrumicola. E dal rapporto emerge come il problema principale del settore sia la piccola dimensione delle produzioni, con la necessità di un maggior raccordo. E secondo Federica Argentati, presidente del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia “offre molti spunti di stringente attualità e di riflessione, dice chiaramente che servirebbe una cabina di regia di sistema e si dice della necessità di aggregazione, di cooperazione, di azioni condivise. Mi dispiace che non si faccia cenno a cosa già esiste, quantomeno in Sicilia: il Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia è nato ed è riconosciuto dalla Regione Siciliana proprio a questo scopo. Insomma -prosegue Argentati – il Distretto c’è, ha esperienza e know-how importanti, anche se istituzionalmente lavora in ambito regionale. Siamo pronti a fare la nostra parte”.
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Argentati: “Da sempre promuoviamo accordi di filiera”
“Da sempre – continua Argentati – il Distretto promuove accordi di filiera, mette in campo progetti di ricerca che coinvolgono tutto il comparto, dal produttore al trasformatore, affronta quasi tutte le tematiche poste dal rapporto Ismea. In Sicilia il Distretto può benissimo fare da cabina di regia, magari con un rafforzamento della sua funzione a livello regionale concordata con l’Assessorato all’Agricoltura. Siamo pronti a far parte di un organismo di sistema di livello nazionale. D’altronde, il 58 per cento dell’agrumicoltura italiana sta in Sicilia e abbiamo già più volte interloquito con Ministero e Governo per formare tavoli tecnici e concordare interventi di vario tipo. Su molti fronti indicati dal rapporto Ismea siamo già attivi. Il Piano di settore che indica Ismea, in Sicilia lo chiediamo da anni”.
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“Ci occupiamo da anni di progettualità condivisa”
“All’interno del Distretto – aggiunge Argentati – ci sono molte aziende della filiera, cooperative, organizzazioni di produttori, consorzi, tutti i Consorzi di tutela delle produzioni di qualità siciliane (Dop, Igp e Biologico), ci sono le associazioni di categoria, gli enti di ricerca e le università. Più sistema di questo”. Su molte delle esigenze individuate dal rapporto Ismea il Distretto Agrumi di Sicilia lavora da anni. Sulle risorse idriche ad esempio. “Da un paio di anni – spiega Argentati – abbiamo attivato progetti su questo fronte, anche con l’utilizzo delle tecnologie. Col progetto Ncwr abbiamo installato, in via sperimentale, sensori negli agrumeti, con il Progetto A.C.Q.U.A. abbiamo fatto monitoraggi con i droni per misurare lo stress idrico delle piante, abbiamo intervistato centinaia di imprenditori per rilevare come utilizzano l’acqua, stiamo lavorando a un impianto pilota per ottimizzare i sistemi irrigui e i consumi in collaborazione con aziende, Università e Crea, ma non solo. Da anni ci occupiamo di progettualità condivisa, di formazione alla filiera, di valorizzazione territoriale anche attraverso il Turismo relazionale Integrato”.
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Promozione, “sostenuta la filiera nell’export”
Su promozione dei consumi ed export “il Distretto ha attuato azioni di internazionalizzazione, ha spinto per rendere più facile l’export in Cina e prima del lockdown stava lacorando a una grande campagna di comunicazione con l’Ice proprio sul mercato cinese. In più abbiamo un progetto di internazionalizzazione che partirà il prossimo inverno verso i paesi europei; insistiamo e promuoviamo da sempre il consumo salutare degli agrumi freschi e trasformati. Abbiamo sostenuto la nascita di reti tra le imprese finalizzate all’export e abbiamo sostenuto la filiera in moltissime azioni considerate strategiche proprio dallo studio Ismea. Adesso stiamo lavorando, di concerto con i Consorzi di Tutela e le imprese per un progetto di comunicazione delle produzioni Dop, Igp e Bio. Insomma, noi ci siamo. Abbiamo il know-how e l’esperienza. Se c’è da fare sistema e coordinare questa filiera il Distretto è pronto a fare la sua parte però le istituzioni devono anche comprendere che gli sforzi che si fanno sui territori vanno anche incentivati, quanto meno riconoscendone l’esistenza”.