Dopo i fiumi il gambero killer minaccia anche i mari: “Prospera in acqua salata”
Fino a ieri era ilterrore di fiumi e laghi,ma ora minaccia anche il mare, con conseguenze imprevedibili per l’ecosistema: il“gambero killer”(definizione ufficiale delministero dell’Ambiente) sta dimostrando diprosperare anche nell’acqua salata, ed è già stato trovato nelle reti dai pescatori di diverse regioni. “Abbiamo accertato la sua presenza nelle acque diBasilicata, Calabria e Lazio,ma la situazione potrebbe essere molto similein Sicilia e nelle altre zone costiere“, spiega aFocuSiciliaFrancesco Tiralongo, ricercatore delDipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania,tra gli autori di una ricerca appena pubblicata che ha dimostrato il“salto” della specie invasivadall’acqua dolce a quella salata. Tiralongo ricorda che il crostaceo “ha già dimostrato di esserepericoloso per la fauna autoctona dei fiumi“, e che la sua presenza in mare “potrebbe avere un impatto altrettanto rilevante, motivo per cuisono necessarie ulteriori ricerche perelaborare strategie di contenimento efficacie comprendere meglio l’ecologia della specie”. Leggi anche –Sicilia, centinaia di specie aliene. E il “cimicione” ora minaccia il pistacchio Come spiegato daFocuSicilianelle scorse settimane,Procambarus clarkii– meglio noto comegambero della Lousianao, appunto,gambero killer– dopo essere arrivato in sordina negli anni Settanta, a partire dal 2018 haproliferato fino a diventare un problema, anche a causa del riscaldamento del Mediterraneo. Molto aggressivo, può provocaredanni all’ecosistema, agli argini e persino alle risaie.Per questa ragione è già stato inserito nell’Elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, considerate cioè pericolose per l’ecosistema europeo. IlRegolamento Ue 1143/2014prevede “misure di rilevamento precoce e dieradicazione rapida”.L’Italia lo ha recepito con il DL 230/2017, che contempla “l’eliminazione completa e permanente” della specie. L’adattabilità all’ecosistema marino, spiega Tiralongo, impone nuove valutazioni. “La tempistica è fondamentale. Occorreevitare che il crostaceo si diffonda,rendendo difficile intervenire“. Leggi anche –Centinaia di specie aliene nella banca dati messa a punto da Catania e Malta Per l’esperto – che ha condotto la ricerca conAlessandro Nota(Università di Pavia),Alfredo Santovito(Università di Torino) eRaffaele Gattelli(Università di Bologna) – la presenza del gambero killer in mare èpericolosa per due motivi.“Da una parte, può proliferare in unecosistema importante come quello marino, con conseguenze imprevedibili. Dall’altra, c’è il rischio che spostandosi lungo le coste penetri incorsi d’acqua ancora non compromessi“. Tiralongo condivide altri dettagli della ricerca. “Nei casi studio esaminati i pescatori hanno tirato su fino a 25Procambarusal giorno, a una profondità di 15-20 metri, segno diuna diffusione già abbastanza ampianel tratto marino in questione”. Gli esemplari finiti nelle maglie dei pescatori “apparivano in ottime condizioni di salute”, segno che oltre a sopravvivere in acqua salata “stanno trovando il loro posto nella catena alimentare“. Sulle prede marine del gambero killer, in attesa di nuovi studi, si possono solo avanzare delle ipotesi. Per l’esperto, tuttavia, i candidati più probabili “sonoi piccoli invertebrati bentonici,cioè di fondale“. Leggi anche –Il granchio blu minaccia mari e bagnanti. “Mangiarlo” potrebbe non bastare Secondo Tiralongo “non è da escludere, anziè probabile che in mare ilProcambarustrovi anche dei predatori,eventualità che renderebbe più semplice il contenimento”. La guardia tuttavia va tenuta alta. “Il gambero killerrappresenta un serio pericoloper l’ecosistema, se non viene controllato. Inoltreandrebbe misurata la capacità della specie di adattarsi alle acque strettamente marine,per capire, ad esempio, se è in grado di riprodursi in esse”. La gestione, in ogni caso, è un problema.Il consumo umano, almeno in Italia, non sembra un’opzione percorribile,a differenza di quanto avvenuto con ilgranchio blu,altra specie invasiva che negli ultimi mesi ha proliferato nei mari italiani e sicilianiminacciando gli allevamenti di bivalvi e l’ecosistema.“I crostacei sono troppo piccoli, di solito intorno ai dieci centimetri, e hanno poca polpa. Per gestirli occorreindividuare strategie seriecon le autorità competenti, sapendo chenon esistono soluzioni semplici“, conclude Tiralongo.