Da oltre sei mesi la cenere vulcanica non è più classificata come un rifiuto eppure è ancora ammassata in aree di stoccaggio dei comuni etnei, se non ancora sparsa per strada o accumulata sui marciapiedi. La norma di legge che ne ha consentito l’uso come materia prima risale infatti al 31 maggio scorso, e da allora idee e progetti si susseguono per un riutilizzo virtuoso, consentendo il risparmio dei costi per lo smaltimento in ottica di economia circolare e sostenibile come richiedono i tempi. Si susseguono anche gli studi scientifici sul materiale che l’Etna spesso espelle creando anche tanti problemi alle comunità che vivono sotto il vulcano. Quindi c’è da chiedersi cosa blocca questa “buona pratica” di utilizzo in ambiti come agricoltura, florovivaismo, edilizia e industria.
Incertezza normativa
La risposta, praticamente univoca che viene dai soggetti interessati è l’incertezza normativa, in un contesto, come quello ambientale e della salute, molto complicato e sensibile. Qualcuno non aspetta che piova dall’alto la soluzione, e ha pensato di avviare iniziative per venirne a capo. Salvo Greco, sindaco di Santa Venerina, si dice pronto e favorevole al riuso, ma, dice, “è necessario chiarire alcuni passaggi essenziali prima di procedere in questo senso ed eliminare la collinetta di cenere che abbiamo in paese”. La norma prevede che le ceneri vulcaniche possano essere “riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”. Fino a ora i sindaci più direttamente interessati al problema, cioè quelli dei paesi del versante est che hanno subito a più riprese la ricaduta del materiale vulcanico (Giarre, Santa Venerina, Zafferana, Sant’Alfio e Milo), non hanno trovato la soluzione giuridica che consentisse loro di cedere la cenere per riutilizzo produttivo mettendoli al riparo da eventuali problemi legali. Il rebus da sciogliere riguarda infatti la “certificazione” sulla salubrità del materiale che qualcuno deve fornire agli amministratori in modo da liberarli da una responsabilità che non spetta loro. I sindaci per altro non hanno neanche i mezzi per stabilire se la cenere sia o meno sicura per la salute e per l’ambiente.
Interrogazione al Ministro
La questione ce l’ha ben presente anche il promotore della modifica legislativa che ha trasformato un grande problema in una possibile opportunità. Il senatore giarrese Cristiano Anastasi è convinto di avere creato “una filiera per lo smaltimento della cenere al 90 per cento”, ma è consapevole che servono regole più chiare ed esplicite per avviare il processo nella pratica. Anastasi a questo scopo ha depositato da due mesi una interrogazione al ministero della transizione ecologica una interrogazione in cui scrive che “a fronte della nuova normativa sulla cenere, i Comuni e gli enti locali coinvolti non conoscono le modalità di rimozione, raccolta, stoccaggio e conferimento negli appositi centri di trattamento degli inerti”. Inoltre, segnala il senatore del M5s, “vi è incertezza da parte di tali centri di trattamento degli inerti su come ricevere e trattare la cenere vulcanica, non essendovi una regolazione di attuazione che fornisca alle amministrazioni ulteriori chiarimenti sull’applicazione concreta della disciplina”.
40 milioni per le zone colpite
Di conseguenza, per sbloccare la situazione, chiede “se e quali misure intenda adottare relativamente alle modalità di rimozione, raccolta, stoccaggio e conferimento della cenere vulcanica con l’obiettivo di favorire soluzioni univoche e certe da parte dei Comuni, degli enti locali e di tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni.” L’interrogazione è stata presentata il 12 ottobre ma è ancora senza risposta. “La solleciterò nuovamente”, assicura Anastasi, che ha anche presentato un emendamento alla legge di bilancio 2022 per ottenere lo stanziamento di 15 milioni di euro per l’acquisto di mezzi specializzati nella pulitura di strade e caditoie dalla cenere vulcanica e di 25 milioni come risarcimenti ai cittadini privati che hanno dovuto rimediare con propri fondi ai tanti danni provocati dal materiale vulcanico su tetti, cortili, auto e altro.
Una perizia per andare avanti
Nell’attesa che il Ministero precisi a quali condizioni la cenere può essere reimpiegata nei cicli produttivi, a Santa Venerina il sindaco ha dato incarico all’ufficio tecnico di studiare la norma e trovare una soluzione legalmente ineccepibile. “La materia è complessa – conferma l’ingegnere Rosario Arcidiacono – ma molto promettente e positiva. Noi a Santa Venerina abbiamo deciso di affidare una perizia a un tecnico che possa darci certezze sulla innocuità della cenere. Poi procederemo con il riutilizzo. Sappiamo che lo smaltimento è anche un business, faremo di tutto per trovare una soluzione basata sulla legge. Pensiamo che la nostra esperienza poi potrà essere utile anche agli altri comuni interessati”.