“Sono qui perché sto lavorando a un progetto per comprendere come la nuova tecnologia stia trasformando la nostra comprensione e il rapporto con gli animali”. Parole di Emily Wanderer, professore associato di antropologia dell’Università di Pittsburgh, negli Stati Uniti d’America. Nelle scorse settimane era sull’Etna, precisamente a Milo, per seguire il lavoro di un altro gruppo di ricerca, quello del progetto Icarus sul comportamento animale guidato dal professore Martin Wikelski del Max-Planck Institute for animal behavior di Costanza, in Germania. E, mentre i ricercatori tedeschi installavano collari ipertecnologici agli animali – nel caso specifico cani e asini -, Wanderer guardava e prendeva appunti. Studiando, come antropologo della scienza, chi a sua volta studia scientificamente gli animali.
“Vedere come cambiano le relazioni con gli animali”
“Sono un antropologo che studia la produzione di conoscenza scientifica come processo culturale, quindi voglio conoscere tutto quel che concorre a fare ricerca, come viene plasmata dalla cultura delle persone che la fanno e poi come comprendiamo e interagiamo con il mondo”, spiega Wanderer riguardo alla propria attività, che l’ha portata sull’Etna dall’America. Ovvero, il progetto Icarus. “Sono interessata alla ricerca di Martin, su come rintracciano gli animali, per vedere in che modo questo cambia ciò che pensiamo sugli animali e su come ci relazioniamo con loro. Gli antropologi studiano l’umano, quindi in questo caso la connessione umana con animali e pensieri non umani, le relazioni tra le persone e gli altri animali”.
Etnografia multispecie
La definizione specifica di questa ricerca che coinvolge uomo e animali è “etnografia multispecie”, e le ricerche precedenti di Wanderer si sono svolte in Messico, una esperienza dalla quale ha ricavato lo studio “The life of a Pest“, ovvero “la vita di un parassita”. Lì ha seguito “scienziati che stavano studiando la biosicurezza, ovvero a come proteggere la salute umana e l’ambiente da specie invasive o da malattie infettive emergenti”, un ambito di ricerca particolarmente importante, come dimostrato dalla pandemia da Covid. Il nuovo progetto di ricerca “è più di portata globale. Sono ancora al punto di partenza, ma mi aspetto di trascorrere un altro anno o due facendo ricerche, e poi forse un altro anno scrivendo”. Sui risultati pratici non c’è però ancora una risposta chiara. “Non credo che ci sia, ma spero di aiutare le persone a capire come si fa la ricerca scientifica, e cosa possiamo imparare da essa”, conclude.