L’export siciliano ha il colore, l’odore e il sapore del petrolio. Nei primi tre mesi del 2023 le esportazioni dell’Isola valgono circa 3,3 miliardi, e la “fetta” maggiore è rappresentata, secondo i dati dell’Osservatorio di Unioncamere Sicilia, proprio da “coke e prodotti petroliferi raffinati”. Anche i dati più significativi delle singole province sono legati all’oro nero. La patria del petrolio si conferma Siracusa, con circa due miliardi di esportazioni, in calo rispetto all’anno scorso (meno 4,85 per cento). Tra le province con incremento maggiore c’è Caltanissetta, che tocca i 94 milioni di esportazioni, oltre il 60 per cento in più rispetto al 2022, quando si erano fermate a 58,5 milioni. “Numeri dovuti proprio al petrolio, che rappresenta più dell’80 per cento delle esportazioni della provincia, con 78 milioni di euro”, spiegano da Unioncamere, sottolineando come l’aumento sia legato “alla ripresa delle attività nella raffineria di Gela nel dopo pandemia”. Sul fronte opposto Messina, che con 280 milioni registra un calo del 15 per cento rispetto al 2022, quando l’export aveva toccato i 330 milioni. “Un crollo dovuto alle raffinerie di Milazzo, con le vendite di prodotti petroliferi che scendono da 189 milioni a 123 milioni”, dicono dall’Osservatorio.
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Enna vince grazie all’agroalimentare
Quanto al comparto non-oil, “i prodotti siciliani fanno gola principalmente a Stati Uniti, Croazia, Grecia, Spagna, Gibilterra, che rappresentano quasi il 40 per cento dell’export totale”, commenta il presidente di Unioncamere Sicilia Giuseppe Pace. Molto apprezzati all’estero anche i prodotti agroalimentari e le bevande. “La cucina e i prodotti dell’Isola sono sempre più graditi, superando l’oceano e regalando il primato agli Stati Uniti con un incremento significativo del 10 per cento”, dice ancora Pace. Non è un caso che l’aumento maggiore in assoluto – malgrado l’exploit petrolifero di Caltanissetta – sia quello della provincia di Enna, che si avvicina ai sette milioni di euro, il 71 per cento in più rispetto ai quattro milioni del 2022. Un incremento determinato soprattutto “dal comparto prodotti alimentari, bevande e tabacco, che da 807 mila euro passa a tre milioni 127 mila, quadruplicando il dato. Ma si registra anche un aumento significativo nella vendita di prodotti tessili, pelle e accessori, da 700 mila a oltre un milione di euro”, dicono gli esperti dell’Osservatorio di Unioncamere Sicilia.
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Dal marmo al tech, chi scende e chi sale
Notevole anche il dato di Trapani, che supera i 98 milioni di esportazioni, segnando un più 24 per cento. “La crescita è determinata un po’ da tutti i settori, con tanti piccoli incrementi che vanno a creare il totale”, spiegano da Unioncamere, segnalando però “l’aumento da sette a 12 milioni milioni di euro nelle vendite di minerali non metalliferi, in cui rientra la lavorazione del marmo, attività storica del trapanese”. Notevole anche la crescita della provincia di Agrigento, dove l’export vale oltre 50 milioni e segna un più 20 per cento. Anche in questo caso, dicono dall’Osservatorio, “non c’è un settore che spicca, ma la crescita è dovuta a quasi tutti i comparti, che fanno registrare un incremento positivo”. Le province presentano oscillazioni più contenute, in positivo o in negativo, che gli esperti definiscono “fisiologiche”. È il caso di Catania, con un export da oltre 578 milioni (più quattro per cento). “I principali mercati di sbocco della provincia etnea sono Hong Kong, Singapore, Usa, Marocco e Malta con produzioni come apparecchi elettronici, prodotti agricoli e bevande”, fanno sapere dalla Confindustria etnea. In leggero calo invece le province di Palermo (80 milioni, meno 7,5 per cento) e Ragusa (166 milioni, meno 6,7 per cento).
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Esportazioni regionali in leggero calo
In generale, nei primi tre mesi del 2023 l’export siciliano ha rallentato. Come detto, tra gennaio e marzo le aziende dell’Isola hanno esportato prodotti per circa 3,3 miliardi. Quasi il 2,5 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Unioncamere mette nero su bianco “una leggera frenata” anche se nel complesso “i dati dell’export confermano la tenuta delle imprese esportatrici”. Non va troppo male ma potrebbe andare meglio, insomma. Soprattutto considerando che l’export nazionale, nello stesso periodo, è aumentato. Nel primo trimestre 2023 le vendite delle imprese italiane all’estero hanno superato i 157 miliardi di euro, contro i 143 miliardi dell’anno precedente. Un incremento di oltre il 10 per cento, dovuto soprattutto alla spinta del Centro-Nord. Le regioni che hanno fatto da traino all’economia dell’Italia nel primo trimestre 2023, osserva infatti Unioncamere “sono state, in ordine di fatturato, Lombardia (41,6 miliardi), Emilia Romagna (21,6), Veneto (21), Piemonte (15,7), Toscana (14,4), Marche (8), Lazio (7,2), Campania (4,9), Friuli Venezia Giulia (4,5)”. La Sicilia, con i suoi 3,3 miliardi, si posiziona al decimo posto.
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I settori in crescita e in discesa
Il report Unioncamere fornisce il dettaglio delle esportazioni dell’Isola. Come detto il petrolio la fa da padrone, anche se le vendite sono leggermente in calo, passando dai 2,065 miliardi del 2022 ai 2.034 miliardi di quest’anno, una flessione dell’1,5 per cento. In calo anche la vendita di “prodotti alimentari, bevande e tabacco”. Si passa dai 266 milioni del 2022 ai 243 milioni di quest’anno, con una perdita che supera gli 8,5 punti percentuali. In compenso crescono nettamente le esportazioni di “computer, apparecchi elettronici e ottici”. Quest’anno superano i 242 milioni di euro mentre l’anno scorso si erano fermate a 214 milioni. Fuori dal podio il comparto “sostanze e prodotti chimici”, che passa da 266 milioni a 205 milioni (meno 23 per cento), i “prodotti agricoli, animali e della caccia”, che invece raggiungono i 200 milioni contro i 176 milioni dello scorso anno (più 14 per cento), e gli “articoli in gomma e materie plastiche”, abbinati ai “prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi”, che sfiorano i 95 milioni contro gli 85,7 del 2023 (più 10,6 per cento). Nel complesso, secondo gli esperti, crolli e rimbalzi si riequilibrano.