Famiglie con un’intensità lavorativa “molto bassa”, cioè poche ore di impiego, contratti atipici e grande incertezza, nelle regioni del Sud e in Sicilia in particolare, a riprova del divario territoriale storico con altre macroaree d’Italia. Sono i dati principali che emergono dall’ultimo Rapporto annuale Famiglia e Lavoro 2022 realizzato dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal). L’Agenzia analizza i mutamenti del mercato del lavoro, la crescente diffusione delle occupazioni temporanee con ridotta intensità lavorativa e quindi la generale instabilità occupazionale, stavolta facendo riferimento ai nuclei familiari e non più solamente ai singoli occupati. Vengono conteggiati i soggetti che possono rientrare nella definizione di “forze lavoro allargate (Fla)” ovvero occupati, disoccupati o un inattivi che pur non cercando un lavoro si dichiarano disponibili a svolgerlo. “Nel Nord Italia, poco più di una famiglia su dieci mostra livelli bassi o molto bassi di intensità lavorativa. Nelle stesse condizioni si trova il 32 per cento delle famiglie del Mezzogiorno”, scrive Anpal, e nel dettaglio “dal punto di vista regionale, mentre nella Provincia di Bolzano meno del dieci per cento delle famiglie fa registrare livelli bassi o molto bassi di intensità lavorativa, in Sicilia l’incidenza si colloca al 36,9 per cento”. Ancora: “Considerando gli individui presenti nei nuclei familiari, in Sicilia, Calabria e Campania la quota di individui che vive in famiglie con livelli bassi o molto bassi di intensità lavorativa oscilla tra il 35,5 per cento e e il 37 per cento; di converso, in Veneto, Emilia-Romagna e nella Provincia di Bolzano l’incidenza è di poco superiore all’otto per cento”.

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Uno svantaggio per le famiglie meridionali
Anche analizzando la diffusione del lavoro atipico (a tempo determinato, interinale, part-time), Anpal conferma lo svantaggio delle famiglie meridionali: “Considerando come indicatore la quota di nuclei con solo occupati non-standard – osserva l’Agenzia – è possibile notare come questo gruppo, nelle regioni del Nord, rappresenti poco più del dieci per cento del totale dei nuclei”. Gli occupati “non-standard” sono per esempio dipendenti a termine, collaboratori, autonomi e lavoratori con part-time involontario, cioè che svolgono un lavoro a tempo parziale perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno. Nel Mezzogiorno l’incidenza di queste categorie è pari al 16,3 per cento e “a livello regionale il peso dei nuclei composti da soli occupati non-standard è più alto in Sardegna (18,5 per cento), Sicilia (18,1 per cento) e Calabria (17,7 per cento). All’opposto, i valori più bassi si registrano in Veneto (9,6 per cento), Lombardia (9,6 per cento) e Bolzano (9,7 per cento). Gli individui che vivono in famiglie con tutti gli occupati non-standard rappresentano il 7,7 per cento del totale degli individui nella Provincia Autonoma di Bolzano; viceversa, in Sicilia, il 18 per cento degli individui vive in famiglie in cui tutti gli occupati svolgono lavori non-standard”.

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Condizione sociale aggravata dai figli minori
I dati Anpal prendono in considerazione le famiglie residenti in Italia nel 2021, che sono 25,7 milioni. Poco più di due terzi di queste (17,5 milioni) ha almeno un componente appartenente alle Forze di lavoro allargate. In Sicilia il numero di famiglie supera di poco i due milioni. La condizione delle famiglie, dal punto di vista sociale, è ancora più fragile se ci sono figli minorenni. A livello territoriale, “la distribuzione delle famiglie con minori per intensità lavorativa permette di evidenziare – scrive l’Anpal – un quadro particolarmente critico nel Mezzogiorno: in poco più del 28 per cento delle famiglie meridionali il livello di intensità lavorativa è basso o molto basso; nel Centro e nel Nord del Paese l’incidenza è, rispettivamente, dell’11,6 per cento e del 7,1 per cento. In Calabria, Sicilia e Campania più di un terzo delle famiglie con minori fa registrare livelli bassi o molto bassi di intensità lavorativa; all’opposto, in Emilia-Romagna, in Veneto e nella Provincia di Trento l’incidenza di famiglie con livelli bassi o molto bassi di intensità si colloca sotto il sette per cento”. Ancora: “Circa un terzo dei minori che vivono in Sicilia, Calabria e Campania fa parte di famiglie caratterizzate da livelli bassi o molto bassi di intensità lavorativa”, contrariamente a quanto avviene in Veneto (6,4 per cento), nella Provincia di Trento (6,7 per cento) e in Emilia-Romagna (5,7 per cento).

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Soddisfazione scarsa nelle regioni del Sud
Anpal ha costruito un indicatore su base familiare anche per valutare il livello di soddisfazione del nucleo rispetto al lavoro svolto. I dati di partenza sono quelli dell’Indagine sulle forze di lavoro dell’Istat che indaga, attraverso una scala di punteggi da 0 a 10, il livello di soddisfazione di ogni occupato per il lavoro svolto. “La quasi totalità dei territori del Mezzogiorno, ad esclusione della Sardegna e della Basilicata – questo emerge – ha una quota di nuclei familiari insoddisfatti superiore alla media nazionale, pari al 4,3 per cento. Calabria (8,6 per cento) e Campania (7,4 per cento), seguite dalla Sicilia (6,6 per cento), guidano questa particolare graduatoria. Anche Lazio, Liguria e Valle d’Aosta presentano una
incidenza superiore alla media”. Dal lato opposto della classifica, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Marche e il Veneto.
