Figli e bonus: cosa fa lo Stato lo ricorda Inps nel suo Rapporto annuale e settembre, per le famiglie, è tempo di asili, scuole, nuove spese per i figli e conti da tenere in equilibrio. Secondo l’Istituto di previdenza, l’inflazione nel 2022 ha raggiunto l’8,1 per cento. Di conseguenza il reddito disponibile delle famiglie si è ridotto temporaneamente, in termini reali, dell’1,2 per cento. Il dato si avvicina a quello della Banca d’Italia che aveva registrato nel 2022 una contrazione dei redditi delle famiglie dell‘1,3 per cento. Inps sottolinea come l’aumento dei prezzi abbia inciso sul potere d’acquisto delle famiglie in modo diversificato, in base ai consumi tipici del “paniere della spesa” e alle varie fasce nominali di reddito. Sull’altro piatto della bilancia, però, lo Stato ha introdotto alcuni provvedimenti sia per favorire la natalità (il 2022 è stato l’anno peggiore di sempre: 400 mila nascite in meno) e per semplificare la gestione dei tempi di vita e lavoro. Nello specifico l’Assegno Unico e Universale (Auu), le facilitazioni sull’uso dei congedi, le politiche per le pari opportunità.


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Assegno unico prediletto nelle province del Sud
Per conciliare vita familiare e lavoro, nel 2022 è nato l’Assegno unico e universale per i figli. L’Inps la considera la “principale misura di sostegno alla natalità” ed ha avuto un’adesione (take-up) prossima al 90 per cento degli aventi diritto, con quasi dieci milioni di figli beneficiari”. Più i figli sono piccoli, più viene richiesto, fino a raggiungere il 95 per cento delle adesioni. In particolare ne hanno beneficiato genitori lavoratori dipendenti (82 per cento) con punte più alte nelle province del Sud. La provincia di Prato è quella con il take-up più basso, pari al 76 per cento. Seguono Verbania ed Imperia con l’81 per cento. Il massimo dell’adesione si registra invece a Crotone, con un valore del 96 per cento. Seguono Agrigento, Enna, Caltanissetta, Potenza e Matera dove l’adesione si attesta intorno al 95 per cento. Nel dieci per cento dei casi, i genitori non sono lavoratori dipendenti. Nel residuo otto per cento, entrambi i genitori non lavorano.


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Congedo di paternità poco sfruttato al Sud
Il congedo di paternità, che può essere richiesto entro cinque mesi dalla nascita del figlio, è un misura apprezzata ma non troppo. Ne beneficiano meno di due terzi dei papà italiani. Un dato inferiore rispetto ad altri Paesi europei. Sulle cause, per l’Inps “ad oggi non esistono delle informazioni chiare”. Il trend è di certo crescente: i richiedenti nel 2013 sono stati il 19 per cento degli aventi diritto, nel 2018 (durata del congedo aumentata da due a quattro giorni) il 48 per cento e nel 2022 hanno superato di poco il 64 per cento. Nel 2021 i giorni di congedo erano stati aumentati a dieci. L’adesione è molto diversa tra le varie aree del Paese. Le province in cui è presente un tasso di utilizzo del congedo più elevato “si trovano prevalentemente nel Nord Italia. Diversamente, le province con un tasso di utilizzo più basso del congedo di paternità si trovano per lo più nelle province del Sud Italia, come in quelle della Sicilia e della Calabria”, spiega l’Inps che attribuisce il fenomeno a cause culturali. Non è da escludere il supporto – ad esempio una maggiore vicinanza dei nonni – che tipicamente le famiglie meridionali offrono nella crescita dei figli.


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Figli e bonus asilo nido: enormi differenze tra Nord e Sud
Il Bonus asilo nido, istituito nel 2017, è un contributo per il pagamento delle rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati. L’analisi dell’Inps mette in luce che “il numero di beneficiari della prestazione è cresciuto nel tempo, raggiungendo nel 2022 circa 425 mila minori”. L’adesione tra il 2019 e il 2021 è stata del 34 per cento e l’importo medio mensile del bonus è di 213 euro per il nido privato (47 per cento) e di 189 euro per le famiglie che scelgono un nido pubblico (53 per cento). Gli asili privati costano circa il 33 per cento in più di quelli pubblici. Il Bonus copre il 59 per cento della rette dei nidi privati e il 70,5 per cento nel caso delle strutture pubbliche. Dati che variano fortemente a seconda del territorio. Il Bonus per esempio copre solo il 38 per cento della retta negli asili privati di Milano e Bologna e il 59 per cento in quelli pubblici di Parma e Como. Al Sud invece copre persino il 94 per cento della retta richiesta dalle strutture sia pubbliche che private nelle province di Agrigento e Vibo Valentia. Tuttavia i posti non bastano e il Pnrr avrebbe dovuto portare nuove strutture soprattutto al Sud. Un’occasione già persa, perché in regioni come la Sicilia le amministrazioni non hanno presentato sufficienti progetti. Sprecando preziose risorse in favore dei più piccoli e delle famiglie.

