“Sono in modalità offline. Sono vivo, ma devo restare fermo, immobile”. Maurizio Di Stabile è un floricoltore della zona di Ragusa. Nella sua azienda coltiva i lilium. L’emergenza coronavirus ha colpito anche lui. Ha dovuto tagliare decine di migliaia di piante e recidere i fiori nelle sue serre, ammassandoli per distruggerli.
La soluzione che non c’è
Uno spiraglio, secondo quando la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, si è aperto il 27 marzo. Il governo avrebbe ascoltato “il grido di allarme che si è levato dal settore florovivaistico”. Bellanova ha spinto perché il comparto fosse riconosciuto come attività essenziale, nel tentativo di “salvaguardare un settore determinante per il nostro Paese, fondamentale per la nostra agricoltura, che nella sola filiera produttiva conta oltre 100 mila addetti. Si è temuto di dover mandare al macero tonnellate e tonnellate di merce nel periodo dell’anno per loro più importante. Non sarà così”. Secondo il ministro, la salvezza arriverebbe dalla riapertura di negozi e vivai: “Semi, piante, fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti potranno essere prodotti, trasportati, commercializzati. E potranno essere venduti non solo nella grande distribuzione, ma in tutti i negozi dedicati alla loro vendita”. Nonostante le parole della ministra, Confcommercio ha chiesto maggiore chiarezza: il codice Ateco dei fiorai non sono inclusi nell’elenco delle attività essenziali, ma potrebbe comunque rientrare – come affermato da Bellanova – sotto l’ombrello delle attività agricole in quanto parte integrante della filiera. Al di là della chiarezza, sempre benvenuta, secondo gli addetti non cambierebbe molto.
“È come giocare a calcio senza la palla”
Bellanova ha chiuso un suo post su Facebook con “la speranza che con l’arrivo della primavera piante e fiori possano colorare i nostri balconi, regalandoci un sorriso”. Ma per i floricoltori ed i fioristi c’è poco da sorridere: “È come se il governo ci avesse detto: ‘Vai a giocare a palla, ma non ti do la palla’”, spiega Di Stabile. “Anche se i negozi potranno riaprire, quasi nessuno lo farà. I cimiteri sono chiusi, le cerimonie religiose e civili sono sospese. Matrimoni, battesimi, funerali non si possono svolgere. Non ci sono feste di compleanno. Chi dovrebbe acquistare i nostri fiori?”. “Questo provvedimento non porta quasi nessuna utilità”, aggiunge Silvana Gagliano, titolare di un’azienda vivaistica. “Pensiamo che possa aprirsi solo il canale di vendita della Gdo, che comunque resta molto marginale. Di fatto, la nostra attività è ferma. Siamo veramente in difficoltà. I nostri operai stagionali sono sospesi e ripartire sarà veramente un’impresa”.
I fioristi non riapriranno
Dai produttori ai commercianti. Antonella Occhipinti gestisce, insieme al marito, un ingrosso per la vendita dei fiori e di accessori per i fioristi a Messina. La sua azienda, la Iemolo Adriano & C. non ha chiuso i battenti, ma si dedica solo al lavoro interno. “La nostra attività è ferma. Dopo il provvedimento del ministero, abbiamo sentito i nostri clienti. Tutti i fioristi ci hanno detto che non intendono riaprire. A che servirebbe tenere aperti i negozi se nessuno va a fare acquisti? C’è il piccolo canale di vendita della grande distribuzione, che però può vendere solo qualche fiore ai privati e nulla più. Per fare ripartire il settore, è necessaria almeno la riapertura dei cimiteri”. La situazione, nel messinese, è particolarmente difficile. Qui il virus è arrivato in maniera pesante e sia nel capoluogo, sia nei paesini dell’entroterra, c’è molta paura. “Nella nostra provincia i contagi sono tanti. La gente è spaventata. Aprire i negozi servirebbe a poco”.