fbpx

Fiumi anneriti dalla molitura delle olive. “200 volte più inquinanti delle fogne”

Danni alla flora, alla fauna e all'intero ecosistema. L'acqua di vegetazione generata dalla molitura delle olive mette a rischio i fiumi siciliani, in particolare il Naro, il Magazzolo e il Modione. Eppure, se ben utilizzato, lo scarto potrebbe diventare una risorsa economica

Ogni anno, a ottobre, i fiumi siciliani si tingono di nero. Colpa dell’acqua di vegetazione prodotta dalla molitura delle olive che molti frantoi, invece di conferire nel modo corretto, scaricano nei corsi d’acqua. Benché si tratti di uno scarto naturale, è estremamente inquinante. “Secondo le nostre stime l’impatto è fino a 200 volte superiore a quello degli scarichi fognari”, dice a FocuSicilia Claudio Lombardo, referente dell’associazione Mare Amico Agrigento, che denuncia il fenomeno dal 2012. Il caso più famoso è quello del fiume Naro, che attraversa Agrigento, Canicattì e Favara, ma segnalazioni arrivano anche dal Magazzolo, tra Sciacca e Ribera, e dal Modione, proprio sotto il tempio di Selinunte. La situazione negli anni si è complicata ulteriormente. “Oggi i frantoi pagano dei privati per scaricare lontano dall’azienda. L’inquinamento resta, ma punirlo è ancora più difficile”. Eppure l’acqua di vegetazione, secondo Lombardo, potrebbe essere una risorsa. “Nelle giuste dosi può essere utilizzata come fertilizzante o come base per i prodotti cosmetici”.

Leggi anche – Inquinamento marino, studio Unict: “Microplastiche in pesci di profondità”

Più inquinante delle fognature

La pericolosità del prodotto, spiega l’ambientalista, è confermata da diversi studi. “Il residuo della molitura delle olive è ricco di polifenoli che lo rendono poco biodegradabile, e in acqua finisce per togliere luce e ossigeno alla flora e alla fauna”. I danni sono consistenti. “I polpi, per esempio, non riescono a respirare e sono costretti a uscire sulla terraferma, dove diventano facile preda di uccelli e pescatori”. Dalla prima denuncia di Mare Amico, le forze dell’ordine sono intervenute diverse volte per sanzionare i frantoi che scaricavano illegalmente, soprattutto sul Naro. “Questo fiume è particolarmente soggetto al fenomeno perché nel suo bacino d’utenza ci sono diversi comuni come Camastra, Canicattì e Favara, che hanno parecchi frantoi in attività”. Negli ultimi anni sono state applicate “diverse sanzioni amministrative”, ma nei casi più gravi “si rischia anche una denuncia penale per disastro ambientale”. Un reato che prevede la reclusione da cinque a 15 anni.

Leggi anche – Goletta Verde, in Sicilia dieci coste molto inquinate: c’è anche Aci Trezza

Cosa prevede la normativa

A proposito di norme, lo smaltimento delle acque di vegetazione è regolato dalla Legge 574/1996, che prevede “lo spandimento controllato su terreni adibiti ad usi agricoli”, a patto che le acque “non abbiano subito alcun trattamento” e che la distribuzione sia comunicata almeno 30 giorni prima “al sindaco del Comune in cui sono ubicati i terreni”. Il Decreto 6 luglio 2005 del ministero dell’Agricoltura aggiunge altri criteri, tra cui il divieto di spandere le acque “a distanza inferiore a dieci metri dai corsi d’acqua” e in terreni “con pendenza superiore al 15 per cento”, in particolare “boschi, giardini ed aree di uso pubblico”. Il costo dello spargimento, secondo una stima realizzata nel 2012 da Enea, Agenzia nazionale per l’energia e lo sviluppo sostenibile, “si aggira su circa quattro euro per metro cubo”. In alternativa, spiega Lombardo, il prodotto può essere portato in un impianto di depurazione, “ma in Sicilia ce n’è solo uno, ad Aragona, in provincia di Agrigento”.

Leggi anche – Inquinamento, erosione, depuratori: tutti i guai delle spiagge siciliane

La proposta di Mare Amico

Un solo impianto per oltre seicento frantoi siciliani – secondo i dati Agea, Agenzia nazionale per le erogazioni in agricoltura – “non è molto”, riconosce Lombardo. Per questo Mare Amico Agrigento ha sviluppato una proposta. “Si potrebbe pensare a un sistema di raccolta come quello degli oli esausti, a carico delle aziende interessate a sfruttare il prodotto come fertilizzante o base per i cosmetici”. Nelle scorse settimane l’associazione ha illustrato la proposta agli agronomi agrigentini, ma l’intenzione è di sottoporla al nuovo assessore regionale all’Agricoltura Luca Sammartino, che è anche vicepresidente della Regione, affinché diventi una legge. “Dobbiamo evitare che il disastro dei fiumi neri si ripeta, per salvaguardare l’ambiente e dare un valore a un prodotto trattato come un rifiuto, ma che invece potrebbe essere una risorsa”, conclude Lombardo.

- Pubblicità -
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci (Catania, 1992), è giornalista e scrittore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

DELLO STESSO AUTORE

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Iscriviti alla newsletter

Social

21,128FansMi piace
511FollowerSegui
356FollowerSegui
- Pubblicità -

Ultimi Articoli