Se il matrimonio tra Crias e Ircac “s’ha da fare”, che ci sia almeno la “separazione dei beni”. Non solo. Irca, il nuovo ente per il sostegno alle imprese siciliane – nato dall’unione tra gli enti per il credito agevolato agli artigiani e alle cooperative – deve lavorare “senza le lacune del passato”. Sono le parole di Pietro Giglione, segretario di Cna Sicilia, la confederazione degli artigiani, che a FocuSicilia non nasconde le sue preoccupazioni a proposito della fusione tra i due enti avviata nel 2018 dal governo Musumeci. Un’operazione inizialmente del tutto contestata dall’associazione, poi accettata dopo un serrato confronto nel quale è stata chiesta, tra l’altro, la gestione separata dei fondi economici degli enti. Oggi tutto è in una situazione di stallo. “La presidenza ha nominato i componenti del Consiglio di amministrazione, che dovranno passare al vaglio dell’assemblea regionale siciliana”, spiega Giglione. I problemi però, sono legati alla tempistica. “È quasi finita la legislatura, e ancora la nuova società non nasce”.
Un “contratto matrimoniale”
La fusione è partita in salita sin dall’inizio, viste le grandi differenze tra i due enti per il credito agevolato. “Crias e Ircac hanno storie molto diverse, a partire dalle fonti di finanziamento e dalle modalità di gestione”, ricorda Giglione. Per questo una delle condizioni poste dalla Cna per accettare l’unione è il mantenimento di casse separate “con una mappatura precisa dei due soggetti che si uniranno”. Ciò che per i lavoratori del settore è particolarmente importante è la verifica dei finanziamenti già in essere, “in modo da non recare danno agli artigiani e alle cooperative interessate”. E ancora, Cna ha chiesto di svincolare il nuovo soggetto dalla legge 118 del 2011, con la quale gli istituti per il credito sono passati dalla contabilità economico-patrimoniale a quella puramente finanziaria. Fuori dal burocratese, hanno cominciato a funzionare come banche, con tutte le conseguenze del caso per chi chieda un finanziamento.
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“Evitare errori del passato”
Per Giglione “i fondi devono essere liberati da questi vincoli, e rimpinguati con soldi freschi”. Promette dunque che l’associazione “vigilerà attentamente” sull’operazione, perché il nuovo soggetto possa essere una risorsa per le imprese. “Un tempo, chi apriva un’attività artigiana in Sicilia sapeva di poter contare sull’aiuto della Crias. Dovrà essere così anche con il nuovo ente”. La fusione, aggiunge, “dovrebbe essere finalizzata entro l’anno, cosa che sarebbe possibile se ci fosse la volontà politica”. Dopo la verifica dei membri del Cda, il prossimo passaggio è la convocazione del consiglio direttivo per la scrittura del nuovo statuto. “Per noi la priorità è che finalmente si parta, ma che lo si faccia bene, se necessario con l’intervento del Parlamento regionale”. L’errore da evitare, ribadisce Giglione, è che il nuovo soggetto “debba fare i conti con le lacune di Ircac e Crias”.
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Le difficoltà dell’Ente
La Cassa regionale per il credito alle imprese artigiane, nata nel 1954, secondo Cna non ha solo problemi alle spalle. Le risorse, messe a disposizione dalla Regione, sono state gestite attraverso un fondo di rotazione, retto sull’equilibrio tra rientri di capitale e nuovi finanziamenti. “Nell’ultimo decennio il ritmo di erogazione è stato di 75/80 milioni di euro ogni anno”. Numeri consistenti, che però non hanno mai allontanato lo spettro del default. Ciclicamente, la società ha dovuto fare i conti con ritardi nelle erogazioni per mancanza di fondi. A complicare le cose, come afferma Giglione, anche il passaggio dal regime contabile a quello finanziario. “Con il nuovo sistema chi chiede un finanziamento deve attivare un bilancio di previsione, con tutto ciò che ne consegue, anche sulla tempistica. Crias sta ancora smaltendo domande di credito d’esercizio presentate a marzo 2020”. L’anno della pandemia, che ha portato un ulteriore peggioramento nei risultati operativi dell’ente.
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Il peso della pandemia
Il motivo è semplice. Molte imprese hanno aderito alla moratoria sui prestiti messa in campo dalla Regione. Le somme erogate non sono dunque tornate indietro, di fatto impoverendo il fondo di rotazione. Un cane che si morde la coda, e che ha portato a una consistente riduzione delle erogazioni. “Nel 2020 siamo passati da 75 milioni di euro a circa 21”, quantifica Giglione. L’associazione ha lavorato con il governo Musumeci per sbloccare nuove risorse, come i 40 milioni del Fondo per la ripresa. “Peccato che, poco prima di pubblicare il bando, la Regione abbia voluto verificare se ci fossero altri enti, oltre a Crias, che potessero gestire queste somme”, spiega Giglione. Un tentativo senza risultati, che Cna ha contestato vivacemente e che ha comportato ulteriori ritardi. Salvo nuove sorprese, “il bando dovrebbe essere pubblicato entro la prossima settimana”.
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Troppi fondi (s)bloccati
Un altro capitolo riguarda i Fondi decentrati del ministero del Tesoro, destinati all’imprenditoria siciliana. “Parliamo di 37 milioni di euro, bloccati per una burocrazia assurda”, dice Giglione. Cna Sicilia ha protestato in tutte le sedi, arrivando allo sblocco della prima tranche, già trasferita alla Regione. Denari che rappresentano “una boccata d’ossigeno per le imprese”, considerati anche i ritardi nell’erogazione dei ristori da parte del governo nazionale. E ancora, ci sarebbero otto milioni di euro del Fondo Sicilia, annunciati dall’assessore regionale all’Economia Armao. Somme rimaste boccate in attesa della dichiarazione della Crias come società “in house” della Regione. “Questo tassello è andato a posto, dunque anche queste risorse dovrebbero essere liberate presto”.
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Le opportunità del Pnrr
In conclusione, il segretario tocca anche il tema del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La posizione della Cna siciliana “è di grande entusiasmo e fiducia nella ripartenza”. Gli investimenti messi in campo dall’Unione europea “possono essere paragonati a quelli del piano Marshall”. La piccola e media impresa, dice Giglione, sarà un attore fondamentale della ripresa. “Per questo non abbiamo gradito l’intervento del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per il quale le pmi sarebbero una zavorra per il Paese”. Per Giglione è esattamente il contrario. “Il 96 per cento del tessuto produttivo nasce da queste imprese, che necessitano di essere accompagnate giorno dopo giorno”.