Quasi 800 ettari di terreni sotto osservazione nelle aree del petrolchimico di Gela, oltre un quarto dichiaratamente inquinati, poco più di 17 ettari dove si cominceranno a vedere concretamente nuovi interventi di bonifica. L’iter burocratico va verso la conclusione e i lavori potrebbero iniziare presto per le prime 16 particelle, delle quali si discuterà il 13 luglio in una “videoconferenza” dei servizi alla quale prenderanno parte tutte le tante istituzioni interessate: dal ministero dell’Ambiente a quello dello Sviluppo economico, dalla Regione agli enti territoriali, all’Arpa, all’Ispra. Riuniti telematicamente, dovranno raccogliere l‘autorizzazione paesaggistica della Sovrintendenza ai beni culturali di Caltanissetta, uno screening di incidenza ambientale da parte del Comune di Gela, oltre ad autorizzazioni da parte del Libero Consorzio comunale di Caltanissetta per concludere formalmente il procedimento di “messa in sicurezza operativa del terreni di proprietà della Raffineria di Gela“, 175 mila metri quadri inquinati, al centro di un’analisi di rischio approvata nel 2021 e sulla quale si svolse nel dicembre 2022 l’ultima, in ordine di tempo, conferenza di servizi.
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Terreni e falde, nessuna bonifica certificata
I terreni potenzialmente contaminati nel Sin di Gela hanno un’estensione di 440 ettari, secondo l’ultimo monitoraggio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Direzione generale uso sostenibile del suolo e delle risorse idriche), che a dicembre 2022 ha aggiornato le proprio mappe: 233 ettari le aree effettivamente contaminate (altre 440 “potenzialmente contaminate”), 102 ettari con progetti di bonifica approvati, nessun area ancora bonificata con certificazione. Stessa proporzione per la bonifica delle falde acquifere: in 426 ettari ci sono progetti di bonifica approvati, ma non risultano ancora aree bonificate con tanto di certificazione. Le istruttorie procedono, molti progetti ci sono, ma gli interventi devono partire. A Gela per esempio sono stati finanziati gli interventi per la messa in sicurezza della discarica industriale dismessa di Marabusca, quattro ettari di terreni tra i siti più pericolosi per l’elevata contaminazione: ci sono risorse per 13,5 milioni di euro. Anche per la Riserva naturale orientata del Biviere sono state destinate risorse per 25 milioni di euro attraverso le misure per la bonifica dei “siti orfani”. Ma le risorse necessarie sono molte di più e gli interventi molto complessi.

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Le bonifiche attendono, le malattie no
Nel corso di una recente assemblea generale della Filctem-Cgil della provincia di Caltanissetta, il segretario Rosario Catalano ha ricordato tra le priorità dello sviluppo anche la bonifica delle aree industriali inquinate e dismesse. Dopo la conversione del petrolchimico in bioraffineria nel 2019, i nodi del futuro industriale restano tutti da sciogliere. Quello che invece è chiarissimo è l’effetto che l’industria ha avuto sulla salute: lo certifica per esempio l’ultimo Rapporto Sentieri, lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, che analizza periodicamente la situazione nei Sin e a Gela ancora si registra un tasso di mortalità prematura per malattie croniche più alto dell’1,2 per cento rispetto al resto della Sicilia, mortalità in eccesso in entrambi in generi e per tutti i tumori maligni. Uno studio dell’Istituto superiore di Sanità in collaborazione con l’assessorato regionale della Salute, dimostra molteplici eccessi di rischio sia tra gli operai che tra i residenti a Gela per il tumore del polmone e per le malattie urinarie, patologie in qualche modo associabili ai contaminanti presenti nel contesto sia occupazionale che residenziale.