Obiettivo raggiunto: la Sicilia ha programmato la spesa dei fondi europei nella quota prevista. Un traguardo possibile solo a pochi giorni dal termine dell’anno e grazie a un’accordo raggiunto tra il governo regionale e il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, per la riprogrammazione di un totale di un miliardo e 300 milioni. Somme, di fatto, dirottate dalle iniziali linee di intervento previste dall’Europa all’emergenza Covid-19. Ma l’ultimo – sulla carta almeno – anno della programmazione 2014-2020, non è stato diverso dai precedenti. Nel 2019 lo stesso ministro Provenzano ammoniva il governo regionale guidato da Nello Musumeci di affrettarsi nella definizione dei fondi, perché “a rischio“. Ma l’allarme, con l’Isola che ha speso poco più di un terzo di quanto affidato dal Bilancio europeo, ovvero 1 miliardo e 863 milioni di euro sui cinque combinati dei programmi Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), ed Fse (Fondo sociale europeo), sembra eccessivo. La percentuale di impegno dei fondi, non solo nel 2020, è perfettamente in linea con quella nazionale.
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Fesr ed Fse: spesa della Sicilia nella media
Secondo i dati diffusi dall’Agenzia per la Coesione territoriale, il totale della spesa certificata in Sicilia, con richiesta di pagamento, per i fondi del programma operativo Fesr al 31 dicembre 2020 era pari a un miliardo e 580 milioni di euro, il 37 per cento dell’ammontare complessivo del fondo destinato alla Sicilia di 4 miliardi e 273 milioni. La cifra scende a un miliardo e 335 milioni (il 31 per cento) se si elimina dal computo il co-finanziamento obbligatorio. Per quanto riguarda Fse la spesa certificata è 283 su un totale di 820 milioni, il 34,5 per cento, che scende al 28,7 (191 milioni) se si non si considera il cofinanziamento. Con oltre il 36 per cento di spesa effettuata (il 30,85 senza considerare il cofinanziamento), per la somma entrambi i fondi la Sicilia è perfettamente in linea con la media nazionale, che nel totale di tutti i programmi operativi, non solo regionali, finanziati da Fesr ed Fse, vede su un complessivo di 50 miliardi e 514 milioni di euro una spesa certificata totale di 21 miliardi e 272 milioni, il 42 per cento. Di questi però solo 15 miliardi e 321 milioni sono fondi comunitari, con una percentuale del 30,33.
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La Sicilia meglio di Campania e Sardegna
Fra le regioni italiane le uniche con una dotazione paragonabile a quella della Sicilia – che arriva un decimo del totale nazionale – sono le altre contrassegnate dall’Unionne europea come “obiettivo 1”, ovvero Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sardegna. Le sei regioni, rispondendo al criterio di un pil procapite inferiore al 75 per cento di quello medio dell’intera Unione negli ultimi tre anni, hanno tutte avuto una dotazione superiore alla media italiana, sia per quanto riguarda i Fondi Fesr che Fse. E nella classifica delle più virtuose, il primato va alla Puglia, capace di raggiungere il 72,9 per cento di spesa totale certificata, ovvero 3 miliardi e 232 milioni di euro su un totale di 4 miliardi e 450 milioni. Segue la Basilicata, con una spesa totale di 364 milioni a fronte degli 840 dei Po Fesr ed Fse, mentre la Calabria raggiunge il 39 per cento (887 milioni su 2 miliardi e 260). La Sicilia (36,59 per cento), fa meglio di Campania (36,03 per cento di 4,950 miliardi) e Sardegna (34,37 per cento di 1,375 miliardi), ma anche in questo caso non è una novità. Anche nel 2019, con il 27,6 per cento di spesa già programmata, l’Isola aveva superato Campania (26,7) e Sardegna (appena il 17,45), venendo sorpassata da Puglia (43,4 per cento), Basilicata (32,77) e Calabria (30,88).