I Giudici tributari non togati chiedono più diritti. Il “terremoto” di Angit

Sono giudici, arruolati nel pubblico ufficio “a tempo indeterminato”, dopo aver vinto un concorso. Ma pur non essendo onorari svolgono le loro mansioni con pagamento a cottimo, in base al numero di atti depositati. “Tutto senza una valutazione dell’importanza e qualità del lavoro svolto, che incide direttamente sulla vita delle persone già quando si riceve una cartella esattoriale”. Parole di Francesco Lucifora, avvocato e da oltre trent’anni Giudice tributario, attualmente consigliere del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria. Un professionista dunque, che non viene dalla magistratura e che ha raggiunto il massimo ruolo possibile per l’attuale ordinamento, ovvero quello di vicepresidente della Commissione tributaria, precisamente di Catania. Da due mesi ha fondato insieme a decine di giudici tributari italiani provenienti dal mondo delle professioni l’Associazione Nazionale Giudici Tributari (Angit). Si tratta della terza grande associazione nazionale, che si affianca alle due storiche, composte anche da togati, che sono Amt (Associazione magistrati tributari), associazione di cui è stato dirigente per oltre dieci anni, e Ugt (Unione giudici tributari). L’obiettivo è quello di arrivare a una riforma ordinamentale che dia una pari dignità al lavoro svolto, con una reale retribuzione fissa a cui magar affiancare dei premi di produttività. “La nostra nascita è stata un terremoto nel settore iperspecialistico, e speriamo di arrivare all’obiettivo, ovvero una giustizia professionale a tempo pieno e con rapporto di lavoro di pubblico impiego esclusivo”, spiega Lucifora. Angit tra i suoi organi dirigenti conta una preponderante presenza siciliana. Ad affiancare Lucifora sono infatti il dottore Maurizio Attinelli, giudice della Commissione tributaria della Sicilia e presidente dei Commercialisti Ragusani, e l’avvocato Maria Gabriella Giacoponello, Vice presidente della Commissione tributaria di Messina. “Siamo quasi tutti fuoriusciti dalle altre due principali organizzazioni, e Angit ha già un respiro nazionale contando soci dalla Valle D’Aosta alla Puglia passando per la Lombardia”, precisa Lucifora. Leggi anche –Giustizia, Caltanissetta è il tribunale più caro d’Italia Il compenso per ogni singolo ricorso definito è a oggi di circa cento euro, con variazioni di poche decine di euro in base ad alcuni parametri come l’impegno fuori sede, e invariato per atti riguardanti cartelle da poche decine di euro o contenziosi milionari. Cifre a cottimo a cui si aggiunge un fisso di poco superiore ai 300 euro. Ma, spiega Lucifora “Non si tratta solo di questioni economiche. Chi è giudice tributario, dopo aver vinto un concorso, lo è a vita, fino ai 75 anni. C’è soprattutto un limitazione di funzioni, dato che gli incarichi direttivi sono appannaggio solo di chi proviene dalla magistratura”. E l’impegno massimo consentito a un Giudice tributario proveniente dal mondo delle professioni “è quello di vice presidente si commissione, e la presidenza di una sezione”. Un tema quanto mai attuale anche nel dibattito parlamentare, con almeno “cinque proposte di riforma di iniziativa parlamentare nell’ultima legislatura”. Un tema su cui è anche stata costituita una commissione interministeriale tra i ministeri dell’Economia e della Giustizia, e che nei suoi atti conclusivi ha evidenziato “l’interesse del governo a trattare la materia. Ora si tratta di fare una scelta politica”. Leggi anche –Catania, pronta la gara per la Cittadella giudiziaria. Opera da 40 milioni di euro Al momento, prosegue Lucifora, le conclusioni della commissione speciale sul tavolo del governo, ma con due orientamenti opposti. “Nel primo, sostenuto da Amt e Ugt, si chiede sostanzialmente di non cambiare nulla del sistema attuale. L’altra istanza va invece nella direzione da noi richiesta, ovvero una riforma”. E, precisa, “riforma ordinamentale, e non processuale”. Del resto la Giustizia tributaria, “funziona già in maniera virtuosa, grazie all’impianto dato dal Decreto legislativo 546 del 1992, ma merita una ristrutturazione”. Ristrutturazione che potrebbe arrivare a breve, con una possibile applicazione “già all’interno di un collegato alla Legge finanziaria”. La tempistica, condivisa ampiamente anche dalle commissioni parlamentari Finanze di Camera e Senato, è quella di “affidare al governo una legge delega che sintetizzi i diversi orientamenti emersi dal lavoro interministeriale sulla riforma”. Passata questa finestra temporale, potrebbe essere tardi: “Se ne riparlerebbe probabilmente tra un anno, ma con in mezzo una elezione del presidente della Repubblica e una riforma del sistema bicamerale da applicare”, conclude il presidente di Angit Francesco Lucifora.