fbpx

Il “Recovery Fund” che non c’è: Next Generation Eu non è una miniera d’oro

Il nuovo dispositivo di ripresa dell’Unione europea, definito erroneamente come ‘Recovery Fund’, non è un pacchetto di stimolo e richiede riforme strutturali nel quadro del controverso Semestre Europeo.

Si fa un gran parlare di Recovery Fund in questi giorni. “Recovery Fund, ecco il piano italiano” titola Agi. “Recovery Fund. Lo studio: istruzione e sanità le priorità dei cittadini” scrive Repubblica. Dato lo spazio esiguo riservato dai giornali italiani alle tematiche europee, non si dovrebbe troppo sottilizzare quando queste ultime occupano le prime pagine.

Il “Recovery Fund” non esiste

Il problema è che un vero e proprio ‘Recovery Fund’ europeo non è mai stato approvato, né a Bruxelles né altrove. “Io forse ho sintetizzato qualche concetto ma la sostanza è quella” risponderebbe probabilmente ogni buon titolista e giornalista, contribuendo a un’involontaria e maldestra citazione di Palombella Rossa. Per pensare bene e soprattutto vivere bene occorre usare le parole giuste – affermava Apicella/Moretti nella famosa scena cult.

Leggi anche – Perché il Covid-19 è una sfida europea (e non solo)

Il “Dispositivo per la ripresa e la resilienza”

Proviamo a spiegare. Quello che la stampa italiana ha definito ‘Recovery Fund’ è, in termini ufficiali, il ‘Recovery and Resilience Facility’, vale a dire il ‘Dispositivo per la ripresa e la resilienza’ (sempre lei), il pilastro centrale del cosiddetto Next Generation Eu, lo strumento europeo dal valore totale di 750 miliardi di euro e la vera novità nei meccanismi di finanziamento europei.

Il Next Generation Eu distinto dal bilancio

Benché la loro negoziazione sia avvenuta contenstualmente, il Next Generation Eu va tenuto distinto dal Bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027. Se il secondo continua a svolgere le funzioni già esistenti – ad esempio il finanziamento di Erasmus Plus e Horizon Europe, nonché i fondi strutturali – il Next Generation EU avrà due obiettivi distinti: da una parte fornirà ulteriori risorse ai programmi già esistenti (ad esempio sviluppo regionale e coesione); dall’altra supporterà le riforme e gli investimenti degli Stati membri allo scopo di attenuare le conseguenze sociali ed economiche della pandemia da Covid-19.

Leggi anche – I fondi Ue al termine del 2014-2020: la Sicilia non è in ritardo

Prestiti sui mercati finanziari

Il meccanismo di sostegno del Next Generation Eu è la grande novità dell’epoca poiché permetterà alla Commissione, per la prima volta nella storia, di contrarre prestiti sui mercati finanziari per conto dei 27 stati membri. Tale meccanismo favorirà sovvenzioni a costi più favorevoli rispetto a molti Stati membri e per un valore totale di 360 miliardi di Euro. Tutto qui? Non esattamente, perché il Dispositivo per la ripresa e la resilienza sarà inquadrato all’interno del discusso Semestre Europeo, il principale strumento dell’UE per il coordinamento delle politiche economiche nazionali. Ogni stato membro dovrà preparare e approvare un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – proprio il documento che il Governo ha recentemente approvato e non senza il solito vespaio di polemiche. Il Pnrr, programma di investimenti da inviare alla Commissione Europea, deve rispondere alle raccomandazioni specifiche per paese presentate ogni anno dalla Commissione e adottate dal Consiglio.

Un adeguamento strutturale

Il Next Generation Eu, di cui il Pnrr è parte, non è insomma un pacchetto di stimolo ma piuttosto un ancorché generoso meccanismo di adeguamento strutturale, dove a dare le direttive saranno la Commissione e il Consiglio. Occorrono, in altre parole, promesse di riforme a lungo termine, quelle che l’economista Bini Smaghi ha richiamato in una recente intervista di Repubblica e a cui l’Italia, a ragione o a torto, ha sempre dimostrato una certa ritrosia. Il nuovo dispositivo non è insomma una miniera d’oro al quale attingere liberamente ma un dispositivo regolato da meccanismi ben precisi e che, per quanto controversi e criticabili, gli Stati membri hanno concordato dopo lunghe negoziazioni. Resta da vedere se, nel contesto sociale ed economico attuale, lo sforzo europeo in materia di ripresa sarà sufficiente per contenere le conseguenze a medio e lungo termine della pandemia.

Domenico Valenza
Domenico Valenza
Domenico Valenza è ricercatore di Studi Europei presso l’Università delle Nazioni Unite (UNU-CRIS) e l’Università di Ghent.

Dello stesso autore

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Iscriviti alla newsletter

Social

18,249FansMi piace
313FollowerSegui
374FollowerSegui
- Pubblicità -spot_img

Della stessa rubrica