“Resto al Sud” nasce nel 2017 per contrastare l’emorragia demografica che riguarda l’intero Paese e soprattutto le aree del Mezzogiorno. A volte ha anche contribuito al ritorno a casa di chi era già partito. “Si tratta per lo più di giovani preparati e dunque per i quali si è investito in formazione, i quali poi cercano di trovare fortuna altrove”, come afferma Gian Marco Verachi di Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell’Economia, che gestisce questa e altre misure. L’obiettivo di “Resto al Sud” è dunque quello di partecipare al contrasto di questo fenomeno con degli incentivi per chi intende avviare la propria attività d’impresa o che intende sviluppare l’esistente, nel caso di una startup. Purché la residenza sia nelle regioni meridionali quali Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia o dell’Italia centrale colpita dai terremoti del 2016/17. “E lo fa anche con una dotazione finanziaria rilevante di un miliardo e 250 milioni di euro”, afferma Verachi.
Come funziona
Una misura che piace molto ai siciliani considerando che l’Isola è la seconda in classifica tra quelle destinatarie. Per partecipare si può essere da soli o in team e avere dai 18 fino ai 55 anni di età, dato ampliato negli ultimi anni. C’è comunque la possibilità di aderire anche se si è superata la soglia massima purché i soci che non rispettano i requisiti rappresentino fino a un terzo del totale. Si può decidere di investire in ogni settore tranne agricoltura e commercio. Ad ogni socio può essere corrisposto un massimo di 50 mila euro per un tetto di finanziamento agevolabile di 200 mila euro. Della somma totale il 50 per cento va considerato a fondo perduto, la parte restante è erogata dalle banche che hanno aderito alla covenzione Invitalia e va restitiuta in otto anni. Non da subito però. A partire dal terzo anno d’avvio dell’attività e sostanzialmente a tasso zero perché “gli interessi li paga il soggetto gestore”. Non solo. “Con il decreto Rilancio del 2020 – aggiunge Verachi – ha introdotto un ulteriore contributo a valere sulla liquidità”. Si tratta di ulteriori 10 mila euro per socio fino a un massimo di 40 mila euro se in team, che vanno aggiunti all cifre già stanziate. Nel caso in cui ci sia un singolo a presentare la proposta d’impresa la cifra arriva a 15 mila euro in più a quanto stanziato precedentemente.
I numeri siciliani
In Sicilia la maggior parte delle attività, com’era prevedibile, punta per circa il 50 per cento sul turismo. Sono comunque interessati tutti i settorie in alcuni casi “le iniziative di prossimità sono state utili a ripopolare in termini post Covid i borghi dell’interno”. Non mancano poi iniziative d’avanguardia “molto avanzate dal punto di vista dell’innovazione tecnologica”. Degli oltre 22 mila progetti d’impresa presentati ne sono stati approvati più di otto mila e la Sicilia rappresenta una fetta del 16 per cento di questa domanda secondo i dati riferiti da Gian Marco Verachi di Invitalia. Si tratta di oltre 3500 progetti presentati. Numeri importanti dunque se consideriamo che il totale degli investimenti previsti è pari a oltre 1,5 miliardi e che per la sola Sicilia si traducono in 140 milioni di euro. Tanti altri sono in corso di verifica e approvazione. Ad oggi si è riusciti a creare un’opportunità di lavoro per oltre 4500 unità. Guardando alla localizzazione di queste nuove imprese legate alla misura “Resto al Sud” c’è una certa corrispondenza alla dimensione del territorio. È quindi Palermo la provincia più attiva “con circa il 30 per cento di questi dati”, afferma Verachi mentre Catania e Messina “si attestano intorno al 16 per cento”.
Errori da evitare e valore aggiunto
Per chi volesse accedere alla misura il suggerimento di Gian Marco Verachi è semplice: “non esistono formule magiche”. Ciò che occorre fare è prima di tutto mettersi in prima linea e informarsi attraverso i vari canali gratuiti di accompagnamento che Invitalia offre. Dai video sul sito web agli enti accreditati. Tutto a partire “dalle proprie competenze”. La fretta nel mettere giù il progetto o la decisione di farlo fare ad altri senza parteciparvi davvero sono assolutamente sconsigliate. Il rischio di fallimento aumenta. “Un progetto deve essere studiato nei minimi dettagli, deve anticipare la realtà e il mercato, che è complicato”, afferma il responsabile Invitalia. Semplicità e accuratezza nell’esporre il progetto, così come la scelta dei soci e delle loro competenze, le scelte dei fornitori, della sede, della struttura imprenditoriale sono gli elementi che fanno davvero fa la differenza. Serve poi resilienza nel gestire i flussi del mercato e sapere che “ogni scelta è una sfida”.