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Imprese, il Cura Italia non basta. “Lo Stato saldi i propri debiti”

Il credito che le imprese vantano nei confronti dello Stato supera i 25 miliardi del decreto anti Covid-19. E l'economista Marco Romano chiede un piano d'emergenza per "eseguire tutti i mandati di pagamento"

“Alle imprese non serve il credito d’imposta. Lo Stato e la Regione dovrebbero chiudere tutti i conti con le imprese mettendo in circolo quanto devono in arretrato”. Lo afferma Marco Romano, professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese dell’Università di Catania. Per il docente, sulla crisi dovuta all’emergenza sanitaria da coronavirus, al momento bisogna “ragionare sul comportamento d’impresa, non sui dati macroeconomici: le imprese hanno bisogno di liquidità”. In un momento in cui le attività sono state costrette a chiudere “ci vorrebbe una task force come per la Sanità, una sorta di Protezione civile dedicata ad eseguire i mandati di pagamento, dalle fatture non saldate dalla Pubblica amministrazione ai privati agli anticipi Iva. Distribuire quello che è dovuto per dare ossigeno”.

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Cura Italia: manca attenzione alla continuità aziendale

Secondo gli ultimi dati riportati dal ministero dell’Economia e delle Finanze, relativi ai priimi tre trimestri 2018, il tempo medio di pagamento delle fatture delle pubbliche amministrazioni era di 55 giorni. Quello della Regione Siciliana di 61. Tempi lunghi che, lo scorso 28 gennaio, sono stati certificati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in un momento nel quale, sempre dalla documentazione fornita dalla piattaforma Mef, si evincono pagamenti non saldati per almeno 27 miliardi. “C’è una misura che consente di tenere la continuità aziendale? Il governo si è posto il problema del funzionamento delle imprese in diversi settori? Qual buffer di cash ha una impresa per sopravvivere? Ci sono alcuni che hanno rigidità tra costi fissi e variabili, e aziende che hanno voci di costo in leasing importanti ma pochi dipendenti. E non sappiamo se, ad esempio, grandi istituti come Unicredit leasing, Banca Intesa o Deutsche Bank siano disposte a dilazionare i pagamenti”, commenta Romano in relazione agli aiuti decisi con il decreto Cura Italia. Il Dpcm, che ha stanziato risorse per 25 miliardi di euro, prevede uno stop ai mutui e agli altri pagamenti rateali fino al 30 settembre, oltre alle misure legate alla cassa integrazione per i dipendenti. Termine che potrebbe non bastare. “L’esempio, banale, è quello di un artigiano che ha anche solo un furgone. Se non ho i soldi per pagare l’affitto o le bollette ho chiuso definitivamente, con tutto quello che ne consegue per lo Stato in futuro anche per i costi dei fallimenti. Alla fine lo Stato pagherà sempre”, spiega il docente.

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“La chiusura porta a un rischio di sperequazione”

Romano commenta anche la analisi Istat relativa alla crisi, realizzata su richiesta della commissione Bilancio del Senato: la Sicilia, tenendo in considerazione i codici Ateco delle imprese chiuse per decreto, ha una percentuale di lavoratori attivi pari al 75 per cento del totale. Mentre la perdita di fatturato è pari al 28 per cento. “Al momento, a fronte di una crescita dei gettiti della grande distribuzione organizzata, non vediamo ancora gli effetti del contrarsi dei redditi. Ma fra sei mesi la piccola industria, il negozio, il ristorante o la parrucchiera chiusi potrebbero portare a una sperequazione di cui si risentirà”, spiega il docente. E il problema non si risolve “con aiuti che sostituiscono il reddito anche all’80 per cento per le imprese”, che spesso hanno altri costi che incidono ben più del lavoro. In più “come è stato sottolineato dal ministro Provenzano, qui c’è una forte percentuale di lavoro nero”, ricorda Romano, “e se modifichiamo la struttura delle attività che si svolgono sul nostro territorio, rischiamo di non poter ripristinare, quando tutto sarà finito, anche i servizi turistici, molto importanti per il nostro contesto”. Motivi per i quali Romano vede l’idea di costituire una task force di emergenza per i pagamenti arretrati da parte della Pubblica amministrazione come qualcosa di concretamente attuabile. “Immetteremmo liquidità con quanto dovuto, non con aiuti, da destinare a chi è stato danneggiato”. E quanto alle modalità per mettere in circolo una grande quantità di denaro, “i metodi ci sono, e vengono già usati in parte da Invitalia per alcuni anticipi. E si possono sempre usare strumenti finanziari con garanzia dello Stato”, conclude il professore Romano.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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