In Sicilia si verificano ogni giorno ben 36 incidenti sul lavoro, il 50 per cento in più dell’anno scorso, e nel giro di nove mesi sono morte 49 persone. Sempre in Sicilia, ci sono solamente 63 ispettori del lavoro, non è stata recepita la riforma del settore che ha istituito l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) e resta in sospeso il protocollo d’intesa della Regione per impiegare ispettori dell’Inl vincitori del concorso statale. Nell’attesa, gli ultimi dati Inail certificano un dramma: tra gennaio a settembre di quest’anno ci sono stati 25.789 infortuni sul lavoro, 8.661 in più rispetto allo stesso periodo del 2021. A voler considerare solo gli infortuni verificatisi sul luogo di lavoro, e non quelli “in itinere”, ovvero durante gli spostamenti casa-lavoro, si passa dai 14.486 del 2021 ai 23.128 di quest’anno, con una crescita del 55 per cento, contro una percentuale a livello nazionale che è ‘solo’ del 35 per cento. Tra i settori economici dell’Isola più colpiti dagli infortuni, al primo posto ci sono sanità e assistenza sociale, con 4.261 casi, poi trasporto e magazzinaggio (3.878 casi) e le costruzioni, con 1.226 casi.


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Lucchesi (Cgil): “Un quadro disarmante”
“Questo ennesimo rapporto – commenta Francesco Lucchesi, segretario regionale Cgil Sicilia – conferma quanto già avevamo monitorato nei mesi precedenti: è lapalissiamo un aumento di più del 50 per cento degli infortuni sul lavoro. Se contiamo ottobre, anche il 55 per cento in più. Disgraziatamente anche il numero delle morti, 49, è superiore al numero delle morti nel 2021. Il quadro è disarmante”. La differenza potrebbero farla i controlli all’interno delle aziende. Ma nella nostra Isola non è stata recepita la riforma nazionale del lavoro del 2015 e quindi non ci sono ispettori dell’Inl. Né la Regione ha destinato risorse per assumerne di propri. Tuttavia, il 4 agosto scorso è stato siglato un protocollo d’intesa con il ministero del Lavoro – sottoscritto dall’ex assessore regionale Scavone – per avvalersi del personale dell’Inl, che avrebbe potuto inviare nell’Isola i propri vincitori di concorso, i siciliani che su base volontaria avrebbero potuto scegliere di lavorare anche in Sicilia. Un percorso che però non è ancora stato completato.

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In Sicilia ci sono “solo 63 ispettori del lavoro”
L’opportunità avrebbe una duplice funzione: potenziare il numero di ispettori e far lavorare i siciliani nella propria Isola. “Il vincitore di concorso siciliano assunto da Inl – spiega Lucchesi – se vuole, può decidere di svolgere il ruolo di ispettore anche in Sicilia. Le risorse necessarie per sostenere il sistema saranno il frutto delle ispezioni messe in campo e delle eventuali multe. Ma il protocollo rimane lettera morta. Mancano i decreti attuativi affinché il protocollo possa assolvere alla funzione per la quale è stato sottoscritto. Questa è infatti la prima richiesta che faremo al prossimo assessore regionale al Lavoro. Più ispettori non risolveranno del tutto il il problema, ma sicuramente saranno un elemento in più, a fronte dei 63 attualmente in servizio in tutta la Regione, per ridurre infortuni e morti sul lavoro”. Il protocollo d’intesa con Inl resta quindi un elemento centrale per intensificare i controlli nelle aziende e, alla luce di dati così gravi, non potrà che essere una priorità per il nuovo assessore che farà parte della giunta del presidente Schifani, di cui proprio oggi si dovrebbe avere l’ufficialità.

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Le norme di sicurezza vengono sottovalutate
L’Inail ha destinato 900 mila euro alla Sicilia (parte di 14 milioni di euro in tutta Italia) per la formazione aziendale finalizzata alla prevenzione degli infortuni. Per Lucchesi, “la cultura della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro si deve sviluppare anche a partire dalla giovane età e a partire dalla scuola”, perché “il caschetto e le scarpe di sicurezza non sono un’appendice, ma elementi che possono salvare la vita”. Per il sindacalista, una spinta molto determinata deve arrivare anche dai lavoratori, “perché se così fosse – aggiunge – le aziende sarebbero maggiormente portate ad applicare le norme di sicurezza, senza risparmiare su spese che non possono essere compresse, perché riguardano la vita dei lavoratori”. Tuttavia, tra l’inflazione, i costi che aumentano e i ricavi che vengono aggrediti dalla crisi, si cerca di ridurre le spese anche per quanto riguarda i dispositivi di salute e sicurezza, “come i caschetti nell’edilizia o le ore di riposo nei campi durante le ore più calde”, ricorda Lucchesi, e le aziende “sapendo perfettamente che è difficile possano esserci controlli, eludono o sottovalutano le norme di sicurezza nei luoghi di lavoro mettendo a rischio l’incolumità e la vita dei propri dipendenti e dei propri operai”.