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Le imprese estere credono nell’Italia. Ey: il 48 per cento è pronto a investire

Nel 2020 gli investimenti stranieri sono cresciuti di cinque punti, malgrado la pandemia. La quota di mercato italiana è ancora ridotta, ma per il futuro prevale l'ottimismo

L’attrattività del “Sistema Italia” si rafforza nonostante la pandemia. Nel 2020 il numero di iniziative degli investimenti diretti esteri (“Ide”) è cresciuto di cinque punti percentuali rispetto all’anno precedente ed il 48 per cento dei manager internazionali si dichiara pronto ad espandere le proprie attività nel nostro Paese. Al netto della fiducia crescente, restano però marcate disparità territoriali specialmente tra il Meridione ed il resto della Penisola. È questo lo scenario delineato dall’Ey Europe Attractiveness Survey, studio che analizza l’andamento degli investimenti esteri in Europa e che sonda le percezioni dei player internazionali con l’obiettivo di indagare quale sia il livello di attrattività di ciascun Paese.

Italia meglio dei partner

Nel 2020 l’Italia è stata tra le nazioni più duramente colpite dall’emergenza Covid-19, eppure si scopre essere uno dei pochi Stati europei ad aver registrato una crescita del numero degli Ide rispetto al 2019. A fronte di un calo complessivo del 13 per cento a livello europeo, il nostro Paese si dimostra in controtendenza e segna un rialzo di cinque punti percentuali per un totale di 113 nuovi progetti in programma. La quota di mercato resta comunque ancora limitata: l’Italia rappresenta infatti soltanto il due per cento degli investimenti diretti totali in Europa, piazzandosi al dodicesimo posto nella graduatoria con gli altri Paesi.

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I risultati degli altri Paesi

Ad aver registrato una battuta d’arresto decisa degli investimenti in imprese nazionali dall’estero sono stati in particolare Spagna (meno 27 per cento) e Paesi Bassi (meno 24 per cento) e Russia (meno 26 per cento), ma i risultati non sono stati incoraggianti neppure in Francia (meno 18 per cento), UK (meno 12 per cento), Germania (meno quattro per cento). Soffrono anche i Paesi dell’Europa centro-orientale con l’Ungheria che registra un calo vertiginoso del 54 per cento. Compiono invece un gran balzo in avanti Svizzera (più 25 per cento), Finlandia (più 23 per cento) e Turchia (più 18 per cento).

Risultati in controtendenza

“L’Italia è attrattiva. È riuscita ad esserlo nell’anno difficile del 2020, con una performance del più cinque per cento di progetti di investimento diretto estero annunciati e in fase di implementazione, in alcuni casi con un trend migliore di altre grandi economie europee, tra cui Regno Unito e Francia. Anno su anno, l’incremento dei progetti in Italia ha segnato uno stacco in parziale controtendenza rispetto alla media europea” ha dichiarato Massimo Antonelli, Amministratore delegato di Ey in Italia e managing partner dell’area Mediterranea, commentando i risultati dell’Ey Attractiveness survey.

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“Ricreare clima di fiducia”

“Se è vero che questo è un segnale positivo di ripresa, la porzione degli investimenti diretti esteri destinati al nostro Paese rimane comunque limitata”, prosegue Antonelli, “C’è necessità che le migliori risorse dell’Italia siano convogliate per rendere il Paese più attrattivo e competitivo a livello internazionale. Bisogna ricreare un clima generale di fiducia, soprattutto ora che le sfide del rilancio promosso tramite il Next generation Eu sono prossime, e avranno un impatto forte sulla competitività dell’Europa intera. Serve un esercizio collettivo da parte di istituzioni e aziende affinché questo segnale positivo sia stimolo alla crescita e possa diventare strutturale”.

“Valorizzare le eccellenze”

“Gli investitori esteri guardano all’Italia con fiducia rinnovata ed ottimismo. Il 60 per cento dei manager intervistati è infatti convinto che nei prossimi tre anni il Paese avrà migliorato la propria competitività a livello europeo, e quasi la metà si dichiara pronto a espandere le proprie attività sul nostro territorio” commenta Marco Daviddi, Mediterranean leader per l’area Strategy and transactions di Ey. “Una porzione rilevante di nuovi flussi d’investimento punta all’Italia per il proprio know-how tecnico e per la qualità del capitale umano. Occorre lavorare su questi aspetti per valorizzare le eccellenze del nostro Paese anche in ambiti a maggior valore aggiunto, tra cui ricerca e sviluppo, processi manifatturieri e relativi controlli qualità”.

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“Rafforzare la domanda interna”

“Le infrastrutture esistenti non sono viste come un limite agli investimenti, nonostante la disomogeneità di varie aree del Paese, che necessitano di investimenti per guadagnare competitività”, dice ancora Daviddi, “Rafforzare la domanda interna è un’ulteriore leva attivabile per consentire di attrarre più investimenti in futuro, con un conseguente impatto su occupazione e crescita. In Italia un’inversione del clima di fiducia di consumatori e imprese è stata rilevata anche da Istat, con un incremento osservato da febbraio scorso in avanti”.

I settori più attrattivi

Ad attrarre la fetta più grossa degli investimenti esteri in Italia nel 2020 sono il settore dei servizi alle imprese, cosiddetti “B2B” (13 per cento), e quello della progettazione di software e servizi It (12 per cento). Anche se quest’ultimo subisce una discesa di 5 punti rispetto al 2019. A crescere nell’anno della pandemia sono poi soprattutto il comparto logistica e wholesale (12 per cento), finanza (otto per cento) e farmaceutico (sette per cento). Mentre per il settore dei macchinari e attrezzatture industriali (cinque per cento) e per quello tessile (quattro per cento) nel 2020 si sono registrate le flessioni più marcate, trainate dal clima di incertezza durante i mesi di lockdown.

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Attenzione alle esigenze locali

Gli investimenti esteri destinati al nostro Paese sono in parte improntati al potenziamento della forza commerciale e del marketing (il 22 per cento dei progetti d’investimento in Italia). Questa tipologia di progettualità è finalizzata in primis a intercettare la domanda interna, con servizi e prodotti dedicati alle esigenze locali di consumo. Al contempo, tuttavia, crescono gli investimenti in funzioni a maggior valore aggiunto, volti a valorizzare il know-how tecnico e imprenditoriale nazionale, soprattutto in ambito di processi di produzione (19 per cento dei progetti) e ricerca e sviluppo (15 per cento).

Investimento da Usa e Francia

Senza troppe soprese, le risorse maggiori verso il nostro Paese arrivano dalle nazioni con maggiore prossimità e con cui l’Italia intrattiene da sempre solide relazioni commerciali. In testa alla classifica degli investimenti diretti esteri in Italia nel 2020 risultano infatti gli Stati Uniti (24 per cento), seguiti da Francia (16 per cento), Germania (12 per cento) e Regno Unito (nove per cento). Si posiziona invece più indietro la potenza cinese (quattro per cento), che sopravanza di poche lunghezze il Giappone (tre per cento). Si evidenzia come gli Ide non seguano una distribuzione omogenea sul territorio nazionale, essendo concentrati sulle regioni caratterizzate dalla presenza dei distretti industriali più innovativi (a titolo di esempio meccatronica, lusso e design, mobile, tessile, biomedicale), soprattutto nel Nord-Ovest (58 per cento degli Ide) e centro Italia (24 per cento).

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Attrattività e criticità

D’altro canto, si è puntato sui territori caratterizzati da infrastrutture, fisiche e digitali, più interconnesse e su aree densamente popolate, nelle quali si sono sviluppate le piattaforme logistiche, al servizio dell’omnicanalità. Nonostante l’attrattività dei numerosi comparti dell’economia, restano delle criticità da affrontare al fine di incrementare l’attrattività del Paese. In primis, una parziale incertezza a livello di regolamentazione, che viene indicata come questione più urgente dal 58 per cento degli intervistati. Tra le criticità evidenziate, si menziona poi un eccessivo carico burocratico per il business (55 per cento). Tagliare le tasse (29 per cento), supportare le piccole e medie imprese (28 per cento) e ridurre il costo del lavoro (28 per cento) sono le tre macro-aree d’intervento che, a detta dei manager intervistati, permetterebbero di dare una spinta decisiva alla competitività italiana.

Attenzione all’ambiente

È interessante notare come, restringendo il campo di analisi ai soli investitori che hanno già stabilito attività in Italia, alle priorità da affrontare si aggiungono il potenziamento delle policy di sostenibilità ambientale e transizione verde (35 per cento), rispetto al costo del lavoro e alla riduzione della tassazione, che non rientrano tra i primi obiettivi dell’agenda politico-economica del Paese. La metà dei manager intervistati pronta a investire Italia L’Italia rientra nei piani di espansione di quasi la metà dei manager intervistati. Il 48 per cento dei rispondenti della ricerca Ey si dice infatti pronto a stabilire o espandere le proprie attività nel Paese entro il prossimo anno.

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“Ottimismo e fiducia”

Prevale dunque un clima di ottimismo e fiducia sul futuro del sistema economico italiano per il 60 per cento: c’è infatti la convinzione diffusa che nei prossimi tre anni la sua attrattività si rafforzerà (42 per cento) o addirittura migliorerà in maniera considerevole (18 per cento). Del campione intervistato, la totalità delle aziende operante nel settore tecnologico e digitale sarebbe interessata a investire in Italia. Seguono i player delle telecomunicazioni (75 per cento), dell’energia (71 per cento) e dei servizi finanziari (70 per cento). Si mostrano più cauti invece coloro che operano nella manifattura avanzata (33 per cento) e nell’industria dei media e dell’intrattenimento (17 per cento).

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Business, Lavoro, Ambiente, Legalità e Sicurezza. FocuSicilia ha l'obiettivo di raccontare i numeri dell'isola più grande del Mediterraneo. Valorizzare il meglio e denunciare il peggio, la Sicilia dei successi e degli insuccessi. Un quotidiano che crede nello sviluppo sostenibile di una terra dalle grandi potenzialità, senza nasconderne i problemi.

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