Il sovraffollamento e l’età media dei detenuti, anch’essa in crescita, sono due fattori che combinati tra loro possono rendere estremamente difficili le condizioni di vita e di lavoro all’interno delle singole istituzioni carcerarie. Sono solo alcuni dei riferimenti del Rapporto Antigone, che per il 19esimo anno ha analizzato le condizioni di detenzione in tutte le regioni d’Italia, anche elaborando i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). Le persone con più di 50 anni rappresentavano il 29 per cento alla fine del 2022, rispetto al 17 per cento registrato dieci anni prima, nel 2011. Nel corso dello stesso periodo, gli individui di età superiore ai 70 anni sono raddoppiati, passando da 571 (uno per cento) a 1.117 (due per cento). Al contrario, la percentuale di persone di età inferiore ai 25 anni è diminuita dal dieci per cento al sei per cento. Per Antigone, “le conseguenze di questa tendenza sono prevedibili. Una popolazione detenuta più anziana richiede una maggiore assistenza sanitaria, una questione critica in quasi tutte le carceri italiane”. Non è di minore importanza il reinserimento sociale, viste le difficoltà del mercato del lavoro.

L’età media dei detenuti continua ad aumentare
Cresce in maniera preoccupante il numero dei detenuti nelle 189 carceri italiane: sono aumentati del 3,8 per cento nel corso di un anno, mentre la capienza teorica delle strutture è aumentata solo dello 0,8 per cento: i posti a disposizione sono 51.249, ma al 30 aprile gli ospiti erano 5.425 in più. Le donne rappresentavano il 4,4 per cento della popolazione carceraria (aumentate del nove per cento), gli stranieri il 31,3 per cento (aumentati del 3,6 per cento. Quelle in cui la popolazione carceraria è cresciuta maggiormente nell’ultimo anno sono il Trentino-Alto Adige (con un aumento dell’11,7 per cento), la Calabria (+ nove per cento) e il Lazio (+7,5 per cento). Il sovraffollamento raggiunge tuttavia livelli ancora più gravi se si considera che la capienza effettiva è inferiore a quella nominale, a causa dei posti non utilizzabili per problemi di agibilità: sono ben 3.646 a maggio 2023. Così, il tasso reale di affollamento medio sale al 119 per cento: un quinto in più del possibile. Percentuali che diventano insostenibili a Lucca (190 per cento, quasi il doppio della capienza ufficiale), Milano San Vittore (185 per cento) o Varese (179 per cento).
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Sfollare le strutture con pene residue alternative
Una possibilità per sfollare le strutture c’è, se si guarda ai tempi della pena residua scontata dai detenuti: al 31 dicembre 2022 c’erano 7.259 persone che avevano una pena residua inferiore a un anno, corrispondente al 18 per cento dei detenuti presenti. In totale, 20.753 persone avevano una pena residua inferiore a tre anni, rappresentando il 51,5 per cento dei detenuti definitivi. I tanti che si avvicinano alla fine della loro pena potrebbero beneficiare di alternative alla detenzione e l’associazione Antigone sottolinea come sia “urgente fare sforzi significativi per garantire che il loro ritorno in libertà sia un successo. Tuttavia, a causa della carenza di educatori nelle istituzioni, entrambi questi scenari sono molto difficili da realizzare”. Tra le tipologie di reato, la maggioranza dei detenuti si trova in prigione per reati contro il patrimonio (32.050), seguiti da quelli contro la persona (24.402) e violazioni della normativa sulle droghe (19.338). Altri reati, come quelli contro la pubblica amministrazione (9.302) e associazioni mafiose (9.068), presentano numeri più ridotti.

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Un quinto degli edifici risale a prima del 1900
Il team di Antigone, nel corso del 2022, ha visitato oltre la metà degli istituti penitenziari (97 su 189), monitorando di fatto circa il 63 per cento dei detenuti totali suddivisi tra 64 case circondariali, 22 case di reclusione, due istituti a custodia attenuata e l’Icam di Lauro. Spesso si tratta di edifici molto vecchi, a volte non agibili per intero (questo spiega i posti “non disponibili”) e che richiedono corposi interventi di manutenzione. Il 20 per cento degli edifici risulta costruito tra il 1900 e il 1950, mentre un altro 20 per cento risale addirittura a prima del 1900. In oltre un terzo degli istituti visitati (35 per cento), le celle non garantivano tre metri quadrati calpestabili per ogni detenuto, il che spiega i più di quattromila ricorsi annuali in Italia per condizioni di detenzione inumane e degradanti. Nel 12,4 per cento degli istituti, il riscaldamento non funzionava, nel 45,4 per cento mancava l’acqua calda nelle celle e nel 56,7 per cento mancava la doccia. Nel 30 per cento degli istituti visitati nel 2022 non c’erano spazi adeguati per lavorare, in tre istituti mancavano addirittura le aule scolastiche, nel 25,8 per cento non c’era un’area verde per i colloqui estivi e in molti istituti mancava una palestra o un campo sportivo.

