Il rapporto annuale dell’Istat 2023 mostra un Paese di anziani, con teste canute e bastoni per accompagnamento. Siamo la seconda nazione con la percentuale più alta di persone in età avanzata, dopo il Giappone, e abbiamo il primato in Europa. Questa è l’immagine demografica del Bel Paese. Una crisi che viene da lontano ma che dovrebbe far nascere interrogativi e domande crescenti.
Il record dei 22 mila ultracentenari
I dati, rilevati dall’Istat, sono impietosi: in Italia ci sono 1,24 figli per donna (il primo figlio, mediamente, dato alla luce a 32 anni), con i dati sul tasso di occupazione femminile che cambiano in base alla presenza o no di prole: il 58,3 per cento di occupazione femminile in presenza di figli, che sale al 74,9 per cento se non si è genitore. L’Istituto nazionale di statistica evidenzia l’esistenza di 22 mila ultracentenari, un record, 2.000 in più rispetto al 2022, con la presenza di 184 anziani ogni 100 giovani. Il Giappone è il nostro competitor in questa ‘gara’ demografica ribaltata. Il Paese del Sol Levante ‘vanta’ il 28 per cento di abitanti over 65, mentre l’Italia è al 24 per cento. Le previsioni per il futuro non sono rosee e dall’Istituto nazionale di statistica si prevede un forte aumento di “grandi” anziani nei prossimi anni. Si ipotizza che nel 2041 gli ultraottantenni supereranno sei milioni e gli ultranovantenni saranno, circa, 1.400.000 soggetti.
Il benessere aumenta con la qualità dei servizi
Se guardiamo SOTTOSOPRA, questa fotografia (in negativo), quello che viene fuori è un Paese che si sta avvolgendo in una grave spirale, con una prospettiva spezzata, che guarda indietro e investe poco sul capitale umano più importante, le nuove generazioni. Gli ultraottantenni sono il 7,7 per cento della popolazione. I nuovi nati, per il periodo considerato, sono sotto le 400 mila unita mentre i decessi superano le 700 mila. Questi dati in futuro potranno solo peggiorare se non si appronteranno politiche serie su natalità, crescita e anche, guardando oltre, su immigrazione e flussi migratori. L’Istat nel suo rapporto suggerisce, infatti, per iniziare a dare risposte alla crisi demografica, di migliorare le condizioni di benessere delle donne e dei giovani per incentivare la natalità, implementando il welfare attuale con servizi e aiuti specifici per le famiglie. La qualità dei servizi, come assunto basilare, per aumentare il benessere del Paese e, di conseguenza, il benessere delle nuove generazioni.