Materie prime critiche, un tesoro sotto la Sicilia. Ma sulle miniere ‘persi 40 anni’

Materie prime critiche, un tesoro sotto la Sicilia. Ma sulle miniere ‘persi 40 anni’

Tungsteno, molibdeno, antimonio.Ma anche lostronzio,l’elemento più famoso della tavola periodica per l’assonanza con un sostantivo volgare, in realtà preziosissimo perle nuove tecnologie, la metallurgia e la pirotecnica.Sono alcune dellematerie prime criticheche potrebbero trovarsi nelsottosuolo siciliano,e che il Governo punta a recuperare riaprendo le miniere. Al momento sono solo ipotesi, spiega aFocuSiciliaFiorenzo Fumanti,geologo dell’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale,nonché membro delTavolo tecnico sulle materie prime critichedal ministero delle Imprese e del Made in Italy. “Sicuramente il terreno siciliano, come quello italiano, può avere quantità significative di questi materiali, ma per sapere dove si trovano occorre unaggiornamento della ricerca mineraria“. La direzione in cui si va, conferma l’esperto, è lariapertura degli impiantisecondo criteri disostenibilità.“L’approvvigionamento delle materie primeè al centro delle agende politiche internazionali, e anche l’Unione europeaha emanato unregolamento. L’Italia deve adeguarsi, ma serve tempo, perchéabbiamo perso 40 anni“. Leggi anche –Marmo siciliano, il 75 per cento della produzione è destinato all’export Leminiere siciliane,che erano centinaia ed estraevano principalmente zolfo,furono chiuse negli anni Ottanta,essenzialmente per la loro anti economicità. “In quel periodo l’industria mineraria si ferma,non solo in Italia ma anche in altri Paesi europei”, spiega Fumanti. “Nello stesso periodo laCinacomincia ad accaparrarsi le materie prime critiche, inAsia, Africa, Sudamerica e Australia.Oggi ha il controllo di gran parte delle materie prime minerarie raggiungendo in alcuni casi, come per lagrafitee leterre rare,quasi ilmonopolionella produzione e nella raffinazione”. Una strategia che l’Europa, in una prima fase, ha assecondato. “L’estrazione e la lavorazione di questi materiali erano costose e inquinanti,quindi ci faceva comodo che se ne occupassero al posto nostro. Purtroppo, come per il gas russo, abbiamo sottovalutato leimplicazioni geopolitiche“. Dopo l’invasione dell’Ucrainal’Europa ha deciso di correre ai ripari con il Critical Raw Materials Act, approvato a inizio maggio 2024. “Questo regolamento prevede che da qui al 2030 i Paesi Ue raggiungano il10% di estrazione di materie prime strategiche,e che ne riciclino un ulteriore 25%. Inoltre dovranno dotarsi di impianti capaci di trattare almeno il 40% del fabbisogno europeo”. Leggi anche –Marmo siciliano, tavolo di Sicindustria Trapani per rilanciare il settore Da qui l’accelerazione impressa dal Governo italianosul tema. Nei giorni scorsi il ministro delle Imprese e del Made in ItalyAdolfo Ursoha annunciato “un decreto legge che ci consenta diriaprire le minieree, di conseguenza, permetta di estrarre dal sottosuololitio, cobalto, rame, argento, nichel, terre rare e manganese“. Le materie prime critiche in realtà sono molte di più, e sono contenute in un elenco redatto una prima volta nel 2011 e aggiornato nel 2023. “Nella prima versione erano 14, oggi siamo arrivati a 34,17 delle quali sono considerate di importanza strategica per l’Ue. Ma l’elenco è in continuo aggiornamento perché segue l’evoluzione dei mercati internazionali. Lozinco,per esempio, al momento non è inserito ma nel futuro sarà probabilmente consideratomateria prima critica“, anticipa Fumanti. Inoltre non è detto che una materia prima critica sia necessariamente rara. “Oggi viviamo una nuovacorsa al rame,elemento essenziale per tutte le reti di trasmissione e lenuove tecnologie.Un materiale che non è raro ed è anchericiclabile,ma il cui fabbisogno è talmente elevato cheil solo riciclo non sarà mai sufficientea soddisfare il fabbisogno”, sottolinea il geologo. Leggi anche –Gli architetti studiano il futuro delle cave di marmo nel trapanese La strada, insomma, è tracciata. Manon sarà né breve né semplice,dice l’esperto. “Serve una nuovaricerca mineraria nazionale di base,come ci impone il nuovo regolamento europeo, a partire dallarivalutazione dei vecchi siti minerari.Si dovranno poi rilasciare permessi di ricerca operativa e concessioni acompagnie nazionali ed anche estere,visto che in Italia l’industria mineraria si è quasi estinta”. Per agevolare questo processo ilCritical Raw Materials Actprevede agevolazioni e finanziamenti per le compagnie che decidono di investire in questo settore, secondo progetti che rispettino i parametri di sostenibilità ambientale e sociale. “Dobbiamo essere sicuri che le attività vengano svolte nei più rigidi criteri di protezione ambientale”, osserva il tecnico. Non si tratta dell’unico problema. “Perrimettere in piedi l’industria minerariaservono professionalità che oggi mancano,operai, ingegneri, geologispecializzati sul campo”. Anche su questo fronte, conclude Fumanti, l’Italia ha perso un patrimonio di decenni e non solo nella formazione universitaria. “Basti pensare che lequattro scuole minerarieesistenti in Italia – aCaltanissetta,Iglesiasin Sardegna,Agordoin Veneto eCarrarain Toscana – oggi si sono orientate verso altri indirizzi professionali. Occorrerecuperare queste competenzeal più presto, a partire dal perito minerario”.