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#MeToo Week, contro le molestie sessuali e la violenza di genere

Nella settimana del quarto anniversario di quello che è divenuto un movimento femminista mondiale una riflessione contro ogni violenza di Alice Garofalo di Unikore

La settimana tra il 15 e il 22 ottobre sarà il quarto anniversario dell’#MeToo (hastag me too) divenuto movimento femminista social. Nasce nel 2006 con Tarana Burke, attivista statunitense, e reso celebre da Alyssa Jayne Milano, attrice, doppiatrice, stilista ed ex cantante statunitense, nel 2017. Le donne vittime di molestie sessuali e violenza, per lo più in ambito lavorativo, pubblicavano foto con l’hashtag #MeToo, per sottolineare come questo fenomeno sia largamente diffuso e quotidiano. MeToo ha avuto così rilevanza da essere utilizzato in varie traduzioni in diverse parti del mondo e da avere dedicata una settimana per celebrare il suo anniversario. #MeToo non è il solo movimento che si è sviluppato sui social: infatti, negli ultimi anni si è evidenziato un forte incremento di discorsi inerenti alle molestie sessuali e alla violenza di genere.

Nonostante le critiche però il movimento è ancora attivo

Come tutto ciò che ha una forte risonanza, anche #MeToo non è stato esente da critiche. Perfino Margaret Atwood, poetessa, scrittrice e ambientalista canadese, ha contestato il movimento in quanto giudica colpevoli a priori gli accusati.
Nonostante le critiche però il movimento è ancora attivo e l’hashtag continua a essere utilizzato frequentemente, merito della sicurezza che l’anonimato dei social offre e dell’incessante fenomeno di molestie che si verifica in ambito lavorativo. I dati Istat parlano chiaro: nel corso della loro vita 1173 donne (quasi l’8 per cento) hanno ricevuto almeno un ricatto sessuale per assunzione e/o per carriera. Il valore di questi numeri va a due grandi fattori di potere: quello detenuto dall’uomo in quanto tale concessogli da una cultura patriarcale e sessista che determina anche la minoranza delle donne in ruoli di leader; il potere detenuto dal datore di lavoro, o superiore, capace di porre fine alla carriera lavorativa.

Violenza ssempre sbagliata

Oltre ad interventi di sensibilizzazione per arginare il fenomeno, credo sia necessario non descrivere come femminista un movimento che tratta di molestie e violenza, nonostante queste vengano subite da donne. Il motivo è il seguente: la violenza non deve essere giudicata e valutata sulla base delle caratteristiche di genere delle vittime: è sempre sbagliata. A tal proposito, anche nel disegno di legge Zan, nato per contrastare omofobia e transfobia, le discriminazioni e le violenze per l’orientamento sessuale, il genere, l’identità di genere e le disabilità, la violenza è stata messa in secondo piano rispetto all’orientamento sessuale e di genere delle vittime.

Rischio di annichilire le donne

Parlare di molestia e violenza di genere si rischia di annichilire le donne, o altre minoranze cui è rivolta, negli aggettivi che le descrivo, a sua volta questo genera e valida stereotipi sempre più difficili da sradicare, che alimentano e spesso legittimano l’abuso e il potere su dette categorie di persone. Le conseguenze sono che gli aggressori non valuteranno come eccessivo o sbagliato il loro comportamento e le vittime svilupperanno sempre più l’appartenenza a un gruppo che è “riconosciuto come debole, sottomesso e non tutelato” sviluppando una grande sofferenza spesso aggravata da sensi di colpa e vergogna, facendo sì che la pratica della molestia sessuale sulle donne venga reiterata, mantenuta e giustificata del suo “sesso”.
In questa settimana dell’#MeToo, e non solo in questa, siamo tutti chiamati a dare supporto ai 6 milioni e 788 mila, 16-70enni, che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, anche sul luogo di lavoro, e ricordare che l’abuso è sempre sbagliato e ha lo stesso peso su tutti.

Alice Garofalo, Phd.
UKE, Università Kore di Enna

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