Un ricco know-how dato da sessant’anni di esperienza, oltre 5 mila lavoratori specializzati, un rapporto privilegiato con Università e centri di ricerca. Questo lo stato attuale della cosiddetta “Etna Valley”, il polo della microelettronica di Catania con al centro, naturalmente, il colosso STMicroelectronics. Da sola l’impresa con passaporto italo-francese conta 4.500 dipendenti su Catania, e si tratta “certamente del polo industriale più importante non solo della Sicilia, ma direi del Sud Italia”. Lo afferma Francesco Furnari, Rsu di Fiom Cgil all’interno dell’azienda. Ieri, in diretta su FocuSicilia insieme ai colleghi Roberto Conti, anche lui Rsu del sindacato legato a Cgil, e a Quintoboris di Felice, presidente del direttivo provinciale della Feferazione dei metalmeccanici, hanno fatto il punto su quello che potrebbe diventare “un riferimento per l’intero Sud Europa”.
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Non lasciarsi sfuggire le opportunità del “Chips Act”
Nelle scorse settimane i tre sindacalisti hanno prodotto una approfondita analisi sul posizionamento internazionale del polo, in un momento storico in cui, a causa soprattutto della pandemia mondiale da Covid, la domanda di “chip” è diventata centrale per qualunque prodotto industriale. Le conseguenze sono state evidenti anche per i consumatori, soprattutto del settore automotive con ritardi di mesi nelle consegne delle nuove vetture. L’Unione Europea ha deciso di varare solo pochi giorni da il cosiddetto “Chips Act”, ovvero “contributi aggiuntivi per circa 15 miliardi ai 30 già previsti dal Next generation Eu”, spiega Furnari, da oltre vent’anni in ST e oggi esperto di technical marketing. Il totale delle somme da investire supera i 43 miliardi di euro, e secondo Furnari l’occasione è troppo importante per lasciarsela sfuggire. “Non dobbiamo commettere l’errore commesso in questi anni ultimi vent’anni, cioè d’inseguire ciò che facevano gli altri. Già prima del Chips act, nella programmazione 2014-2020, si parlava di Horizion 2020. Anche allora l’Europa stanziò 11 miliardi di euro che avrebbero dovuto permettere alle società di colmare il gap del 20 per cento rispetto alle produzioni del resto del mondo”.
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Serve “un orizzonte politico comune”
Per farlo, e per far rientrare Catania all’interno della strategia europea in modo centrale, serve, però, un’azione politica decisa. O meglio “un orizzonte politico comune”, come spiega Di Felice, in ST da 25 anni e oggi Project leader. “Spesso i cittadini sono più avanti della politica, noi stessi abbiamo collaborazioni intense con francesi e maltesi. Le prodizioni sono sempre più integrate, e pezzi delle lavorazioni vengono fatte in tutto il mondo”, afferma. Quello che serve è quindi “un salto di qualità, immaginando l’Europa come un unicum, in cui ognuno abbia un suo ruolo. Catania sul suo territorio ha le università, con eccellenti facoltà di Ingegneria, Fisica e Chimica, che danno la forza lavoro, il bene più importante per un’azienda. Poi abbiamo il Cnr, la vicinanza stretta con Malta, rapporti ottimi con Milano. Catania in più ha la posizione geografica, può essere attrattiva per i Paesi del Maghreb. Spesso però ci troviamo a fare ciò che dovrebbe fare la politica”, afferma Di Felice.

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Catania pronta per il business della mobilità elettrica
Quando si parla di produzioni industriali, naturalmente, il focus è però sulle questioni tecniche e di prodotto. E Catania ha un forte vantaggio competitivo: la prevalenza nel cosiddetto “segmento analogico” delle produzioni, ovvero “quello alla base del settore automotive, che sta vedendo un grande sviluppo con i veicoli elettrici” spiega Roberto Conti, da 15 anni in ST e oggi all’interno delle Business operation dell’azienda. “Dagli anni novanta – prosegue Conti – lo sviluppo della microelettronica ha visto crescere tantissimo la parte digitale, quei microcircuiti che supportano i computer e la telefonia, con i microprocessori. Queste tipologie di prodotti han fatto il grosso della microelettronica, e hanno creato i colossi taiwanesi e coreani”. Al momento, secondo i dati riportati dai tre sindacalisti Fiom, ST è la quattordicesima azienda al mondo del settore, con un volume d’affari nettamente inferiore a quello di colossi come Samsung o Intel, o la taiwanese TMC.
“In passato il digitale era fortemente presente anche nel business delle società europee come ST. Ma come tutti i segmenti industriali anche la microelettronica va incontro ai processo di accorpamento, e senza adeguati investimenti le società europee hanno dovuto cedere agli americani o agli orientali. Oggi siamo di fronte a un nuovo inizio, quello che è successo negli anni novanta è presente nel settore della mobilità elettrica. L’elettronica analogica è la protagonista. Qui cui sarà molto probabilmente lo stesso sviluppo e accrescimento di fatturato degli scorsi trent’anni sul digitale. Una seconda occasione che St non deve perdere, essendo protagonista anche attraverso i giusti investimenti auspichiamo non succeda ciò che è successo per il digitale negli anni passati”. Senza dimenticare che “il settore ha una fortissima densità di lavoro, che garantisce agli stati una ricaduta enorme degli investimenti effettuati”.
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Già investito un miliardo di euro
Al momento l’unica certezza di investimenti a a Catania viene dal Pnrr, dove “la componente M1C2 prevede investimenti in innovazione e semiconduttori, e il sito di Catania ci rientra perfettamente”, spiega Furnari. Sono 750 milioni di euro ma la stessa “ST negli ultimi anni non ha lesinato investimenti, sul silicio dal 2018 sono stati investiti oltre 200 milioni di euro, per incrementare anche il carburo di silicio, nuova frontiera per l’elettrificazione dell’auto. ST ha acquisito il 100 per cento di Norstel azienda svedese che produce il carburo di silicio, con l’intenzione di replicare a Catania un sito gemello per approvvigionare le altre produzioni. L’investimento totale, compreso il terreno già acquistato nei pressi dell’aeroporto Maristaeli, supererà il miliardo di euro”. Per avere i dettagli si dovrà però attendere “giorno 21 febbraio, quando incontreremo l’azienda, per approfondire il piano industriale relativo al sito di Catania”. Un sito sul quale i sindacalisti vogliono mandare “un messaggio di fiducia ai giovani per rimanere: l’azienda in questi anni ha assunto con numeri a tripla cifra. L’appello è che si riesca a fare sistema”, concludono i tre sindacalisti Fiom.