Miniere, il Governo vuole riaprirle per le “terre rare”. In Sicilia fa gola l’antimonio
C’erano una volta leminiere siciliane. Oltre400neglianni Venti, momento di massimo splendore del sistema minerario dell’Isola, che da sola ospitavaoltre il 40 per cento di tutti gli scavi d’Italia. Nel corso dei decenni il settore è entrato in crisi, e oggi le miniere attive in Sicilia sono solo tre. Presto però le cose potrebbero cambiare. Il ministro dello Sviluppo economico e del Made in ItalyAdolfo Ursoha infatti affermato che l’Italia possiede “16 delle 34 materie prime criticheindicate dall’Unione europea”, e che queste ultime si trovano proprio “in miniere che sono state chiuse 30 anni fa”. Il riferimento è alle cosiddette “terre rare“, “materiali di strategica importanza economica”, tra cui spiccanoberillio,cobalto,gallio,magnesioetungsteno. Alcune sarebbero disponibili nel sottosuolo italiano. Per la Sicilia, secondoIspra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, si tratta soprattutto dell’antimonio, materiale particolarmente richiesto in industria. Secondo Urso occorre “riattivare queste potenzialità,riaprendo le miniere entro fine anno”. Leggi anche –Marmo siciliano, il 75 per cento della produzione è destinato all’export Lastoria delle miniere sicilianeha ispirato pagine fondamentali della letteratura (tra gli altri, i raccontiCiaula scopre la lunadi Luigi Pirandello eL’antimoniodi Leonardo Sciascia) ma è fatta soprattutto dinumeri. A fornirli è proprio Ispra. Per decenni, dopo l’Unità d’Italia, la Sicilia è stata la regione con il maggior numero di miniere attive.Nel 1870 erano 107, nel 1900 erano salite a 259, nel 1920 avevano raggiunto le 406 unità. Il materiale più ricercato era lozolfo– spesso estratto in condizioni proibitive per i minatori, non di rado bambini – ma l’Isola si distingueva anche per i suoi giacimenti disalgemma,bitumeelignite. Presenti, in misura minore, anche lamarna, roccia utilizzata nella composizione del cemento, e materiali per la fabbricazione delle ceramiche. Dopo il boom degli anni Venti, il settore minerario nell’Isola andò lentamente a sfumare.Nel 1960 le miniere nell’Isola erano scese a 311, nel 1970 a 71, nel 1980 ad appena 55.La causa principale, scrive l’Istituto, fu l’abbandono dell’estrazione dello zolfo, “totalmente azzerata dagli anni Ottanta”. Leggi anche –Marmo siciliano, tavolo di Sicindustria Trapani per rilanciare il settore All’origine della chiusura delle miniere, come nel resto d’Italia, ci fu anche un fattore disicurezza. I problemi che possono avvenire in miniera sono molteplici e riguardano soprattutto icrolli, scrive Ispra, “con conseguentifrane,alluvioni,inquinamentidelle acque superficiali”. Un rischio che riguarda soprattutto “l’estrazione di minerali metalliferi”, con problematiche che si trascinano “anche dopo la fine delle attività, se vengono a mancare le normali pratiche dimanutenzioneesicurezzadelle gallerie e dei depositi di rifiuti estrattivi”. La Sicilia è una delle Regioni con più miniere considerate pericolose. Ben23 siti siciliani, infatti, rientrano nella categoriaRes, Rischio ecologico-sanitario, che indica i siti “con strutture di deposito di rifiuti di estrazione chiuse o abbandonate, potenzialmente pericolose per l’ambiente”. Nel dettaglio,19 miniere risultano a rischio medio, tre a rischio medio-alto e una a rischio alto. La Sicilia è al quinto posto in Italia dopoSardegna(209),Lombardia(128),Toscana(70) ePiemonte(57). Leggi anche –Gli architetti studiano il futuro delle cave di marmo nel trapanese Soltanto una miniera siciliana, invece, rientra nella categoriaRss, Rischio statico-strutturale. Su questo fronte, avverte però Ispra, “la valutazione è stata completata solo da alcune regioni”. Oltre alla Sicilia comunicano i datiPiemonte(sette miniere),Liguria(cinque),Trento(quattro)Friuli Venezia Giulia(due) eCalabria(una). Secondo gli ultimi dati disponibili, relativi al 2020, le miniere siciliane attive sono tre, e si trovano aRacalmutoeRealmonte, nell’agrigentino, e aPetralia Soprana, nel palermitano. Tutte e tre producono salgemma. A guidare la classifica mineraria oggi è laSardegnacon 22 miniere, seguita daPiemonte(15),Toscana(14),Lombardia,Veneto,UmbriaeLazio(quattro),AbruzzoedEmilia-Romagna(due) eTrentino Alto-Adige(una). Secondo Ispra anche nel 2020 si è registrata “un’ulteriore diminuzione delle concessioni vigenti”, ma in generale “si registra unrinnovato interesse per le risorse minerarie metallifere nazionali“. Vedremo se, come prospettato da Urso, questo interesse porterà alla riapertura.