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Nuovo codice degli appalti, dubbi su regole e legalità. Rischio mafia

Entra oggi in vigore la riforma voluta dal governo Meloni e recepita dalla Regione siciliana. Amministratori e sindacati si interrogano sulle conseguenze delle nuove regole. Anci: non scaricare sui sindaci. Fillea Cgil: rischio concreto di corruzione

Nuove regole, nuovi problemi. La riforma del Codice degli appalti varata dal Governo nazionale e recepita dalla Regione siciliana avrebbe dovuto essere “un volano per il rilancio della crescita economica e l’ammodernamento infrastrutturale della Nazione” (parola della premier Giorgia Meloni), ma con l’entrata in vigore di oggi, primo luglio, non mancano le perplessità. “Il rischio è quello di passare da un estremo all’altro, da una burocrazia asfissiante a una mancanza totale di regole”, dice a FocuSicilia Paolo Amenta, presidente di Anci Sicilia, Associazione dei Comuni siciliani. Il presidente fa due esempi. “Per anni ci è stato detto che il subappalto era il male assoluto. Poi la soglia è stata alzata, 10, 20, 30 per cento, fino ad autorizzare il subappalto ‘a cascata’ (cioè subappalti di subappalti, ndr)”. Altro esempio, su una materia distinta ma strettamente connessa, riguarda l’abolizione dell’abuso d’ufficio. “E’ chiaro che esiste la paura della firma, ma noi non abbiamo mai chiesto l’abolizione del reato, che può comportare seri rischi“, dice Amenta.

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Cosa prevede la riforma del Codice

Nel dettaglio, la riforma del Codice degli appalti introdotta dal governo Meloni con il decreto legislativo 36/2023 prevede l’affidamento diretto per servizi e forniture sotto i 140 mila euro, e per i lavori pubblici sotto i 150 mila. Sopra queste soglie servirà la procedura negoziata (cioè la contrattazione diretta tra la Pubblica amministrazione e gli operatori economici, almeno cinque o dieci a seconda dei casi) con obbligo di gara pubblica soltanto sopra la soglia comunitaria di 250 mila euro per i servizi (750 mila nel caso dei servizi sociali) e di 5,382 milioni per i lavori pubblici. Innalzate anche le cosiddette “soglie Urega”, da 15 a 30 milioni di euro. Sotto questa cifra, gli appalti potranno andare direttamente in Conferenza dei servizi indetta dal Rup senza passare dalla Commissione lavori pubblici. Il nuovo Codice prevede anche altre novità, tra cui la già citata liberalizzazione dei subappalti ma anche dell’appalto integrato, cioè l’affidamento di progettazione ed esecuzione dei lavori allo stesso operatore economico.

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La posizione di Anci Sicilia

Per Anci Sicilia le nuove regole devono essere anzitutto comprese, per far sì che gli amministratori locali non vadano incontro a problemi. “Si fa presto a dire affidamento diretto. Nel concreto, cosa dobbiamo affidare? Quali procedure dobbiamo adottare? Quali rischi dobbiamo evitare? Non basta cambiare un numero per cambiare le cose“, ribadisce Amenta. Per questo l’associazione dei comuni siciliani sta promuovendo “una serie di incontri tematici, che sono molto partecipati”, per dare indicazioni ai primi cittadini “che si trovano di fronte a questa novità, ma spesso non sanno come comportarsi“. Il presidente di Anci non esita a parlare di “fretta” da parte del governo nazionale nella riforma del Codice degli appalti. “Si capisce anche il motivo: ritardi nell’attuazione del Pnrr, nuova Programmazione europea 2021-2027, insomma una montagna di soldi in arrivo nel nostro Paese, e anche nella nostra Regione, che si cerca di non perdere”. Il punto, secondo il presidente regionale di Anci, “è che bisogna farlo senza scaricare tutto sui sindaci”.

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La denuncia di Fillea Cgil

Fermamente contrari alla modifica i sindacati, che il primo aprile sono scesi in piazza per contestare la riforma nazionale del Codice degli appalti e il recepimento “passivo” da parte della Regione. A denunciare “il rischio di infiltrazioni mafiose” è Giovanni Pistorio, segretario regionale di Fillea, Federazione italiana dei lavoratori del legno, dell’edilizia, delle industrie e affini aderente a Cgil. “Qui c’è il rischio di tornare alle pagine peggiori del passato, al famoso ‘sistema Siino’, dal nome Angelo Siino, detto il ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra, che negli anni Ottanta aveva stabilito che l’otto per cento fisso di ogni appalto andasse alla criminalità organizzata“, dice il sindacalista. Con le nuove regole, “quelle pagine buie non sembrano così lontane”. Alla Regione siciliana, aggiunge Pistorio, è mancato il coraggio. “In un lontano passato, si è riusciti a far valere la nostra autonomia speciale, per limare le norme nazionali e lenire le criticità nel territorio regionale. Il governo Schifani, al di là delle dichiarazioni di comodo, ha deciso di non farlo”.

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Protocolli di legalità dal basso

Quanto all’eterna lotta tra efficienza e burocrazia, per Pistorio è possibile trovare una via di mezzo. “I due aspetti non devono essere per forza in contraddizione. Certo, se come avviene oggi si va in un comune, e a causa del blocco delle assunzioni della Pubblica amministrazione non si riesce a trovare un geometra che scriva un progetto, diventa davvero difficile per le imprese lavorare”. La soluzione è quindi “un investimento sul rafforzamento della Pa”, tenendo presente che “una burocrazia efficiente non è un freno, ma un valore”. In attesa di una mossa in questo senso da parte di Palermo e Roma, Fillea Cgil sta mettendo in campo dei protocolli di legalità “dal basso”. “Dal momento che il governo regionale non ha voluto intervenire, lo facciamo noi direttamente con i comuni. In molti stanno aderendo, l’ultimo caso è Gagliano Castelferrato, in provincia di Enna”. I Comuni siciliani com’è noto sono 390, ma Pistorio non si scoraggia. “E’ un lavoro lungo e faticoso, ma se vogliamo scongiurare il pericolo inflitrazioni non abbiamo altra scelta”.

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Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci, giornalista e autore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

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