Non c’è una definitiva approvazione del progetto dell’Osservatorio astronomico sulla Mufara. E non ci sarà la prossima realizzazione dell’opera. Lo dicono le associazioni ambientaliste Cai, Gre, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Rangers d’Italia e Wwf che ribadiscono che “tali notizie non rispondono allo stato delle procedure amministrative”. Le associazioni ribadiscono che “è stato semplicemente convertito in legge il decreto 104/2023 che all’articolo 9 prevede che gli osservatori sono dichiarati di interesse strategico e possono essere autorizzati anche in deroga a vincoli paesaggistici e urbanistici; ma l’articolo non sottrae queste opere dalle autorizzazioni ambientali che vanno comunque acquisite e non approva alcun progetto specifico tantomeno relativo alla Mufara”, scrivono.
Gli atti amministrativi mancanti
Per il progetto della Mufara, che ora dovrà essere esaminato ed approvato ai sensi del citato Decreto Legge 104/2023, mancano ancora il nulla osta dell’Ente Parco, l’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza, il parere del C.R.P.P.N. e il decreto dell’Assessore Regionale al Territorio e Ambiente previsto per le opere di interesse statale. Inoltre l’attuale progetto non è stato modificato in conformità al provvedimento di valutazione di incidenza ambientale reso dall’Ente Parco a giugno 2022. “Il fatto di aver dovuto fare ricorso ad una norma derogatoria – continuano le associazioni ambientaliste -, come quella prevista dall’articolo 9 del Decreto Legge 104/2023, conferma la correttezza della posizione assunta dalle associazioni ambientaliste da due anni e cioè che i vincoli di inedificabilità esistenti non consentono la realizzazione dell’Osservatorio. In ogni caso le associazioni confermano che impugneranno l’atto finale che dovesse autorizzare i lavori anche per fare dichiarare l’ incostituzionalità dell’articolo 9 del D.L. 104/2023, e chiedono ancora una volta di evitare di forzare procedure e alimentare contenziosi, ma di perseguire invece le soluzioni alternative possibili proposte da mesi e che riguardano la ricerca di un sito alternativo (come Monte San Salvatore) e la contestuale modifica del progetto che prevede attualmente spazi e volumi edilizi non essenziali per la ricerca scientifica”, concludono.