Più visite mediche, ma sanità-lumaca. Cittadini costretti a pagare per curarsi

Più visite mediche, ma sanità-lumaca. Cittadini costretti a pagare per curarsi

Leliste d’attesarestano l’incubo dei pazienti, ma molte regioni, tra cui anche laSicilia, sono riuscite ad incrementare il numero diprestazionispecialisticheerogate. Prime visite, visite di controllo ed esami diagnostici strumentali (tranne le analisi di laboratorio) sono in risalita nelprimo semestre 2023rispetto all’anno precedente. Emerge dai datiAgenas(Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), che vedono l’Isola in buona posizione. C’è un aumento del dieci per cento delleprime visiteerogate, quasi del 12 per cento dellevisite di controllo, del 7,5 per cento delladiagnostica strumentale. Al confronto, invece, con il primo semestre 2019, tutte le Regioni tranne laToscana, annaspano. Molte le criticità ancora esistenti nel ristabilire ivolumi di prestazioniche c’erano prima della pandemia, perché si è creato un arretrato difficile da smaltire in tempi brevi. Così, la crescita delle prestazioni è un primo, positivo segnale, ma ancora non basta per assicurareprestazioni sanitarie pubblichetempestive e ridurre la spesa “out of pocket“, cioè pagata dai cittadini “di tasca propria” per curarsi in strutture private. Leggi anche –Scandalo liste d’attesa. Quattro mesi per una mammografia “in tempi brevi” Agenasha svolto anche un monitoraggio deitempi di attesanelle prestazioni specialistiche ambulatoriali. Sono state raccolte informazioni su125 milaprenotazioni di visite specialistiche e146 milaprenotazioni di esami diagnostici. Hanno aderito però solo13 regioni su 20. La Sicilia non è tra queste. Secondo i risultati disponibili, nel caso delle visiteurgenti, nel momento in cui il cittadino riesce a ottenere unaprenotazione, nell’84 per cento dei casi questa viene erogataentro tre giorni.Questi dati però scontano spesso un ritardo iniziale. IlCup, Centro unico prenotazioni,può, infatti, lasciare l’utente in attesa prima di fornire una data di prenotazione: nell’81,3 per cento dei casi questa attesa si protrae anche fino a30 giorni, quindi a volte ben oltre la scadenza indicata dalla priorità. Considerando questo fattore, la percentuale di cittadini che riceve la visita o l’esame entro tre giorni scendeal 61 per cento.C’è poi una parte dei cittadini che preferisceun’altra struttura. Tenendo conto di questo fattore,solo il 50 per centoottiene la visita urgente neitempi stabiliti. Leggi anche –Sanità, Schifani: “Meno liste d’attesa, migliorare i servizi di emergenza” Quello delleliste d’attesaresta un problema cruciale. Il ministro della Salute OrazioSchillaci, riferendosi al rapportoAgenas, ha sottolineato lacarenza di datidisponibili: “È un problemaannoso e dolorosoche purtroppo risale indietro negli anni. È la percezione peggiore che i cittadini hanno del Servizio sanitario nazionale. Però, alcune Regioninon hanno mandato i dati, in altri casi spesso è statocomplessoaverli. Se non abbiamo una reale rappresentazione – ha detto – diventa piùdifficile intervenire. Il nostro primo impegno, e stiamo già partendo, è quello, con la collaborazione di Agenas e con le professionalità presenti nelministero, di supportare le Regioni in una raccolta precisa e analitica dei dati. Un dato che io penso di avere ormai chiaro in mente è chenon c’è nessun sistemareale efficace di monitoraggio delle liste d’attesa”. Leggi anche –Scandalo liste d’attesa. Quattro mesi per una mammografia “in tempi brevi” Secondo il ministroSchillaci, occorre “far sì veramente, nei Cup regionali, che chi prenota un esame o una terapia, in maniera trasparente, possasapere dove poterlo faree itempi realiper poterlo fare, mettendoinsieme l’offertadel sistema pubblico e del sistema privato convenzionato”. Schillaci ha poi aggiunto che con le liste d’attesa “aumenta il ricorso dei cittadini allasanità privata. C’è unout of pocketche è cresciuto, che oggi pesa probabilmente intorno ai 40 miliardi”. L’out of pocket èla spesa che i cittadini sostengono di tasca propria, rivolgendosi ai privati, quando il sistema pubblico non è facilmente accessibile proprio per i tempi lunghi o per la distanza delle strutture. In Italia, dove la copertura pubblica delSsnè del70 per cento, l’out of pocket raggiungeil 20 per cento. Sono datiEurostat, secondo i quali inEuropala media è del15,7 per cento. Se da una parte c’è chi fa peggio di noi, come Bulgaria, Cipro e Lettonia che superano abbondantementeil 40 per cento, spiccano anchePaesi virtuosicome laFrancia(solo il 9,8 per cento) o laGermaniacon il 12,7 per cento di spesa sanitaria privata che grava sulle spalle dei cittadini.