Nella puntata precedente:
- Un contenzioso decennale
- Una liquidazione che è rimasta in stallo
- Gli atti di citazione di Eurolink e Parsons
- Giudizi riuniti e ricorso alla Corte costituzionale
I continui rinvii delle udienze Eurolink e Parsons
Nel giudizio di appello, Eurolink ha riproposto le richieste di risarcimento già avanzate in primo grado. La prima udienza era prevista per il sette aprile 2020, ma è stata rinviata a causa dell’emergenza Covid e si è tenuta il tre novembre dello stesso anno. Il giudice, il tre dicembre, ha fissato l’udienza per la precisazione delle conclusioni all’otto marzo 2022. L’udienza non si è tenuta per ragioni d’ufficio e la nuova udienza “è stata rinviata al 16 settembre 2023”, fanno sapere da Anas. Il giudizio promosso da Parsons presso il tribunale di Roma è ricominciato dopo il pronunciamento della Corte costituzionale e all’udienza del 16 dicembre 2020 la Stretto di Messina Spa si è presentata con i propri difensori. L’udienza di prosecuzione del giudizio si è tenuta il 21 dicembre 2020, senza la presenza delle parti, a causa dell’emergenza sanitaria. Il 31 gennaio 2022 il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha fissato l’udienza per la precisazione delle conclusioni al quattro aprile 2022, ulteriormente rinviata a data da destinarsi.
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Stretto di Messina Spa chiede risarcimento allo Stato
Sembrerà paradossale, ma anche la Stretto di Messina Spa, società creata dallo Stato, chiede allo Stato un indennizzo per la mancata realizzazione dell’opera: la società – si evince dalla relazione al bilancio – sarebbe stata “danneggiata” essendo in pratica la concessionaria del ministero delle Infrastrutture per la realizzazione del Ponte, in virtù di una “convenzione stipulata il 30 dicembre 2003, all’indomani dell’approvazione del progetto preliminare dell’opera da parte del Cipe (ora Cipess, Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) con la delibera n. 66 del 1° agosto 2003 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Ponte sullo stretto di Messina)”. La convenzione prevede delle garanzie economico-finanziarie che disciplinano anche i casi di risoluzione del rapporto di concessione e di revoca della concessione “per motivi di pubblico interesse” e la legge 221/2012 (comma 3 art. 34 decies) prevede che l’indennizzo sia “costituito dal pagamento delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite, maggiorato del dieci per cento”. La Stretto di Messina Spa ha svolto, secondo gli obblighi della convenzione, “al proprio interno la progettazione di massima e preliminare ed ha altresì acquisito, facendole proprie, da terzi attività progettuali inerenti l’opera da realizzare, nonché attività di studio finalizzate alla progettazione dell’opera”.
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Una richiesta di almeno 325 milioni di euro
La Stretto di Messina Spa ritiene quindi, da società di diritto privato concessionaria, di aver riconosciuto un risarcimento per le spese sostenute. Così, il quattro aprile e il 14 novembre 2013 ha chiesto al ministero dell’Economia e delle finanze e al ministero delle Infrastrutture di essere indennizzata, allegando una nota sul “Riepilogo costi progetto dell’opera”. L’importo maturato dalla società è di oltre 312 milioni di euro, cui va aggiunto un ulteriore indennizzo del 10 per cento delle prestazioni rese e decurtati i contributi già ricevuti. Si arriva ad un importo di quasi 326 milioni di euro e la Stretto di Messina scrive che “ovviamente tale importo andrà adeguato in relazione alle successive spese”. I ministeri hanno già risposto con due lettere, contestando la richiesta che causerebbe una duplicazione di costi (lo Stato ha già finanziato tali prestazioni) e precisando che la società “debba essere ritenuta esclusa da qualunque pretesa indennizzatoria” e “non sia legittimata a chiamare in garanzia le stesse pubbliche amministrazioni”. La Stretto di Messina ha però approfondito la questione e acquisito diversi pareri che giustificherebbero la possibilità di “adottare tutte le iniziative, anche giudiziarie, a tutela del patrimonio della società” e ha replicato ai ministeri il 12 maggio 2021, con una lettera inviata anche agli azionisti. La vicenda finirà in tribunale? Non lo si può certo escludere.