Sicilia al primo posto per rischio di povertà, al secondo per disuguaglianza del reddito. Lo certifica l’Istat nel suo ultimo rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes 2022). L’indicatore statistico del rischio di povertà, calcolato sui redditi del 2020, costituisce la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore a una soglia di rischio di povertà (630 euro mensili). Profonde differenze territoriali emergono in Italia, con la Sicilia e la Campania dove il fenomeno interessa circa il 38 per cento della popolazione. Istat osserva che “nelle regioni del Mezzogiorno il rischio di povertà più elevato si associa anche a valori più alti dell’indice di disuguaglianza (è il rapporto tra il reddito posseduto dal 20 per cento più ricco della popolazione e il 20 per cento più povero) che supera il valore medio dell’Italia (5,9, era 5,7 sui redditi del 2019)”. In Sardegna è 6,1, in Calabria 6,4, in Sicilia 7,2, in Campania 7,5.
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Gli altri fattori che spingono sul rischio-povertà
Il rischio di andare incontro a una situazione di povertà è condizionato da vari fattori, tra i quali il reddito disponibile lordo pro capite, che in Sicilia resta tra i più bassi d’Italia: raggiunge 14.764 euro e la Regione è la terza d’Italia, preceduta dalla Campania (14.513 euro) e dalla Calabria (14.108 euro). La media nazionale è di 19.753 euro e sul fronte opposto di trovano la Provincia autonoma di Bolzano con 26.296 euro, seguita dal Trentino-Alto Adige con 24.324 euro e dalla Lombardia con 23.862 euro. Come se non bastasse, la Sicilia è poi la seconda regione per bassa intensità di lavoro nel 2021 (la prima è anche qui la Campania): questo parametro si basa sulla percentuale di persone che vivono in famiglie con un basso rapporto fra il numero totale di mesi lavorati dai componenti della famiglia durante l’anno di riferimento dei redditi e il numero totale di mesi teoricamente disponibili per attività lavorative. Vengono presi in considerazioni i componenti della famiglia tra i 18 e i 59 anni, esclusi gli studenti fino a 24 anni. Arriva a 22,9 la percentuale siciliana, contro la media nazionale di 11,9. Al secondo posto ancora la Campania con 29,6.
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Siciliani convinti che le condizioni siano peggiorate
La maggior parte degli indicatori generali di benessere si trova in posizione bassa o medio-bassa nel Sud e nelle Isole: il 40,2 per cento degli indicatori per la Campania e il 37,1 per cento per la Sicilia si trova nel gruppo classificato come quello con il più basso livello di benessere. Tra le regioni dove i cittadini maggiormente dichiarano che la propria situazione economica è peggiorata, o molto peggiorata, rispetto all’anno precedente, si colloca al secondo posto la Sicilia, preceduta dalla Toscana. Situazione opposta, anche stavolta, in territori come Bolzano o il Trentino. Anche il “sovraccarico dei costi dell’abitazione”, cioè la percentuale di persone che vivono in famiglie dove il costo totale dell’abitazione in cui si vive rappresenta più del 40 per cento del reddito familiare netto ed è quindi molto difficile da sostenere, vede la Sicilia in seconda posizione, con una percentuale di 9,5 contro l’11,6 della Campania.
Complimenti per l’articolo ben dettagliato.