Prezzi al consumo, in Sicilia aumenti sopra la media. Messina la peggiore

Il prezzo della spesa di tutti i giorni continua a salire: secondo l’ultima rilevazione deiprezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) di Istat, con rilevazioni nel mese dimaggio 2023, l’aumento su aprile è dello0,3 per cento. Una percentuale chesale al 7,6 su base annuale. Questo nonostante l“inflazione di fondo”, ovvero al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, registri un lieve rallentamento da più 6,2 per cento a 6 a maggio, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da più 6,3 per cento a più 6,2 per cento. In questo quadro laSiciliaresta però tra le regioni dove gli aumenti sono più incisivi: l’aumento medio dei prezzi rispetto allo stesso mese del 2022 vedeun più 7,8 per cento, lo 0,2 per cento in più rispetto al resto d’Italia. A pesare nel negativo andamento dei prezzi in Sicilia sono soprattutto gli aumenti nelle tre Città metropolitane. AMessinalo “scettro” diCittà metropolitana peggiore di Sicilia, e seconda in Italia, con aumenti medi registrati a maggio rispetto a un anno fa del 8,4 per cento. SeguePalermodove i prezzi sono aumentati del 8,2 per cento.Catania,per lunghi mesi nel corso del 2022 e del 2023 città con gli aumenti più alti d’Italia, si mantiene sulla media regionale a un più 7,8 per cento. Leggi anche –Inflazione, a Catania è ancora da record: più 12,6%. In Sicilia cresce del 11,9% Nel contesto italiano è inveceGenovaad avere gli aumenti più alti: il capoluogo ligure raggiunge il 9,5 per cento di aumenti su base annuale. Seconda, con un aumento del 8,4 per cento come Messina, è inveceFirenze, seguita daPerugia(più 8,3 per cento), e da Palermo quarta. Tra le regioni, nonostante il pessimo andamento delle Città metroplitane, la Sicilia è invece “solo” settima per gli aumenti dei prezzi su base annuale. La regione con gli aumenti più severi è invece laLiguria, che trainata dal suo capoluogo si ferma a un più 9,3 per cento. Seguono al 8,2 per centoToscana ed Umbria, mentrePiemonte, Umbria e Sardegnaregistrano un aumento del più 7,9 per cento. LaBasilicataè invece la regione con gli aumenti più contenuti, il 5 per cento ovvero 2,6 punti inferiori rispetto alla media, confermando il dato del capoluogoPotenza. Seconda tra le regioni “vituose” laValle d’Aostacon un aumento del 6,9 per cento. Mel dettaglio spiega Istat nel suo rapporto, lacrescita su base annua dei prezzi dei beni rallenta (da più 10,3 per cento a più 9,3)e in misura minore quella relativa ai servizi (da più 4,8 a più 4,6 per cento), portando il “differenziale inflazionistico” tra il comparto dei servizi e quello dei beni a meno 4,7 punti percentuali, da meno 5,5 di aprile. Iprezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali (da più 11,6 per cento a più 11,2), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da più 7,9 a più 7,1 per cento). L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve principalmente ai prezzi deglialimentari non lavorati(più 1,5 per cento), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (più 1 per cento), degli alimentari lavorati (più 0,6) e dei servizi relativi all’abitazione (più 0,4), a cui si oppone il calo dei prezzi degli energetici non regolamentati (meno 1,6 per cento) e regolamentati (meno 0,2). Coinsiderando l’andamento fin qui del 2023,l’inflazione acquisita è pari a più 5,6 per centoper l’indice generale e a più 4,7 per cento per la componente di fondo.