Quarantena: dieci domande e risposte per lavoratori e imprese
Le abitudini cambiano per tutti, compresi lavoratori e imprese. Adesso che tutta Italia è soggetta alle norme dell’ex “zona gialla” (Lombardia e 14 province del Nord Italia), anche i siciliani devono riconsiderare (per obbligo o opportunità) la loro vita quotidiana. Dagli spostamenti al lavoro da remoto. Il decreto del governo autorizza gli
spostamenti solo per tre motivi: chiara necessità, impellenze
sanitarie e “comprovate esigenze lavorative”. Andare in ufficio o
circolare per fare il proprio mestiere, quindi, è uno dei casi
concessi. Niente leggerezze, però. Quell’aggettivo (“comprovate”)
sta a significare che devono essere solide e dimostrabili. Di base,
quindi, il consiglio resta di stare a casa, lavorando da remoto o
prendendo congedi. Qualora non fosse possibile, si dovrà comunque
provare, tramite autodichiarazione, che si sta davvero andando o
tornando dal lavoro. Non ci saranno posti di blocco ma controlli. Nel
caso in cui la dichiarazione non fosse veritiera, si rischiano multe
e fino a tre mesi di carcere. Se ci sono i sintomi simili
all’influenza tipici del coronavirus (tosse, difficoltà
respiratoria, febbre), il lavoro non è una giustificazione per
muoversi. Il divieto, tuttavia, scatta al momento della positività.
Prima, il comportamento è lasciato al buonsenso. In presenza di
sintomi, infatti, il governo parla di “forte raccomandazione” a
stare a casa, contattando il proprio medico e limitando al massimo il
contatto con altre persone. In Sicilia resta in vigore la quarantena
per chi, nei giorni scorsi, è arrivato dal Nord Italia.
L’abbattimento della zona “gialla”, da questo punto di vista, non
cambia nulla. Non cambia nulla nellaprocedura con cui lavoratori e imprese devono seguireper segnalare e isolare i casi sospetti. Le aziende devono assicurare la salute dei propri dipendenti e segnalare alle autorità sanitarie, ma non possono affidarsi al “fai da te” con liste e raccolta dati. Sono i lavoratori a dover segnale, anche in ufficio, eventuali sintomi e fattori di rischio. Leggi anche –Coronavirus, gli obblighi per lavoratori e imprese Sì. Se c’è una forte limitazione dei
movimenti di persone, non c’è alcun vincolo a quello delle merci.
Questo vale per tutti i beni e non solo per quelli di prima
necessità. Di conseguenza, è autorizzato a circolare anche chi
trasporta le merci perché il loro comportamento si configura come
“esigenza lavorativa”. Autotrasportatori e corrieri, quindi, non
sono soggetti a limiti. Le attività di carico e scarico (ferme
restando le solite precauzioni di mantenere la distanza di sicurezza)
non sono soggette a blocco. Niente limiti al settore agricolo: è
consentito il trasporto sia di prodotti che di animali vivi. Sì. Gli uffici pubblici sono aperti in tutta Italia, senza distinzione tra le zone. L’attività amministrativa, spiega Palazzo Chigi “è svolta regolarmente”. Anche in questo caso, però, il consiglio è di evitare di frequentare gli uffici se non strettamente necessario e di utilizzare i servizi fruibili online. Tra le misure precauzionali previste, nei presidi della PA devono esserci presenti disinfettanti. Nel caso non ci fossero, però, gli uffici “devono rimanere comunque aperti”. Non basterà la mancanza di Amuchina per chiudere. Coronavirus, tutta Italia è in quarantena: cosa cambia per la Sicilia??https://www.focusicilia.it/2020/03/09/coronavirus-la-quarantena-estesa-a-tutta-italia/ Alcuni dipendenti pubblici sono già a
casa, come gli insegnanti. Ma nel caso di dipendenti di uffici della
PA ancora aperti, come funzionano le ferie? Se si manifestano i primi
sintomi, il lavoratori è tenuto a rimanere a casa. Dovrà spendere i
suoi giorni di malattia perché ritenuta “malattia ordinaria”.
Solo nel caso e dal momento in cui dovesse risultare positivo al
Covid-19, la decurtazione dei giorni di malattia sarebbe sospesa. No. Per i dipendenti pubblici, così come per le aziende private, l’applicazione dello smart working è semplificata. Ma la raccomandazione a utilizzarla il più possibile non è un’obbligo.Nel caso in cui l’impresa o l’istituzione non avviasse procedure massive di smart working, il lavoratore può avanza un’istanza, che sarà accettata o rifiutata in base alle esigenze organizzative. Cioè alla discrezionalità del datore di lavoro o del superiore. Il Governo raccomanda ai datori di lavoro pubblici e privati di fruire dei periodi di congedo ordinario e di ferie. “L’invito è chiaramente rivolto a tutte quelle situazioni in cui l’attività lavorativa è sospesa: pensiamo ai cinema, alle discoteche, agli impianti sportivi”. Leggi anche –Smart working per i dipendenti regionali La situazione più pesante, almeno
negli effetti direttamente legati al decreto, è quello dei pubblici
esercizi. Bar e ristoranti potranno aprire, ma solo dalle 6 alle 18.
Sono comunque sempre vietati gli assembramenti, sia all’interno che
all’esterno del locale. I clienti sono tenuti a tenersi a un metro di
distanza. Il responsabile del controllo è il proprietario, che in
caso di violazione rischia la sospensione dell’attività. Le stesse
regola valgono anche nei luoghi dove si tengono “eventi
aggregativi”, come concerti. Il vincolo 6-18 è da intendersi solo
come servizi diretto al pubblico. Oltre questi orari, quindi, resta
la possibilità delle consegne a domicilio. In questo caso, la
responsabilità di “evitare rapporti personali” è di chi
effettua la consegne. Quindi il proprietario del locale o le
piattaforme di food delivery. Chiusi del tutto, invece, teatri e
cinema. Il turismo è stato il primo settore a
essere trattato con un approccio nazionale e non locale. Un
precedente decreto aveva già previsto aiuti (sospensione dei
versamenti di ritenute fiscali Irpef e contributi previdenziali Inps)
anche oltre le imprese delle ex zone rossa e gialla. Con l’estensione
della quarantena in tutta Italia, il settore – di fatto – si
ferma. I movimenti turistici sono “assolutamente da evitare” e
non rientrano nella casistica delle “esigenze”. Neppure con
autocertificazione. No. Le strutture ricettive, oltre a poter somministrare cibo e bevande nella stessa fascia di bar e ristoranti (6-18), possono farlo anche nelle altre ore della giornata ma esclusivamente in favore dei propri clienti e sempre nel rispetto di tutte le precauzioni di sicurezza. Non spetta alla struttura ricettiva accertare i motivi del viaggio dei clienti.