Reddito di cittadinanza sospeso: da una parte ci sono i cittadini disorientati, dall’altra i sindaci inermi. Sono rimasti senza armi. Non sanno più che risposte dare a chi bussa alle porte del Comune in cerca di soluzioni. E il Comune è ormai da diversi anni l’unico punto di riferimento istituzionale che può dirsi materialmente vicino al territorio e ai cittadini. Almeno, così è stato finora. Ma dopo che il governo nazionale ha sospeso il reddito a una platea stimata di 37 mila percettori in Sicilia, ci si chiede cosa possa fare un Comune e ancora nessuno ha la risposta. Qualcuno, persa la base economica di sopravvivenza, arriva a gesti estremi: è avvenuto a Terrasini, dove un cittadino ha tentato di dare fuoco alla stanza del sindaco. Qualche risposta potrebbe provenire durante un incontro previsto proprio per oggi tra i vertici dell’Associazione dei Comuni, l’Anci, e l’assessore regionale della Famiglia, Nuccia Albano. “Abbiamo chiesto alla Regione strumenti di transizione“, dice a FocuSicilia Paolo Amenta, presidente di Anci Sicilia e sindaco di lunga esperienza a Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa. “Ci confronteremo – prosegue – per capire insieme come gestire questa fase e uscirne. Anche chiamando in campo il governo nazionale, che ha deciso di mandare 169 mila sms agli italiani. Secondo me, è stato un errore“.
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Centri per l’impiego, “mai visto assegnare un lavoro”
Per Amenta, tutto questo era da prevedere. “Il governo può anche scegliere di tagliare il reddito di cittadinanza, ma qual è l’alternativa alla lotta alla povertà o alle politiche attive del lavoro? Tagliare tutto in un colpo solo, visto quel che accade in Sicilia in fatto di disoccupazione, senza aver attivato altri strumenti per tamponare questa situazione drammatica, fa accadere cose imprevedibili“, riconosce il presidente dell’Anci. “Noi siamo rimasti l’ultimo baluardo nel territorio. Adesso c’è il problema alimentare, abitativo, educativo. E i sindaci sono senza strumenti“. L’unica cosa che possono fare, al momento, è ricevere il cittadino e, se in famiglia c’è un minore, un disabile o un anziano, la situazione viene presa in carico dai Servizi sociali, i dati vengono inseriti nella piattaforma Gepi e arrivano all’Inps. In questo modo, il reddito viene prorogato almeno fino alla fine dell’anno. Chi è abile al lavoro, invece, viene indirizzato al Centro per l’impiego per un programma di formazione finalizzato al lavoro. Amenta, su questo, non si nasconde: “Sappiamo come funziona. Io non ho mai visto un ufficio di collocamento assegnare un posto di lavoro“.
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“Gli altri hanno numeri verdi, noi portoni ai quali bussare”
Il caos sociale è dietro l’angolo. “Prima di tagliare uno strumento, bisognava attivarne un altro. Proporre un percorso alternativo con un periodo di transizione, che andava programmato e governato”, dice Amenta. Ad oggi non si ha idea di come l’attuale situazione possa essere gestita dai Comuni. Come si possano accompagnare cittadini che avevano basato tutto su quella somma minima mensile. Il confronto di oggi alla Regione sarà molto importante, ma il sentimento che si avverte da parte degli amministratori è quello dell’angoscia. “Prima pensavo di avere delle risposte per garantire un percorso a chi viene al Comune – sono le parole amare di Amenta – oggi non ho una risposta al bisogno di prima necessità. È molto triste incontrare famiglie che chiedono come andare avanti o un posto di lavoro che noi non possiamo garantire. Si era provato a trovare un punto di equilibrio, non bisognava toccarlo”. Intanto l’Anci si sta muovendo su più fronti: con la Regione ma anche con l’Ordine degli assistenti sociali, per rafforzare gli uffici comunali. “Per non restare isolati e gestire questa fase nei territori. Gli altri hanno i numeri verdi, noi abbiamo portoni ai quali i cittadini bussano ogni giorno“, conclude il presidente.