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Salario minimo a 9 euro l’ora, sindacati spaccati. Sì di Cgil e industriali, no di Ugl

Dopo anni di proposte singole, ben sei solo in questa legislatura, le opposizioni al governo Meloni trovano la quadra sulla retribuzione minima oraria, il cosiddetto salario minimo legale. Per Cgil la legge è "necessaria" e anche per Confindustria "non è un tabù". Ugl contraria

“Una soglia minima inderogabile di nove euro all’ora, per tutelare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro”. È la richiesta messa nero su bianco dalle forze d’opposizione al governo Meloni nella proposta di legge comune sul salario minimo, annunciata alcuni giorni fa. Una norma che vede un’inedita convergenza tra Cgil e Confindustria, entrambe favorevoli, mentre Ugl è “decisamente contraria”. La svolta arriva dopo anni di proposte autonome (ben sei soltanto nella Legislatura in corso) che non hanno mai superato l’iter parlamentare. Per i partiti che hanno condiviso il testo – Partito democratico, Movimento 5 stelle, Sinistra italiana, Azione, Europa Verde e Più Europa – “è giunto il momento di dare piena attuazione all’articolo 36 della Costituzione, che richiede che al lavoratore sia riconosciuta una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto”. La paga, proseguono i firmatari, deve essere “sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa”, in particolare per i lavoratori “in condizione di povertà, anche per colpa dell’inflazione“.

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Nuove tutele per i lavoratori

Certo, c’è da fare i conti anche con il lavoro nero per cui l’introduzione del salario minimo non cambia niente. Lì ci vogliono i controlli e pure seri. Basti pensare che la Sicilia è la terza regione italiana per economia sommersa, con oltre il 18 cento del valore aggiunto che sfugge alle lenti del fisco. La proposta per il salario minimo prevede che “al lavoratore di ogni settore sia riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative”. Come detto, la soglia minima è fissata a nove euro l’ora, per coprire i settori “nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali“, ma sono evidentemente consentiti “trattamenti di miglior favore”. La norma, precisano i proponenti, non coprirà soltanto i dipendenti ma tutti i lavoratori che necessitano di tutela, anche “nell’ambito della para-subordinazione e del lavoro autonomo“. Per vigilare sulla sua applicazione è prevista una Commissione, composta da rappresentanti istituzionali, sindacali e datoriali, “che avrà come compito principale quello di aggiornare periodicamente il trattamento economico minimo orario”, per adeguarlo al costo della vita e al peso dell’inflazione.

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Ce lo chiede (anche) l’Europa

Sono poi previsti alcuni passaggi tecnici. Nel dettaglio, i proponenti chiedono che “sia disciplinata e quindi garantita l’effettività del diritto dei lavoratori a percepire un trattamento economico dignitoso”. Inoltre è prevista per legge “l’ultrattività dei contratti di lavoro scaduti o disdettati”, cioè la tutela dei diritti acquisiti anche dopo la scadenza. Infine si chiede che venga riconosciuto “un periodo di tempo per adeguare i contratti alla nuova disciplina“, nonché un beneficio economico “a sostegno dei datori di lavoro per i quali questo adeguamento risulti più oneroso”. Proposte, fanno notare le opposizioni, che vanno nella direzione richiesta dall’Europa. Il riferimento è alla direttiva 2022/2041 del Parlamento e del Consiglio europeo, relativa a “salari minimi adeguati nell’Unione europea”, da recepire entro il 14 novembre 2024. L’Europa non impone un intervento legislativo, prevedendo che il salario minimo possa essere introdotto anche tramite la contrattazione collettiva. Risultato che però negli ultimi anni non è stato raggiunto.

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Le posizioni di Cgil e Confindustria

Soddisfatto il segretario di Cgil Sicilia Alfio Mannino, per cui il salario minimo è “strettamente necessario, anche se non sufficiente, in un Paese in cui esistono contratti pirata, con retribuzioni sotto i minimi tabellari”. Anche in Sicilia “molti lavoratori sono privi di tutela, soprattutto nell’agricoltura e nei servizi”. La norma dunque può servire “per evitare situazioni di totale sfruttamento“, ma la vera soluzione sarebbe “una legge sulla rappresentanza sindacale, per evitare che chiunque possa firmare un contratto nazionale da cinque o sei euro l’ora”. Non troppo distante la posizione del presidente di Confindustria Sicilia Antonio Albanese. Il salario minimo “non è un tabù, se ne può parlare”, ma il destinatario della norma “non è certo l’industria, che applica contratti nazionali con importi superiori, anche in Sicilia”. In generale, la soglia minima di nove euro “può essere utile per le sacche non tutelate”, e potrebbe persino “riportare un po’ di concorrenza nel sistema, evitando il dumping, cioè il gioco al ribasso delle paghe sulle spalle dei lavoratori”.

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Ugl: sconfitta intervenire per legge

A contestare la norma, come accennato, il sindacato Ugl. Per il segretario regionale Giuseppe Messina “intervenire per legge sul salario minimo rappresenta una sconfitta per la contrattazione collettiva, che invece va potenziata“. Il problema, dunque, è di metodo più che di merito. Il tema dei contratti pirata, aggiunge il segretario, esiste. “Nel turismo, settore particolarmente rilevante nella nostra Regione, abbiamo contratti che spesso non raggiungono i sette euro l’ora, cosa inaccettabile”. La soluzione è quella di “rivedere le tabelle“, considerando anche che “durante la pandemia si è fermato tutto”. Ugl solleva anche il tema del taglio del cuneo fiscale sulla quota lavoratore, “che permetterebbe di dare più soldi in busta paga, aiutando a combattere l’inflazione”. Un punto di contatto tra con la Cgil è la necessità di una legge sulla rappresentanza. “Bisogna fare in modo che i contratti nazionali siano firmati da chi ne ha titolo, in modo da evitare contratti pirata come quelli che abbiamo visto in questi anni”, conclude Messina.

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Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci, giornalista e autore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

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