La salute organizzativa e la qualità della vita nei luoghi di cura, sono temi di sempre maggiore interesse e centralità per i manager sanitari. La salute organizzativa è la “capacità dell’organizzazione non solo di essere efficace e produttiva, ma anche di crescere e svilupparsi promuovendo e mantenendo un adeguato grado di benessere fisico e psicologico, alimentando costruttivamente la convivenza sociale di chi vi lavora”; inoltre, una buona qualità della vita al lavoro permette di migliorare anche la qualità del servizio che viene erogato all’utente.
Cos’è la “sanità”
Quando parliamo di Sanità, parliamo di un sistema che eroga servizi in una situazione di incontro tra una domanda e un’offerta. Immaginare un’analisi della qualità dal punto di vista puramente dell’offerta sarebbe quantomeno parziale. L’erogazione a tutti i cittadini di prestazioni sanitarie secondo standard di qualità e sicurezza è strettamente correlata a) alla qualità percepita del servizio da parte degli utenti; b) alla soddisfazione lavorativa dei medici, degli infermieri e degli operatori socio-sanitari
Migliorare i servizi
Parlare di qualità della vita nei luoghi di cura, cioè introdurre la prospettiva del soggetto che riceve una prestazione, significa fare spazio alla domanda. Direi che quindi ci collochiamo in quella situazione ove andiamo a riconoscere che, se c’è scambio, gli attori dello scambio e tutto quello che ne consegue da questo punto di vista dovrebbero essere adeguatamente rappresentati nel nostro discorso sulla qualità. Il miglioramento dell’erogazione del processo assistenziale impatta fortemente sul livello di soddisfazione nei confronti del servizio, producendo una stretta interdipendenza tra cure erogate e indicatori di processo e di esito nel percorso di cura.
L’impegno organizzativo
Il benessere organizzativo risiede “nella qualità della relazione esistente fra la persona e il contesto di lavoro” e crea un legame sempre più forte con l’organizzazione; la mancanza di supporto, al contrario, riduce “tutti quei comportamenti di impegno, motivazione, senso del dovere, di appartenenza e di responsabilità degli individui nei confronti della propria azienda; l’assenza di impegno organizzativo, produrrebbe una perdita di identificazione con l’organizzazione e i suoi obiettivi, che andrebbe a impattare negativamente sulla soddisfazione dei medici, degli infermieri e degli operatori socio-sanitari, sulle relazioni interpersonali in azienda e sulla performance.
La sfida del “work environment”
Se si può parlare di psicologia della qualità, credo che dobbiamo affrontare centralmente la dimensione soggettiva di questo discorso. Nonostante esistano numerosi studi sulla relazione tra il work environment: “insieme di caratteristiche concrete o astratte di un’organizzazione, relative alle sue strutture e processi in grado di agevolare o limitare la pratica professionale”, e la soddisfazione dei medici, degli infermieri e degli operatori socio-sanitari, in pochi si sono occupati dell’impatto del supporto organizzativo da parte dei manager sulla soddisfazione e sulla performance dell’azienda.
La soddisfazione per il lavoro
La scelta è quella di puntare alla massima capacità manageriale nello svolgimento delle diverse funzioni al fine di mettere a frutto pienamente le specifiche potenzialità di ciascuno, attivando innovative sinergie intersettoriali e favorendo la realizzazione di modelli di efficacia ed efficienza, di qualità. Uno dei contributi più interessanti è quello di M.R. Kanter secondo cui il work environment è in grado di mobilitare le persone a portare a compimento il proprio lavoro. Quando i lavoratori sono provvisti di potere (formale e/o informale) l’auto-efficacia percepita, la soddisfazione per il proprio lavoro, così come la fiducia nei confronti della propria organizzazione aumenta.
Dalla teoria alla pratica
La riflessione di Kanter, risiede principalmente nella consapevolezza, dunque, dei benefici delle azioni di empowerment nel contesto della sanità attuale, i cui risultati finali prefissati si attestano in performance di alto livello, e elevati standard. Le conoscenze ricavate dalla letteratura scientifica vanno sicuramente poi trasferite nella pratica e diffuse nell’organizzazione sanitaria, in modo che risultino concretamente utili e migliorino la qualità dei servizi, specie sul piano del livello e dell’appropriatezza delle cure.
Un miglioramento continuo
Dal punto di vista applicativo, i processi di HRM possono puntare a sviluppare diverse pratiche per sostenere l’empowerment organizzativo, impegnarsi nell’ottimizzazione dei processi aziendali al fine di raggiungere, attraverso il miglioramento continuo, il massimo livello di efficacia ed efficienza, di qualità.
Una nuova cultura organizzativa
Complessivamente, attivare un processo di empowerment organizzativo, significa non solo prevenire o intervenire su un disagio, ma promuovere una nuova cultura organizzativa che integri strategicamente il benessere dei dipendenti nei suoi obiettivi di profitto e performance e lo rafforzi attraverso pratiche consolidate che forniscono supporto ai lavoratori, cultura dell’apprendimento, qualità del lavoro e relazioni positive tra le persone e anche con l’HRM. Serve mettere in atto tutti questi sistemi di cultura e controllo perché possano dare i loro veri frutti.
L’articolo è tratto da: Ramaci T. et al., (2021). Relazione annuale al XVIII Congresso Nazionale della Sezione di Psicologia per le Organizzazioni “Rewind o Forward? La psicologia per le organizzazioni nelle sfide della ripresa”. Verona, settembre 2021.